Un nuovo quesito sulla rivista Ambiente&Sicurezza sul Lavoro riguarda gli impianti antincendio ad idranti. Un Professionista chiede chiarimenti sull’uso del “Tubo di Pitot” in carenza di requisiti impiantistici previsti dall’ultima edizione della norma UNI 10779. Risponde l’Ing. Sandro Marinelli, Presidente Associazione M.A.I.A.
Il Quesito
In qualità di Professionista Antincendio, in fase di rinnovo periodico di conformità antincendio, sono incaricato della verifica della efficienza e funzionalità di impianti fissi di estinzione incendi ad idranti che risultano:
– realizzati da più di 10/20 anni comunque dopo l’entrata in vigore della Legge n. 46/90;
– equipaggiati con lance antincendio di cui non si conosce il coefficiente k di erogazione previsto dalla nuova norma UNI 10779;
– non dotati di attacco per manometro di misura della pressione residua all’ingresso (come da figura B1 della nuova norma UNI 10779);
– dichiarati conformi alla regola dell’arte, di cui all’art. 9 della Legge n. 46/90 (dichiarazioni spesso prive di riferimento a progetto redatto da tecnico abilitato e/o mancanti della relazione sui materiali utilizzati).
In carenza dei suddetti requisiti impiantistici previsti dall’ultima edizione della norma UNI 10779, ritengo sufficiente utilizzare il “Tubo di Pitot”, certificato dal costruttore, rilevare la pressione residua alla lancia di erogazione e calcolare la portata sulla base delle tabelle annesse al certificato di prova che fanno riferimento al diametro dell’ugello della lancia.
Chiedo cortesemente Vs. parere in merito alla metodologia di cui sopra.
Secondo l’Esperto
Ovviamente, mancando i requisiti previsti dalla UNI 10779 così come evidenziato dal lettore, non resta altro che verificare le “prestazioni” dell’impianto, rilevando i valori residui della pressione alla lancia di erogazione e calcolare la portata secondo quanto indicato.
Non si può fare altro. La metodologia usata è corretta.
Per saperne di più…
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