Inerzia del datore di lavoro e responsabilità di medico competente e RSPP

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Con la sentenza n.1856/2013 (che trovate in allegato), la Cassazione ha chiarito sui compiti e sulla responsabilità del medico competente, comparandone la figura con il RSPP.

Il medico aziendale, afferma la Corte, è un collaboratore necessario del datore di lavoro, dotato di professionalità qualificata per coadiuvarlo nell’esercizio della sorveglianza sanitaria nei luoghi di lavoro, dove essa è obbligatoria. La sorveglianza sanitaria, pur costituendo un obbligo per il datore di lavoro per la tutela dell’integrità psicofisica dei lavoratori, deve essere svolta attraverso la sua necessaria collaborazione.
Tale ruolo di consulente è affine a quello del responsabile del servizio di prevenzione e protezione: quest’ultimo, sebbene privo di capacità immediatamente operative sulla struttura aziendale, svolge il compito di prestare “ausilio” al datore di lavoro nell’individuazione e segnalazione dei fattori di rischio delle lavorazioni e nell’elaborazione delle procedure di sicurezza, nonché di informazione e formazione dei lavoratori, come disposto dall’articolo 33 del D.Lgs. 81/2008.
Da ciò consegue che, pur restando il datore di lavoro il titolare della posizione di garanzia nella specifica materia, essendo in capo a lui l’obbligo di effettuare la valutazione dei rischi e di elaborare il documento contenente le misure di prevenzione e protezione in collaborazione con il responsabile del servizio di prevenzione e protezione, non si può escludere una concorrente responsabilità del RSPP, per il verificarsi di un infortunio qualora il fatto sia oggettivamente riconducibile ad una situazione pericolosa che egli avrebbe avuto l’obbligo di conoscere e segnalare, dovendosi presumere che alla segnalazione avrebbe fatto seguito l’adozione, da parte del datore di lavoro, delle necessarie iniziative idonee a neutralizzare detta situazione.

Analogamente, per quanto riguarda il medico competente, secondo la Corte deve ritenersi che ad esso sia attribuita una funzione consultiva, ma ciò non deve eccessivamente delimitare il suo ruolo e le sue responsabilità: il medico competente è un portatore di conoscenze professionali tali da consentirgli di svolgere l’obbligo di sorveglianza sanitaria. L’espletamento tali compiti comporta una effettiva integrazione nel contesto aziendale e non può essere limitato, ad avviso del Collegio, ad un ruolo meramente passivo in assenza di opportuna sollecitazione da parte del datore di lavoro, anche se il contributo propulsivo richiesto resta limitato alla specifica qualificazione professionale.
L’importanza del suo ruolo è altresì riconosciuta dal fatto che il legislatore nel modificare l’originario contenuto dell’art. 58, ha introdotto la sanzione penale solo con riferimento alla valutazione dei rischi. È quindi identificabile una condotta sanzionabile e la sua responsabilità penale resta confinata nella violazione dell’obbligo di collaborazione che, come si è detto, comprende anche un’attività propositiva e di informazione che il medico deve svolgere con riferimento al proprio ambito professionale ed il cui adempimento può essere opportunamente documentato o comunque accertato dal giudice del merito caso per caso.

In caso di totale inerzia del datore di lavoro nella valutazione dei rischi non può presumersi una esenzione totale della responsabilità del medico, in quanto assume elementi di valutazione non soltanto dalle informazioni che devono essere fornite dal datore di lavoro, quali quelle di cui all’art. 18, comma 2, ma anche da quelle che può e deve direttamente acquisire di sua iniziativa, ad esempio in occasione delle visite agli ambienti di lavoro di cui all’art. 25, lett. l) o perché fornitegli direttamente dai lavoratori sottoposti a sorveglianza sanitaria o da altri soggetti.

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Redazione InSic

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