La tutela delle condizioni di lavoro al tempo del Coronavirus

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Oggi sulle nostre pagine l’articolo di Grazia Maria Delicio (Esperta e formatore – Specialista in tutela integrata del lavoro) che parte dalle dichiarazioni del Governo circa la partenza della cd. Fase 2 identificandone i principi e le misure chiave e sviscera poi alcune considerazioni circa le misure ed i provvedimenti intrapresi per gestire questa nuova delicata fase di transizione.

“Si prospettala continuazione di una fase complessa per la generalità dei cittadini, nella consapevolezza – però – che si debba giungere ad un allentamento delle restrizioni, onde fare il possibile per preservare (ma, dovremmo dire, per “recuperare”) il tessuto produttivo rimasto fermo a lungo. Il Paese, cioè, deve riavviarsi e rimettere in moto la produzione e l’economia, per evitare ulteriori e incontrollati effetti sociali, ma deve farlo – senza ombra di dubbio – non facendo pagare alle lavoratrici e i lavoratori il prezzo più alto in termini di rischi per la salute. “

L’autrice identifica quindi le condizioni di sicurezza minime da apprestare con riferimento ai Protocolli condivisi di sicurezza del DPCM del 26 aprile 2020, ma anche -nel documento INAIL del 23 aprile (Documento tecnico sulla possibile rimodulazione delle misure di contenimento del contagio da SARS-CoV-2 nei luoghi di lavoro e strategie di prevenzione) e, con particolare riferimento ai trasporti, nel documento realizzato sempre dall’Istituto in collaborazione con l’Istituto superiore di sanità e approvato dal Comitato tecnico scientifico (Cts), del 27 aprile (Documento tecnico sull’ipotesi di rimodulazione delle misure contenitive in relazione al trasporto pubblico collettivo terrestre, nell’ottica della ripresa del pendolarismo, nel contesto dell’emergenza da SARS-CoV-2).
“Le “raccomandazioni” contenute nei documenti e protocolli tutti- scrive l’autrice – lungi dall’essere semplici indicazioni comportamentali per i datori di lavoro, devono essere considerate veri e propri presupposti e prerequisiti per poter tenere in attività una azienda e le stesse – questo sono in pochi ad averlo sottolineato – non potranno che affiancarsi (a volte comprendendole, altre inserendosi in esse) alle regole generali già valevoli in tema di salute e sicurezza del lavoro; tra tutte: l’art. 2087 del c.c., le varie disposizioni del c.d. Testo Unico Sicurezza di cui al D. Lgs. 81/2008 e s.m.i., nonché tutte le disposizioni – legislative e non – delle fonti nazionali e internazionali ivi richiamate”.

Fra gli altri passaggi dell’articolo, che troverete in allegato, l’autrice sottolinea, partendo dall’analisi del documento Inail sulla determinazione del rischio da contagio da SARS-CoV-2 in occasione di lavoro, che “l’esigenza di ripensare alla stessa organizzazione del lavoro, perché è incidendo e intervenendo anche sul modo (e non solo sul luogo) in cui si svolge una data prestazione, che possono essere garantite le condizioni minime di sicurezza, basandosi su un approccio sistemico e sistematico, che coinvolga vari aspetti: gli orari, le modalità di ingresso/uscita, le modalità di spostamento e trasporti, ricorrendo – per quanto possibile – allo smart working (che, di fatto, date le limitazioni alla circolazione, in questa fase è un vero e proprio telelavoro dal domicilio) per quelle attività dove non è necessaria la presenza”.

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Redazione InSic

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