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Travel Security: che cos’è, perché è importante e quali gli obblighi

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Travel security, ovvero la sicurezza in viaggio, ha lo scopo di garantire ai dipendenti che viaggiano o lavorano in contesti pericolosi, la salvaguardia della propria integrità. In questo articolo esaminiamo l’importanza della travel security, le azioni da fare e gli obblighi dell’azienda e dei lavoratori.

Travel Security: perché è importante

La crescente globalizzazione dell’economia e la competitività di mercato hanno spinto molte organizzazioni a dislocare logisticamente le proprie attività anche all’estero. Hanno così generato il fenomeno della mobilità extranazionale dei propri dipendenti. Ciò non esonera dalla responsabilità di garantire luoghi di lavoro protetti e sicuri.
Le situazioni di crisi e i pericoli si manifestano sovente all’improvviso e l’esperienza professionale insegna che la sicurezza assoluta non di può ottenere. E’ quanto mai necessario quindi che le organizzazioni si assumano maggiore responsabilità per il personale che lavora in situazioni o contesti considerati pericolosi.

Travel security: come si ottiene

La travel security si ottiene con un’efficace attività di sensibilizzazione ai temi della sicurezza, indispensabile per sviluppare un’adeguata mentalità difensiva e non trovarsi impreparati di fronte ai pericoli che possono interferire con l’attività lavorativa.

La security aziendale, di conseguenza, deve saper affrontare le criticità legate alla salvaguardia dell’integrità delle persone in occasione di grandi eventi aziendali e di viaggi di lavoro nelle aree geografiche “a rischio” e nei confronti di azioni trasnazionali di matrice sia criminale che terroristica che possono colpire anche target civili e indifesi.

Sicurezza in viaggio ed obblighi del datore di lavoro

Il “duty of care” – insieme alle norme cogenti – impone al datore di lavoro il dovere di salvaguardare i propri dipendenti anche quando questi si trovano a operare in trasferta, in missione o in servizio permanente o temporaneo. Specialmente se queste avvengono in luoghi considerati a rischio o in contesti meno sicuri e stabili rispetto a quello consueto. Questo è possibile:

  • svolgendo un’attenta attività di sensibilizzazione, informazione e formazione (in ottemperanza al disposto degli artt. 36 e 37 del D.Lgs. 81/2008);
  • adottando al tal fine misure e procedure speciali, specifiche ed eccezionali di prevenzione e mitigazione dei rischi, superiori a quelle abitualmente adottate nel contesto di origine;
  • adottando misure capaci di tutelarli adeguatamente da minacce e rischi esogeni non direttamente connessi all’attività lavorativa svolta quanto piuttosto al contesto socio-politico-ambientale in cui operano, che impone di includere determinati scenari ragionevolmente prevedibili nell’alveo del processo di risk assessment.

Distinzione tra rischio e pericolo nella travel security

Le problematiche di sicurezza connesse alle trasferte dei lavoratori (campo d’analisi della c.d. “travel security”) chiariscono molto bene la distinzione dei concetti di “pericolo” e “rischio”.

  • Lavorare in scenari internazionali caratterizzati da forte instabilità politica e da conflittualità civili connotate da ampie diseguaglianze e disparità socio-economiche rappresenta un pericolo.
  • Il rischio rappresenta la probabilità di raggiungimento del livello potenziale di danno nelle condizioni di impiego e/o di esposizione alle fonti di pericolo sopra evidenziate.

Travel security: la valutazione dei rischi

È fondamentale una corretta valutazione dei rischi – anche non-core – che possono impattare sul capitale umano aziendale. Fra questi devono essere necessariamente ricompresi i cc.dd. “rischi generici aggravati”:

  • rischi naturali,
  • sanitari,
  • ambientali,
  • climatici,
  • geo-politici
  • causati da atti criminali soprattutto di natura terroristica.

Specie quando questi:

  • possono essere identificabili
  • hanno la ragionevole e concreta possibilità di verificarsi,

in relazione alla specifica tipologia di attività svolta o al contesto in cui operano i lavoratori all’estero.

Cosa deve fare il datore di lavoro

Il datore di lavoro deve:

  • assolvere al “dovere di protezione” sancito da un ormai consolidato orientamento giurisprudenziale,
  • minimizzando l’esposizione al rischio,
  • massimizzando i livelli di sicurezza globale attraverso un’attenta e costante azione di mitigazione.

L’attenta valutazione ex ante delle minacce alla sicurezza presenti in una determinata area geografica consente, peraltro, di valutare con maggiore criterio ed efficacia le misure da dispiegare a tutela del personale e degli asset primari aziendali.

Cosa devono fare le aziende che operano all’estero

Le aziende che operano all’estero devono necessariamente tenere conto di queste particolarità degli scenari internazionali e adottare adeguate misure di risposta a tutela dei business travellers. Nei loro confronti diventa essenziale una specifica attività di formazione e addestramento in relazione ai contesti in cui si troveranno a operare, trovandosi al di fuori del perimetro organizzativo abituale.

Cosa devono fare i lavoratori che operano all’estero

Più che mai, in questi contesti, i lavoratori dovranno:

  • accrescere la propria consapevolezza di maggiore esposizione ai rischi;
  • sviluppare una corretta mentalità difensiva;
  • mantenere condotte ordinarie e di emergenza adeguate al contesto operativo e socio-politico di riferimento, improntate alla prudenza e conformi alle politiche, procedure e istruzioni di sicurezza stabilite dal datore di lavoro.

Travel security: cosa deve fare il manager della security

La sicurezza del personale viaggiante (e, spesso, anche dei familiari accompagnatori) è ancora troppo sottostimata. Il professionista della security dovrà, a titolo esemplificativo e non esaustivo:

  • mantenere oltremodo vigile l’attività informativa e di intelligence dinamica, per cogliere ogni minimo segnale premonitore di criticità e instabilità che possa costituire una vulnerabilità in grado di compromettere il sistema di protezione e tutela dei trasfertisti;
  • aggiornare costantemente e implementare se necessario i programmi e le procedure di sicurezza adottati, rendendoli coerenti con la missione di viaggio e concretamente applicabili ai contesti operativi;
  • suggerire le cautele del caso per regolamentare l’operatività lavorativa del dipendente all’estero, senza allarmismi e senza sottovalutare aspetti che potrebbero apparire in prima analisi non afferenti;
  • confrontarsi con gli attori della safety per predisporre adeguate misure di tutela sanitaria e gestione delle situazioni stressogene e psicologiche in genere cui è esposto il personale viaggiante;
  • interpretare e gestire i vincoli di compliance richiesti dalle normative nazionali e internazionali;
  • individuare e valutare attentamente gli stakeholders e gli outsourcers eventualmente necessari per le attività in loco, per evitare di affidarsi a soggetti operanti con bassi standard qualitativi, non in grado di garantire adeguati livelli di sicurezza nelle zone a rischio;
  • considerare la necessità di attivare in loco una sorveglianza fisica e costante dei luoghi di lavoro e dei trasfertisti;
  • valutare l’opportunità di sottoscrivere una polizza assicurativa aziendale a copertura dei rischi connessi alla trasferta per motivi di lavoro;
  • garantire ai soggetti esposti il giusto livello di informazione complementare e specifica, predisponendo un’aggiornata scheda rischi (country risk assessment) del paese straniero contenente le good practices comportamentali e le travel policy aziendali da adottare per agire in sicurezza, considerando tutti gli aspetti che impattano sul lavoratore.

Per saperne di più consulta anche i seguenti articoli

Security Plan: che cos’è, a cosa serve e chi lo redige
Security coaching: il fattore umano e i comportamenti dei dipendenti nella security in azienda

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