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Cassazione: responsabilità infortuni da macchina marchiata CE non sicura

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Nella sentenza n. 4549, del 29 gennaio 2013 la Cassazione condanna un delegato per la sicurezza in quanto l’insufficiente sicurezza delle macchine da lavoro va imputata al datore di lavoro, in quanto questi è obbligato ad eliminare le fonti di pericolo per i lavoratori addetti al loro utilizzo e, nel caso di specie, la pericolosità del macchinario non derivava da un vizio occulto.

L’infortunio da uso di macchina dal lavoro

Il delegato alla sicurezza in uno stabilimento era stato ritenuto responsabile delle lesioni di un lavoratore cui aveva fatto utilizzare una macchina “passo passo”, per la produzione delle traversine di cemento, sprovvista di sistema di protezione e/o di segregazione degli organi in movimento e/o di dispositivi di sicurezza per l’arresto della macchina atti ad impedire il contatto accidentale con organi in movimento e gli aveva inoltre messo a disposizione una postazione di lavoro con pavimentazione sdrucciolevole.
L’infortunio si era verificato, quando il lavoratore si era chinato in avanti, nel tentativo di recuperare un secchiello caduto nella macchina, finendoci dentro e riportando delle lesioni al braccio.
Secondo il delegato alla sicurezza l’infortunio era dovuto ad un’imprudenza del lavoratore perché mentre la macchina tornava indietro i lavoratori sarebbero dovuti stare fermi senza avere in mano il secchiello con il grasso. Inoltre, il delegato sosteneva che aveva fatto utilizzare ai propri dipendenti la macchina “passo passo” in piena buona fede, dal momento che la stessa era fornita della “Dichiarazione CE di conformità”. In particolare, egli riteneva che il macchinario in questione non sarebbe stato soggetto agli obblighi di cui al D.P.R. n. 547/1955 e in particolare alla norma di cui all’articolo 68, riguardanti la protezione degli “organi lavoratori” delle macchine e non degli “organi di movimento”, nella fattispecie odierna coinvolti nell’incidente.
Per di più, la pavimentazione non sarebbe stata scivolosa in quanto la scelta di distanziare le doghe di legno sarebbe stata giustificata dalla duplice esigenza di consentire lo sgocciolamento dell’olio al di sotto della pedana e nel contempo di ridurre la superficie delle doghe esposta al rischio di impregnamento dell’olio. In conclusione, secondo la difesa, se si voleva ravvisare un’insufficiente sicurezza della macchina “passo passo”, essa sarebbe stata da imputare al costruttore e al progettista, ma non certo al delegato alla sicurezza.

Il parere della Cassazione

In merito alla vicenda, il Collegio ha confermato la responsabilità del delegato alla sicurezza poiché dalla deposizione di un’ispettrice dell’Ausl erano emerse le precarie e pericolose condizioni della superficie sulla quale si trovavano ad operare i lavoratori addetti che non garantiva loro una posizione stabile, essendo costituita da doghe scivolose e distanziate tra loro.
Per quanto poi attiene all’assunto difensivo secondo cui il delegato in piena buona fede, aveva fatto utilizzare ai suoi dipendenti la macchina “passo passo” in quanto provvista della “Dichiarazione CE di conformità”, il Collegio ha osservato che non è veritiera l’affermazione per la quale una eventuale insufficiente sicurezza della macchina non doveva essere imputata al datore di lavoro, in quanto il datore di lavoro è obbligato ad eliminare le fonti di pericolo per i lavoratori addetti all’utilizzazione di una macchina e, nel caso di specie, la pericolosità del macchinario non derivava da un vizio occulto.

Una squadra di professionisti editoriali ed esperti nelle tematiche della salute e sicurezza sul lavoro, prevenzione incendi, tutela dell’ambiente, edilizia, security e privacy. Da oltre 20 anni alla guida del canale di informazione online di EPC Editore

Redazione InSic

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