Limitazioni regionali per impianti a biomassa: il parere della Corte Costituzionale

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La Corte Costituzionale con la sentenza n. 166 dell’11 giugno 2014 ha dichiarato illegittimo l’art. 2 commi 4 e 5 della legge regionale n. 31 della Regione Puglia del 21 ottobre 2008, che vietava l’istallazione di impianti a biomassa in zona agricola con eccezione di quelli della “filiera corta” provenienti nella misura minima del 40%.


La vicenda
Il Tribunale amministrativo per la Regione Puglia aveva sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 4, della legge della Regione Puglia 21 ottobre 2008, n. 31 (Norme in materia di produzione di energia da fonti rinnovabili e per la riduzione di immissioni inquinanti e in materia ambientale) in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera s), e terzo comma, della Costituzione. La legge regionale n. 31/2008 vietava la realizzazione in zona agricola di impianti alimentati da biomasse, salvo che queste ultime provengano, nella misura minima del 40%, da “filiera corta”, cioè da un’area contenuta entro 70 chilometri dall’impianto.
La questione era sorta a seguito del ricorso in giudizio che aveva per oggetto proprio il diniego. in applicazione dell’art. 2, comma 4, della l. r. n. 31/2008, di autorizzazione unica alla realizzazione di un impianto di produzione di energia elettrica alimentato da biomasse in zona agricola, proprio perché tale impianto non sarebbe stato alimentato in misura sufficiente da biomasse provenienti da “filiera corta”.


Il giudizio della Corte
Secondo i giudici il divieto e le limitazioni imposte dalla disposizione impugnata sulla realizzazione di impianti alimentati da biomasse in zona agricola costituisce uno dei divieti che l’art. 2 della legge regionale n. 31 del 2008 recava, in merito all’insediamento territoriale di impianti alimentati da fonti rinnovabili, e che, eccezione del comma 4, erano già stati dichiarati costituzionalmente illegittimi con la sentenza di questa Corte n. 119 del 2010.
In tale occasione, la Corte aveva evidenziato che è preclusa al legislatore regionale la «individuazione di criteri per il corretto inserimento degli impianti alimentati da fonti di energia alternativa», in assenza delle linee guida approvate in sede di Conferenza unificata, ai sensi dell’art. 12, comma 10, del d.lgs. 29 dicembre 2003, n. 387 (Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità).

Infatti, l’art. 12, comma 7, del d.lgs. n. 387 del 2003, stabilisce che gli impianti energetici da fonti rinnovabili, tra cui l’impianto oggetto del giudizio, possono essere ubicati anche in zone agricole, pur dovendosi tener conto delle disposizioni in materia di sostegno del settore agricolo, con particolare riferimento alla valorizzazione delle tradizioni agroalimentari locali, alla tutela della biodiversità, nonché del patrimonio culturale e del paesaggio rurale.

Il citato art. 12, comma 7, quindi, nella parte in cui afferma la compatibilità urbanistica dell’impianto energetico con la vocazione agricola del fondo, riflette il più ampio «principio, di diretta derivazione comunitaria, della diffusione degli impianti a fini di aumento della produzione di energia da fonti rinnovabili» (sentenza n. 275 del 2012). Viceversa, laddove consente di temperare tale principio per casi specifici, in ragione, tra l’altro, delle esigenze del settore agricolo, la norma statale formula una ben delimitata eccezione rispetto alla regola (sentenze n. 275 del 2012 e n. 278 del 2010). Questa previsione di salvaguardia non può pertanto svilupparsi oltre i limiti che le assegna il legislatore statale. In tal modo lo sviluppo della rete energetica, che resta l’interesse prioritario, trova un contemperamento nella possibilità di sottrarre limitate porzioni di territorio agricolo all’insediamento dell’impianto, ove esse meritino cure particolari, connesse alle tradizioni agroalimentari locali, alla biodiversità, al patrimonio culturale e al paesaggio rurale.

Alla luce di queste considerazioni la Corte ha quindi stabilito l’illegittimità della disposizione in esame poiché eventuali limiti alla localizzazione di impianti a biomasse non possono precedere, da parte della Regione, l’adozione delle linee guida (sentenze n. 344, n. 168 e n. 119 del 2010, n. 282 e n. 166 del 2009), anche con specifico riguardo alle zone agricole (sentenze n. 224 del 2012 e n. 44 del 2011).

Riferimenti normativi:
Corte Costituzionale sentenza n.111 dell’11 giugno 2014

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Redazione InSic

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