Requisiti di moralità: al giovane professionista non si applica il Codice Appalti

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Il Consiglio di Stato, sez. IV, con la sentenza n. 2048 del 23 aprile 2015, ha chiarito che l’obbligo previsto dall’art. 38 del d.lgs. n. 163 del 12 aprile 2006, sul possesso dei requisiti di moralità, non si applichi al giovane professionista ma solo all’amministratore unico di una società che controlla una srl.



Ciò in virtù della funzione promozionale della norma che incentiva l’inserimento dei giovani abilitati alla professione da meno di cinque anni, nel mercato del lavoro.

Il fatto
Un aeroporto indiceva una gara a procedura ristretta con aggiudicazione all’offerta economicamente più vantaggiosa, per la ricerca di un progettista e di un direttore dei lavori che si occupassero dell’ammodernamento di una zona interna dell’aeroporto.
Aveva luogo la fase di prequalifica in cui l’aeroporto si occupava di inviare le lettere d’invito a due operatori, contenenti i criteri per la valutazione delle offerte.
Dopodiché la società appaltante aggiudicava il servizio in via provvisoria e poi in via definitiva ad una società sulla base del punteggio conseguito e successivamente, escludeva la seconda classificata per non averle comunicato l’avvicendamento di due amministratori unici.
La ragione dell’esclusione veniva ravvisata dalla appaltante nella mancata sottoscrizione da parte del nuovo amministratore unico delle dichiarazioni dell’art. 38 del d.lgs. n. 163 del 12 aprile 2006.
Per questo motivo la società esclusa decideva di presentare ricorso, sostenendo che ci fosse stata una erronea interpretazione dell’art.38 d.lgs. n. 163 del 12 aprile 2006 dalla parte della stazione appaltante.
In primo grado, veniva inoltre contestata l’irregolarità della documentazione fornita dalla società aggiudicataria.
Il Tar decideva di accogliere l’istanza di sospensione degli effetti dell’aggiudicazione definitiva, ritenendo che fosse necessario possedere e dichiarare i requisiti di moralità previsti nel Codice dei contratti, previsti dall’art. 38, nel caso di prestazioni di lavoro, servizi o forniture alla pubblica amministrazione.
Inoltre, dichiarava illegittima l’estromissione della seconda classificata perché doveva riguardare i soci persone fisiche e non persone giuridiche, come nel caso di specie. A seguito della sentenza, la seconda classificata si aggiudicava il servizio.
Per questo motivo, la società che aveva vinto la gara decideva di proporre ricorso al Consiglio di Stato sostenendo che non esistesse alcuna disposizione di legge che prevedesse nella figura del giovane professionista, il soggetto che dovesse sottoscrivere le dichiarazioni sul possesso dei requisiti di moralità.
Ciò in virtù del fatto che i giovani professionisti non possano considerarsi allo stesso livello di soci o amministratori di società, e che pertanto non debbano rilasciare le dichiarazioni di moralità. Ed anche perché, sulla base della lettura combinata dell’art. 347 e 38 del d.lgs. n. 163 del 12 aprile 2006, la figura di un ingegnere non può corrispondere a quella di un operatore economico.

La decisione del Consiglio di Stato
Il Consiglio di Stato si è occupato di decidere se possa applicarsi ai giovani professionisti, l’art. 38 del d.lgs. n. 163 del 12 aprile 2006.
Lo ha fatto esaminando gli artt. 90, c. 7, del d.lgs. n. 163 del 12 aprile 2006, e 253, c. 5 del D.P.R. 207/2010, da cui è emerso l’incentivazione alla presenza di giovani nei concorsi ( ex multis Cons. Stato, sez. V, 23 febbraio 2015 n. 75, id. 24 ottobre 2006 n. 6347).
Difatti le norme appena citate, sono tese a inserire i giovani abilitati alla professione da meno di cinque anni, nel mercato del lavoro.
Il collegio ha osservato che l’art. 253 co. 5 del d.p.r. n. 207 del 5 ottobre 2010, ponendo l’obbligo della presenza di un giovane progettista, fa sì che lo stesso sia più responsabilizzato e coinvolto.
Per questa ragione, la Corte ha escluso che al giovane progettista potesse applicarsi l’art. 38, in quanto la disposizione in esame ha il compito di verificare l’affidabilità dell’operatore economico con cui stipulerà il contratto la stazione appaltante, nell’ottica del principio di buon andamento della pubblica amministrazione (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 8 febbraio 2007 n. 523; id. sez. V, 15 gennaio 2008 n. 36).
Inoltre, se si considerasse l’obbligo in capo al giovane progettista di fornire la dichiarazione di moralità, varrebbe a dire che ogni soggetto facente parte dell’RTP dovrebbe fornirla, rendendo la procedura di gara più lenta.
Per quanto riguarda la censura della ricorrente sulla sua esclusione dalla procedura di gara, il Consiglio di Stato ha esaminato l’art. 38, c. 1, lett. b) e c), del d.lgs. n. 163 del 12 aprile 2006, da cui ha evinto che per le società a responsabilità limitata, l’esclusione deve avvenire quando la dichiarazione di moralità riguardi il socio unico persona fisica o il socio di maggioranza, nel caso di società con meno di 4 soci.
Secondo il Collegio, l’art. 38 fa sì che si eviti che l’amministrazione contratti con persone giuridiche governate da persone fisiche che non possiedano i requisiti di onorabilità e affidabilità morale e professionale richiesti dalla norma (Ad. Plen. 16 ottobre 2013 n. 23).
Questo principio non può essere disatteso solo perché l’organizzazione societaria è diversa da quella prevista nel Codice dei Contratti.
Infine, i requisiti di moralità devono permanere per tutta la durata dell’appalto, e qualora un soggetto sostituisca un altro, esso deve possedere i requisiti richiesti, diversamente non sarebbe osservato l’art. 38.
Pertanto, secondo la Corte, l’art. 38 si applica al socio di maggioranza persona giuridica di una srl.
Il Consiglio di Stato ha così ribaltato la decisione assunta in primo grado, accogliendo così il ricorso della prima classificata.


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