Abbruciamento di residui vegetali: la normativa rifiuti non si applica

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La Corte Costituzionale con sentenza n. 16 del 27 gennaio 2015 esclude l’illegittimità costituzionale di una Legge della Regione Marche e di una della Regione Friuli Venezia Giulia in materia di risorse forestali.


Il Presidente del Consiglio dei Ministri ha promosso la questione di legittimità costituzionale in riferimento all’art. 117, primo comma e seconda comma, lettera s), sull’art. 9 della legge della Regione Marche 18 marzo 2014, n. 3 Modifiche alla legge regionale 23 febbraio 2005, n. 6 – Legge forestale regionale“, nonchè sull’art. 2 della legge della Regione Friuli Venezia Giulia 28 marzo 2014, n. 5 recante “Disposizioni urgenti in materia di OGM e modifiche alla legge regionale 23 aprile 2007, n. 9 – Norme in materia di risorse forestali”.

Le disposizioni regionali contestate dallo Stato
In riferimento alla questione della Regione Marche, lo Stato sostiene che, con l’introduzione del comma 6 bis all’art. 19 della Legge forestale regionale, (così inserito dall’art. 9 della legge della Regione Marche 18 marzo 2014, n. 3), la Regione abbia disposto in materia di rifiuti quando ha stabilito che, in agricoltura, costituisce utilizzo l’abbruciamento del materiale, inteso come pratica ordinaria finalizzata alla prevenzione degli incendi.
Tale materia rientrerebbe nel più ampio contesto della tutela dell’Ambiente, che è di esclusiva competenza dello Stato, violando così l’art. 117 secondo comma, lettera s), Cost.
Lo Stato, per rafforzare le proprie ragioni ha richiamato l’art. 185, comma 1, lettera f), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, che prevede l’esclusione di alcuni materiali dalla normativa sui rifiuti, per sottolineare che si tratta di una disciplina che va applicata a casi eccezionali.
Ha così escluso il collegamento con la legge regionale in esame, in quanto i materiali vegetali “per poter essere esclusi dalla disciplina sui rifiuti, dovrebbero essere riutilizzati in attività agricole o impiegati in impianti aziendali per produrre energia, calore e biogas, mediante processi che non danneggino l’ambiente o la salute umana; e dovrebbero, altresì, soddisfare i requisiti posti dall’art. 184-bis del d.lgs. n. 152 del 2006[…]ai fini della classificazione come «sottoprodotti», anziché come «rifiuti»”.
Per quanto riguarda la questione della Regione Friuli Venezia, ha impugnato l’art. 2 della legge del 28 marzo 2014, n. 5, che introduce il comma 3-ter dell’art. 16 nella legge regionale riguardante le “Norme in materia di risorse forestali”, avente ad oggetto il reimpiego nel ciclo colturale di provenienza dei residui ligno-cellulosici derivanti da attività selvicolturali, sostenendo il contrasto con la normativa statale, in riferimento agli artt. 184-bis e 185 del d.lgs. n. 152 del 2006 e alla direttiva n. 2008/98/CE; nonché, la violazione dell’art. 117, primo comma e secondo comma, lettera s), Cost.
Secondo lo Stato, per classificare i materiali vegetali come “sottoprodotti” ed escluderli dal campo di applicazione della normativa sui rifiuti, dovrebbero sussistere tutti i requisiti e le condizioni elencati dall’art. 184-bis e dall’art. 185 del d.lgs. n. 152 del 2006.

Secondo la Corte
La Corte, in primo luogo, si è occupata di riunire i processi ritenendo che si trattasse di questioni strettamente connesse tra loro; dopodiché, ha concluso dichiarando non fondata la questione costituzionale dell’art. 9 della Regione Marche e dell’art. 2 della Regione Friuli Venezia Giulia.
Ha Poi richiamato una sentenza della Corte di Cassazione che, con la sentenza del 7 marzo 2013, n. 16474, ha ritenuto che la combustione degli sfalci e dei residui da potatura, ove non abbia determinato un danno per l’ambiente o messo in pericolo la salute umana, rientri nella normale pratica agricola: dunque, i materiali devono essere esclusi dal novero dei rifiuti e quindi dalla esclusiva potestà statale. Tuttavia, il Corpo Forestale dello Stato, introducendo le Linee guida dell’attività operativa 2013 (con nota del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali del 10 aprile 2013, prot. n. 458), ha stabilito che, “la combustione sul campo di rifiuti vegetali configura reato di illecito smaltimento dei rifiuti, sanzionato penalmente” dall’art. 256, comma 1, del d.lgs. n. 152 del 2006.
Nonostante ciò, sostiene la Consulta, le Regioni hanno legiferato, attenendosi a quanto affermato dalla Corte di Cassazione, in considerazione del fatto che l’abbruciamento dei residui vegetali rientra nella normale pratica agricola e non nella materia dei rifiuti e delle conseguenti sanzioni.
Inoltre, ha concluso per ritenere che l’art. 185, comma 1, lettera f), del codice dell’ambiente consente di annoverare tra le attività escluse dall’ambito di applicazione della normativa sui rifiuti, l’abbruciamento in loco dei residui vegetali perché considerato ordinaria pratica applicata in agricoltura e nella selvicoltura.
A sostegno della propria decisione, la Consulta ha citato la recentissima sentenza della Corte di Cassazione del 7 gennaio 2015, n. 76, ritenendo che le regioni hanno giustamente utilizzato la propria competenza in materia di agricoltura; specificando che, per le Regioni a statuto ordinario è di carattere residuale (sentenze n. 62 del 2013, n. 116 del 2006; n. 282 e n. 12 del 2004); invece, per la Regione autonoma Friuli Venezia Giulia è esclusiva (Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia).
Ha lasciato poi fermi i vincoli dell’art. 182 comma 6 bis del codice dell’ambiente, sull’abbruciamento dei residui vegetali in agricoltura, in modo che non sia danneggiato l’ambiente e che non costituisca pericolo per la salute umana.
La Consulta ha quindi ritenuto infondata la questione di legittimità sollevata dallo Stato.

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Redazione InSic

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