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Mancata adozione di misure di prevenzione incendi: la procedura di un caso di specie

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Come si svolge l’iter del procedimento penale, nel caso in cui la procedura estintiva abbia esito negativo?
Analizziamo un caso di specie relativo ad una inadempienza delle prescrizioni da parte del titolare di un’attività lavorativa in violazione del Testo Unico di Sicurezza: l’art. 46 c. 2 sulla mancata adozione di misure di prevenzione incendi e per la tutela dell’incolumità dei lavoratori, e che prevede (art. 55 c. 5 lett. c) l’ arresto da due a quattro mesi o con l’ammenda da 1.340,19 a 5.807,48 euro.
Contestato anche l’art. 46 c. 2 (Mancata adozione di misure di prevenzione incendi e per la tutela dell’incolumità dei lavoratori) per la quale (art. 55 c. 5 lett. c) è previsto arresto da due a quattro mesi o con l’ammenda da 1.340,19 a 5.807,48 euro.

Nel caso prospettato, il titolare di una attività lavorativa non ottempera alle prescrizioni dell’organo di vigilanza, integrando la violazione dei seguenti articoli del D.Lgs. 81/08. Il p.m., verificata la fondatezza delle accuse formulate dall’organo di vigilanza e ritenuto di non dover archiviare il procedimento, decide di esercitare l’azione penale con l’emanazione di un decreto di citazione e giudizio (art. 552 c.p.p.) disponendo la citazione a giudizio dell’imputato.

Caso di studio: mancata adozione di misure di prevenzione incendi – la valutazione del Difensore e del PM

Il difensore dell’imputato, ricevuto il decreto, chiede al giudice di accedere all’oblazione ai sensi del 162 bis c.p.; il p.m. si oppone, motivando la sussistenza del pericolo segnalato dall’organo di vigilanza. Il difensore dell’imputato, ricevuto il diniego dell’oblazione chiede il “patteggiamento” (art. 444 c.p.p.). Il p.m. si oppone motivando la sussistenza del pericolo segnalato dall’organo di vigilanza e, ritenendo, di conseguenza, non congrua la pena di cui si richiede l’applicazione.
Il difensore, considerato che le fonti di prova in dibattimento saranno difficilmente contestabili, valutato che non vi sono elementi per contestare le fonti di prova a sfavore del suo assistito, decide di chiedere il giudizio abbreviato, che comporta la riduzione della metà della pena inflitta. II p.m. non può opporsi ed il giudice, se ritiene – come quasi sempre avviene – approva il rito abbreviato che si basa sugli atti presenti nel fascicolo del pubblico ministero.

Caso di studio: mancata adozione di misure di prevenzione incendi – il giudizio del Giudice

In questo caso, il p.m. considerato il comportamento negativo dell’imputato, che non si è adoperato attivamente per l’eliminazione del rischio, dovrebbe orientarsi per chiedere una pena che si avvicina al massimo edittale della pena detentiva e/o pecuniaria prevista dalla legge, perché la condotta dall’imputato ha evidenziato la mancanza di volontà positiva nell’eliminazione dei comportamenti pericolosi.
Il giudice può accogliere integralmente la richiesta del p.m. e in questo caso l’imputato viene condannato alle seguenti pene:
• violazione art. 46 c.2 arresto di 4 mesi ed il massimo della pena pecuniaria 5.807 €
• violazione art. 64 c.1 lett. a) arresto di 4 mesi ed il massimo della pena pecuniaria 5.360 €

Caso di studio: mancata adozione di misure di prevenzione incendi – il patteggiamento

In virtù del patteggiamento diventano:
• violazione art. 46 c.2 arresto di 2 mesi e pena pecuniaria 2.903 €
• violazione art. 64 c.1 lett. a) arresto di 2 mesi e pena pecuniaria 2.680 € La pena detentiva può essere convertita in pena pecuniaria in virtù dell’art. 135 c.p., il quale prevede che “quando, per qualsiasi effetto giuridico, si deve eseguire un ragguaglio fra pene pecuniarie e pene detentive, il computo ha luogo calcolando euro 250, o frazione di euro 250, di pena pecuniaria per un giorno di pena detentiva”. Per tale effetto i 4 mesi di arresto diventano: 4 x 30gg x 250,00€ = 30.000 € Il decreto penale di condanna quindi irrogherà la seguente pena: 30.000,00 € come conversione di pena detentiva +2.903€ +2.608€ di pena pecuniaria.
Inoltre, il p.m., valutata le gravità delle inottemperanze poste in essere, può chiedere al g.i.p. il sequestro preventivo dell’attività lavorativa per impedire che “la libera disponibilità di una cosa pertinente al reato possa aggravare o protrarre le conseguenze di esso ovvero agevolare la commissione di altri reati”. Il decreto di sequestro resta attivo sino alla pronuncia della sentenza di condanna.

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Le modalità di estinzione dei reati sui luoghi di lavoro – Parte II
Ezio D. Basso, Luca Manselli
Antincendio n.6/2020

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Redazione InSic

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