Infortunio mortale in materassificio: responsabilità per violazioni antincendio

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La Corte di Cassazione con sentenza n. 15049 del 1 aprile 2014 afferma la responsabilità del titolare di fatto di un laboratorio artigianale che svolgeva attività di materassificio, in un caso di incidente mortale di due lavoratrici per asfissia da inalazione di acido cianidrico e monossido di carbonio: il titolare aveva violato le norme specifiche riguardanti la prevenzione degli infortuni sul lavoro, in particolare sulla prevenzione incendi.

L’infortunio si era verificato all’interno dell’attività, ed era stata contestata la violazione di norme relative alla prevenzione degli infortuni sul lavoro per effetto della quale all’interno dei locali aziendali si era sviluppato un incendio con pericolo di crollo del fabbricato che ospitava l’attività.

In base alla ricostruzione offerta dalla corte territoriale all’imputato è stata addebitata una pluralità di profili omissivi di natura colposa (comprensivi del dovere di non adibire locali interrati allo svolgimento di attività lavorative; di non utilizzare impianti elettrici non previamente omologati, controllati e sottoposti a regolare attività manutentive; di non procedere allo svolgimento di attività lavorative senza la previa elaborazione di piani di sicurezza e antincendio con particolare riguardo a piani connessi all’adozione delle misure necessarie per la prevenzione degli incendi e per l’evacuazione dei lavoratori).
Inoltre, ha evidenziato come ognuna di tali condotte omissive aveva svolto un ruolo di fondamentale importanza nel determinare l’incendio, e le analisi sperimentali condotte dagli organi inquirenti avevano condotto alla conclusione che l’evento fosse da ricollegare a una scintilla determinatasi a causa del malfunzionamento di un macchinario alimentato elettricamente, sulla base delle prove di laboratorio relative all’innesco con arco voltaico svolte dai vigili del fuoco del nucleo investigativo centrale, che avevano attestato la compatibilità di tale causa (ivi compreso il carattere quasi istantaneo dell’innesco) con il complesso delle specifiche e concrete condizioni ambientali proprie del luogo in cui l’incendio ebbe a svilupparsi: si trattava di un luogo chiuso, in cui era sistemata una pluralità di macchine alimentate elettricamente collocate nell’immediata prossimità, in nessun modo cautelata, di materiali ad altissima infiammabilità.

La corte territoriale ha inoltre escluso che fra le cause dell’incidente potesse porsi l’ipotesi di un innesco dell’incendio da provocato da un mozzicone di sigaretta non spento da parte di una delle lavoratrici, contestando la lontananza dall’iniziale punto di deflagrazione dell’incendio, del luogo di lavoro dell’unica fumatrice; la circostanza che quest’ultima si fosse limitata a fumare solo alcune ore prima che si manifestassero le prime forme dell’incendio senza che, nel frattempo, fosse stato avvertito alcun odore di fumo; la circostanza secondo cui la temperatura del tabacco incandescente era troppo bassa.

Nel caso in esame, la Cassazione riconsoce quindi i profili colposi del titolare dell’azienda e conferma il ragionamento della Corte territoriale che aveva riscontrato grave noncuranza (nell’incorrere nel complesso delle gravi omissioni contestategli) per la vita e la sicurezza delle proprie dipendenti, oltre che per il rispetto delle leggi e dei regolamenti, confermata anche dall’assenza di alcuno scrupolo nel lasciar lavorare le proprie dipendenti in una condizione di totale oscurità fiscale, previdenziale e istituzionale.

DAL MONDO EPC
Il commento a sentenza è tratto dalla nostra Banca dati Sicuromnia, aggiornata con le sentenze più significative in materia di sicurezza sul lavoro e tutela ambientale.

Una squadra di professionisti editoriali ed esperti nelle tematiche della salute e sicurezza sul lavoro, prevenzione incendi, tutela dell’ambiente, edilizia, security e privacy. Da oltre 20 anni alla guida del canale di informazione online di EPC Editore

Redazione InSic

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