Infortunio del lavoratore interinale: quali responsabilità

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Sulla rivista Ambiente&Sicurezza sul lavoro nel “Caso del Mese” a cura di M. Prosseda (Avvocato esperto in sicurezza e prevenzione) analizziamo la sentenza della Corte Suprema di Cassazione Sez. 4, sentenza n. 11432 del 9 marzo 2017 chiamata a giudicare sulle responsabilità correlate ad un infortunio occorso ad un lavoratore interinale.

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Il Caso
Il lavoratore R.C. veniva incaricato di manovrare un macchinario privo delle necessarie misure di sicurezza ed a causa di ciò restava con la mano incastrata negli ingranaggi, riportando gravi lesioni personali.
In primo grado, il competente Tribunale dichiarava G.E., nella sua qualità di direttore dei lavori (nonché presidente del CDA della società datrice di lavoro), responsabile del reato di cui all’art. 590 commi 1, 2 e 3 del codice penale per colpa consistita in negligenza, imprudenza ed imperizia e in particolare nella violazione della normativa antinfortunistica ed in particolare degli artt. 36 e 37 del D.Lgs. 81/08.
Confermata la condanna ad opera della Corte d’Appello, G.E. proponeva ricorso per Cassazione, deducendo in particolare l’erroneità dell’assunto sulla carente formazione del lavoratore infortunato sulla base della mancata sottoscrizione dei moduli attestanti l’avvenuto addestramento e affiancamento ad un collega esperto, atteso che, secondo il ricorrente, il dato non sarebbe stato comparato con le risultanze delle deposizioni testimoniali, che dimostravano la circostanza che i lavoratori venivano istruiti e addestrati all’uso dei macchinari ed in ogni caso.

Secondo la Corte di Cassazione
La legge n. 196/1997, ha introdotto nel nostro ordinamento la figura del lavoratore interinale, successivamente sostituita da quella del lavoratore somministrato di cui al D.Lgs. 276/03, il cui art. 23 comma 5 ripartisce, nella sostanza, gli obblighi di sicurezza tra somministratore ed utilizzatore, stabilendo che il primo è tenuto ad informare i lavoratori, nonché a formare ed addestrare i medesimi all’uso delle attrezzature di lavoro necessarie allo svolgimento dell’attività lavorativa.
In merito al primo motivo di ricorso, ricadente sulla mancata formazione impartita, ” non solo non risulta provata l’avvenuta formazione del lavoratore, ma mancava addirittura sia un manuale di uso dei macchinari che un manuale di informazione. Inoltre, come ampiamente dà conto la Corte territoriale, dal verbale del tecnico dell’ASL risulta che la cosiddetta “isola” era costituita da «un insieme di macchine messe insieme in modo tale da poterle far funzionare in maniera solidale con un ciclo continuo di lavoro e presentava tutta una serie di carenze sia a livello di protezioni che a livello di sistemi di sicurezza»…”.
Inoltre risulta “Manifestamente infondato è anche il motivo di ricorso basato sull’imprevedibilità della condotta del lavoratore… Del resto non va dimenticato che nel caso di specie si tratta di un incidente occorso ad un lavoratore non solo privo dell’adeguata formazione, ma anche interinale, ossia non un dipendente stabilmente inquadrato dell’azienda, ma un lavoratore che lavorava solo per brevi periodi. Pertanto, maggiore avrebbe dovuto la vigilanza e lo scrupolo nell’addestramento del lavoratore. Questa Corte di legittimità ha più volte affermato – e va qui ribadito – che, in tema di infortuni sul lavoro, non vale a escludere la responsabilità del datore di lavoro il comportamento negligente del lavoratore infortunato che abbia dato occasione all’evento, quando questo sia da ricondurre comunque all’insufficienza di quelle cautele che, se adottate, sarebbero valse a neutralizzare proprio il rischio derivante dal richiamato comportamento imprudente… Il datore di lavoro, in altri termini, in quanto titolare di una posizione di garanzia in ordine all’incolumità fisica dei lavoratori, ha il dovere di accertarsi del rispetto dei presidi antinfortunistici vigilando sulla sussistenza e persistenza delle condizioni di sicurezza ed esigendo dagli stessi lavoratori il rispetto delle regole di cautela…”.

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