Acque meteoriche da dilavamento: se contaminate vanno trattate come reflui industriali

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In tema di tutela penale dall’inquinamento, le acque meteoriche da dilavamento sono costituite dalle sole acque piovane che, cadendo al suolo, non subiscono contaminazioni con sostanze o materiali inquinanti, poiché, altrimenti, esse vanno qualificate come reflui industriali.
Così la Cass. pen., Sez. III, nella sentenza n. 49693 del 30.10.2018.
Il Commento è a cura di S. Casarrubia sulla rivista Ambiente&Sicurezza sul lavoro.
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L’interessato è stato condannato alla pena di cui all’art. 137, comma 11, TUA, per la violazione del divieto di scarico sul suolo previsto dall’art. 103 TUA. Pertanto proponeva ricorso alla Suprema Corte, contestando, tra i motivi di gravame, che la sentenza di condanna non avrebbe dato conto del percorso motivazionale che avrebbe indotto il giudice a qualificare come acque reflue industriali quelle che, in realtà, sarebbero state solo acque meteoriche e di dilavamento dei piazzali.

I giudici di legittimità ritenendo infondato il motivo ricorso, rilevato che da un precedente sopralluogo era stato accertato il deposito sul piazzale di rifiuti generati dal ciclo di lavorazione, costituiti da numerosi imballaggi in plastica, ossia rifiuti speciali non pericolosi, e bidoni in ferro contenenti lubrificante esausto, ossia rifiuti speciali pericolosi, si pronunciano come da massima (cfr.Cass.n. 2832/2014).
Le acque meteoriche e di dilavamento dei piazzali, contaminate a causa dello stoccaggio abusivo sui piazzali dei suddetti rifiuti, privi di copertura ed esposti agli agenti atmosferici, finiscono per trasformarsi in acque reflue industriali e per riversare sul suolo i componenti inquinanti della produzione.


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Redazione InSic

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