Obbligo di adeguata informazione per chi opera nel settore dei rifiuti

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Chi opera nel settore della gestione dei rifiuti deve informarsi adeguatamente sulle disposizioni che regolano la materia. È quanto emerge dalla sentenza della Cassazione Penale, n. 18928 del 2017.

Il commento della sentenza è a cura di Andrea Quaranta, Environmental and crisis manager ed il testo della sentenza è disponibile sulla nostra Banca Dati Sicuromnia
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Il fatto
Il legale rappresentante di una società che opera nel settore degli inerti è stato condannato per aver effettuato, in assenza di titolo abilitativo, attività di trattamento e recupero di rifiuti speciali non pericolosi.
Nel ricorso per Cassazione il ricorrente (che affermava di aver ricoperto la carica di legale rappresentante della società soltanto il mese precedente all’accertamento dei fatti) si é difeso sostenendo che il giudice del merito non aveva riconosciuto la buona fede dell’imputato, specie in un settore – come quello del diritto ambientale – nel quale la normativa di settore presenta oggettivi e rilevanti connotati di equivocità.

Secondo la Cassazione
Nel ritenere inammissibile il ricorso, la Cassazione ha affermato che se per il comune cittadino la buona fede è sussistente ogni qualvolta egli abbia assolto, con il criterio dell’ordinaria diligenza, al cosiddetto “dovere di informazione”, attraverso l’espletamento di qualsiasi utile accertamento, per conseguire la conoscenza della legislazione vigente in materia, altrettanto non può dirsi per tutti coloro che svolgono professionalmente una determinata attività, i quali rispondono dell’illecito anche in virtù di una “culpa levis” nello svolgimento dell’indagine giuridica.
Per l’affermazione della scusabilità dell’ignoranza, infatti, occorre che da un comportamento positivo degli organi amministrativi (oppure da un complessivo pacifico orientamento giurisprudenziale), l’agente abbia tratto il convincimento della correttezza dell’interpretazione normativa e, conseguentemente, della liceità del comportamento tenuto” (in questi termini si esprimevano già le Sez. Unite della Cassazione, n. 8154/1994).
La Cassazione ha precisato, inoltre, che l’inevitabilità dell’errore sulla legge penale non si configura quando l’agente svolge una attività in uno specifico settore rispetto al quale ha il dovere di informarsi con diligenza sulla normativa esistente (Cass. Pen. n. 22205/2008), e che l’ignoranza, da parte dell’agente, sulla normativa di settore e sull’illiceità della propria condotta è idonea ad escludere la sussistenza della colpa se indotta da un fattore positivo esterno ricollegabile ad un comportamento della pubblica amministrazione (Cass. Pen. n. 35694/2011).
Infine, la prova della sussistenza della buona fede deve, inoltre, essere fornita dall’imputato, il quale ha anche l’onere di dimostrare di avere compiuto tutto quanto poteva per rispettare la norma violata (Cass. Pen. n. 9165/15).

Tali principi sono stati affermati anche con riferimento specifico alla gestione di rifiuti (Cass. Pen. n. 35314/16): incombe su colui che opera nel settore l’obbligo di una adeguata informazione circa le disposizioni che regolano la materia, nonché, qualora invochi la buona fede, l’onere di dimostrare di avere compiuto tutto quanto poteva per osservare la norma violata (da ultimo, Cass. Pen. n. 18928/17).

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