Impianti di tele radiocomunicazione: le Regioni non possono imporre oneri e canoni

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La Corte Costituzionale, con sentenza n. 47 del 10 febbraio 2015, ha ritenuto fondata la questione di legittimità, in riferimento all’art. 117, primo comma, lettera e), Cost., posta sull’art. 14 della L.R. 19/2004 del Piemonte in tema di oneri nel settore degli impianti di teleradiocomunicazione.

La ragioni della decisione vanno ravvisate nelle considerazioni di diritto della Corte e nelle sue precedenti sentenze, nelle quali ha considerato l’art. 93 del Codice delle comunicazioni elettroniche quale una norma di principio fondamentale che dispone in materia di ordinamento della comunicazione e che come tale, si occupa di garantire la concorrenza, la parità di trattamento e le misure volte a non ostacolare l’ingresso di nuovi soggetti nel settore.
Diversamente ogni Regione potrebbe imporre oneri a carico dei soggetti coinvolti, creando una discriminazione rispetto agli operatori di altre regioni.

Il fatto

Il Tribunale di Torino ha sollevato una questione di legittimità sull’art. 14 della legge della Regione Piemonte concernente la “Nuova disciplina regionale sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici” (L.R. 3 agosto 2004, n. 19), per la violazione dell’art. 117, 1° e 3° c. Cost..
L’art. 14 della L.R. 19/2004 prevedeva che i gestori o i proprietari degli impianti provvedono al pagamento degli oneri stabiliti dalla Giunta Regionale, derivanti da attività tecniche e amministrative previste dall’art. 7, comma 1, lettera d), esclusivamente per le istruttorie e i sopralluoghi necessari al rilascio delle autorizzazioni nel settore degli impianti di teleradiocomunicazione, al Comune ( per l’80%) e alla Provincia (per il 20%), secondo l’art. 5, c. 2.
Il comune di Torino e la società concessionaria della riscossione dei crediti del comune, richiedevano il pagamento delle spese per diritti di istruttoria, alla società che aveva presentato domanda di autorizzazione per l’installazione di impianti radioelettrici; ciò sulla base del Codice delle comunicazioni elettroniche (art. 87, D.Lgs. 1° agosto 2003, n. 259) e in virtù della delibera di Giunta Regionale (deliberazione 5 settembre 2005, art. 9) che aveva previsto il pagamento, a carico dei privati, delle spese per le attività istruttorie sulle domande presentate.
In primo grado, il giudice ha considerato il potere impositivo del Comune direttamente derivante dall’art. 14 della L.r. Piemonte n. 19 del 2004; il quale, imponendo il pagamento di spese per attività istruttorie per il rilascio delle autorizzazioni all’installazione e modifica di impianti fissi per telecomunicazioni e radiodiffusione, sarebbe illegittimo.
Ciò sia in virtù delle decisioni della Corte Costituzionale già prese in materia, sia perché sarebbe in contrasto con l’art. 93 del d.lgs. n. 259 del 2003, norma di principio fondamentale che dispone in materia di ordinamento della comunicazione, dove è prevista la potestà legislativa concorrente tra Stato e Regioni (art. 117, comma terzo, Cost.).
Pertanto il giudice ha ritenuto illegittimo l’art. 14 della L.R. 19/2004 perché viola l’art. 117, primo e terzo comma, della Costituzione, in quanto il pagamento degli oneri non è stato previsto dalla legge statale, come disposto dall’art. 93 del decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259 (Codice delle comunicazioni elettroniche), il quale prevede che “Le Pubbliche Amministrazioni, le Regioni, le Province ed i Comuni non possono imporre per l’impianto di reti o per l’esercizio dei servizi di comunicazione elettronica, oneri o canoni che non siano stabiliti per legge”.

La decisione della Corte

La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 47 del 10 febbraio 2015, ha ritenuto la questione di legittimità, posta sull’art. 14 della L.R. 19/2004, fondata.
A sostegno della propria decisione ha richiamato le precedenti sentenze sul tema (sent. 336/2005; sent. n. 450 del 2006; sent. n. 272 del 2010), dov’era già stato affermato che l’art. 93 fosse “l’espressione di un principio fondamentale, in quanto persegue la finalità di garantire a tutti gli operatori un trattamento uniforme e non discriminatorio, attraverso la previsione del divieto di porre a carico degli stessi oneri o canoni” e dove l’art. 14 era già stato ritenuto illegittimo”.
Se l’art. 93 non ci fosse stato, ogni Regione avrebbe potuto gravare, i soggetti operanti sul proprio territorio, delle spese in materia di comunicazioni elettroniche creando una discriminazione rispetto agli operatori di altre regioni.
Pertanto il fine dell’art. 93, sarebbe secondo i giudici, quello di garantire la concorrenza, la parità di trattamento e le misure volte a non ostacolare l’ingresso di nuovi soggetti nel settore.
Nella sent. n. 450/2006 la Corte aveva già evidenziato che “il potere della Giunta Regionale di determinare la misura di oneri economici posti a carico degli operatori, in relazione all’attività di consulenza tecnica svolta dall’ARPA […] è suscettibile di determinare un trattamento discriminatorio e non uniforme tra gli operatori del settore, con conseguente violazione del principio fissato dal legislatore statale”.
Invece, con la sentenza n. 272 del 2010, la Corte ha poi precisato che la sentenza n. 450/2006 va con valore di precedente specifico, proprio in ragione del fatto che in quel giudizio “le disposizioni allora dichiarate costituzionalmente illegittime riguardavano le spese per l’attività di consulenza tecnica svolta dall’ARPA nell’ambito dei procedimenti autorizzatori”.
La Consulta ha dunque concluso che l’art. 14 della L.R. 19/2004 fosse illegittimo, in riferimento all’art. 117, primo comma, lettera e), Cost.

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