Revoca incarico di coordinatore con delibera comunale: a chi appellarsi?

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Un quesito pervenuto alla Banca Dati Sicuromnia pone la domanda: un ingegnere viene nominato con delibera da un Comune, come coordinatore per la progettazione e direzione dei lavori e successivamente gli viene revocato tale incarico, sempre con delibera. Quest’ultima deve essere impugnata davanti al giudice amministrativo o al giudice ordinario?
Risponde la D.ssa Rocchina Staiano

Docente in Diritto della previdenza e delle assicurazioni sociali ed in Tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro all’Univ. Teramo.

Secondo l’EspertoSi ritiene, a parere di chi scrive, che la presente controversia non ricada nella sfera di giurisdizione del Giudice Amministrativo, ai sensi dell”art. 7 del D. Lgs. 104/2010, innanzi tutto poiché concerne la fase esecutiva del contratto con la P.A., in cui si configurano posizioni di diritto soggettivo inerenti a rapporti di natura privatistica, nelle quali non hanno incidenza i poteri discrezionali e autoritativi della Pubblica Amministrazione, anche se la decisione dell”Autorità amministrativa in ordine al rapporto sia adottata nelle forme dell”atto amministrativo, il quale, per questo suo connotato, non cessa di operare nell”ambito delle paritetiche posizioni contrattuali delle parti (Cass., SS.UU., 19 novembre 2001, n. 14539; T.A.R. Lazio, I, 19 febbraio 2003, n. 1269; T.A.R. Puglia – Lecce, 7 febbraio 2003, n. 420; T.A.R. Campania – Napoli, 22 settembre 2003, n. 11539 e dal ultimo Cass. SS.UU. 12.5.2006 n. 10998).
Invero, nel caso di specie, l’atto impugnato appare qualificabile alla stregua di un atto di esercizio di poteri negoziali della P.A., che agisce “iure privatorum” ai fini della risoluzione o del recesso dal contratto di affidamento di progettazione e direzione dei lavori, ai sensi dell”art. 1373 c.c. (per inadempienze del professionista espressamente indicate), sebbene con eventuali “deviazioni” dovute alla natura pubblica di uno dei contraenti, che, comunque, non assumono connotati tali da non trasformare la natura privata del rapporto.

Ad avviso anche del T.A.R. Bari n. 715 del 27 ottobre 1997, nella specie, difetta l”esercizio di una potestà amministrativa, che costituisce il presupposto della “revoca” in senso proprio, a prescindere dalla formale “autoqualificazione” dell”atto (“revoca”), che va valutato (anche ai fini della giurisdizione) non già in relazione al “nomen juris” attribuito dalla P.A., ma in relazione al tipo di potere esercitato ed alla posizione giuridica soggettiva di cui è titolare il destinatario. Ma, a ben vedere, nel caso di specie, la giurisdizione del G.O. va affermata anche in relazione al momento genetico del rapporto di conferimento, da parte dell’ente pubblico, dell’incarico professionale al soggetto non inserito nella struttura organica dell”ente stesso. In particolare, il conferimento, da parte di un Ente pubblico, di un incarico ad un professionista non inserito nella struttura organica dell’Ente medesimo (e che mantenga, pertanto, la propria autonomia organizzativa e l”iscrizione al relativo albo) costituisce espressione non di una potestà amministrativa, bensì di semplice autonomia privata, per cui appartiene alla sfera di cognizione del giudice ordinario la controversia concernente la revoca dell”incarico di progettazione affidato ad un libero professionista, ancorché unilateralmente disposta con atto autoritativo, poiché il potere esercitato inerisce ad un rapporto contrattualmente sorto e paritario al quale si riconnette altresì il recesso sostanzialmente operato e ricadente nella disciplina privatistica.

Nella specie, a corroborare tale convincimento di non spettanza della giurisdizione al giudice amministrativo, milita la valutazione dell’amministrazione posta a sostegno del provvedimento avente il nomen juris di “revoca”, che perimetra la fattispecie in un ambito riconducibile alla sfera di applicazione degli artt. 2224 cc. e 2237 c.c.
Va, infine, osservato che la deliberazione comunale di revoca dell’incarico professionale, non essendo qualificabile come provvedimento autoritativo, ma come atto avente natura sostanziale di atto di recesso dal rapporto contrattuale (inquadrabile nella previsione dell”art. 2237 c.c.), è come tale sindacabile e disapplicabile da parte del giudice ordinario, a tutela del diritto a compenso che debba essere eventualmente riconosciuto al ricorrente, alla stregua della disciplina privatistica del rapporto (conf.: Cassazione Civile, Sez. Un., 17 novembre 1984 , n. 5833).
In definitiva, nella specie, si può affermare che è competente non il giudice amministrativo, ma l’autorità giudiziaria ordinaria.

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