Il progetto REEF 2W: Intervista a Roberto Farina (ENEA)

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ENEA sarà è capofila insieme a 11 centri di ricerca, di un progetto europeo volto ad individuare le necessità energetiche degli impianti di depurazione e di smaltimento dei rifiuti urbani sfruttando soluzioni innovative attraverso l’uso di fonti rinnovabili e di una gestione integrata ed efficiente.
Si tratta del progetto REEF 2W cui partecipano anche il colosso francese Veolia Water e il Kompetenzzentrum Wasser Berlin partecipato dall’utility dell’acqua Berliner Wasserbetriebe/Berlinwasser Holding GmbH, una delle maggiori d’Europa e dalla Technologiestiftung Berlin di Germania. Altri paesi partner sono Croazia, Austria, Repubblica Ceca.
Ne parliamo con Roberto Farina, del Laboratorio Biomasse e Biotecnologie per l’energia dell’ENEA.

In cosa si articola il progetto REEF 2W e quale sarà il ruolo ed il contributo di ENEA?
Il progetto prevede l’analisi tecnico economica, di 5 siti pilota nei 5 paesi coinvolti nel progetto nonché quella di impatto sociale, al fine di valutare la possibilità di integrare il ciclo dei rifiuti organici e quello delle acque per una maggiore valorizzazione energetica degli stessi. In particolare si cercherà di costruire degli scenari compatibili con le situazioni sociali ed ambientali che permettano di coniugare recupero energetico e gestione dei rifiuti. I processi considerati saranno prevalentemente di tipo biologico, ma non verranno dimenticati quelli di tipo chimico fisico che permettono di recuperare anche il calore.
L’ENEA oltre al ruolo di coordinamento di tutto il progetto parteciperà alla valutazione dei siti e delle tecnologie più sostenibili da applicare.


“Produrre energia green da rifiuti e reflui” un obiettivo ambizioso ma realizzabile. Si punta però anche all’autosufficienza energetica degli impianti di trattamento e addirittura alla loro capacità di produrre surplus di energia da mettere al servizio della collettività.
Siamo realmente pronti per questa sfida in Italia? Che cosa ci ostacola?
Non vedo per quale motivo l’Italia non possa essere pronta ad una sfida di questo tipo. Dal punto di vista tecnologico non abbiamo nulla da imparare da altri paesi. Per quanto riguarda la produzione di energia elettrica da biogas siamo il terzo paese al mondo. Oggi la sfida è quello di spostare l’attuale produzione di biogas dalla produzione di energia elettrica a quella di biocarburanti gassosi o alla sua immissione nella rete di distribuzione del gas. Qui siamo ancora carenti ma non per motivi tecnici o di capacità imprenditoriale, solamente per carenza nella attuale normativa.
Un aspetto invece che non stiamo ancora sfruttando in maniera adeguata è l’utilizzo del calore di surplus generato in questi processi. Purtroppo in questi casi ci sono obiettivi ostacoli legati alla convenienza economica del suo utilizzo e solamente in pochi casi si potrebbe fare. Questa difficoltà la si nota anche confrontando le situazioni presenti negli altri paesi con paesi come l’Austria che spingono molto sul recupero del calore e altri come la Germania invece che la ritengono una sfida poco vantaggiosa.


In che modo le soluzioni di REEF 2W saranno rese accessibili alla collettività e condivise con i decisori pubblici?
Sul sito del progetto si parla anche di azioni formative rivolte a dipendenti tecnici delle utility, e parti interessate, e di condivisione delle informazioni sulle migliori tecniche energetiche disponibili. C’è in Europa un reale sforzo di condivisione?
Lo scopo di questo progetto come di tutti i progetti europei è quello di creare e condividere la conoscenza. In questo caso la realizzazione di corsi di formazione, per il personale tecnico delle multiutility, ed il coinvolgimento dei decisori pubblici tecnici e politici è lo strumento che abbiamo deciso di adottare per trasmettere questa conoscenza.
In questi corsi verranno mostrati alcuni esempi di come ci si comporta all’estero, ma verranno anche forniti degli strumenti di tipo informatico che serviranno al decisore per valutare quale potrebbe essere lo scenario più adeguato alla sua situazione specifica.


In questi giorni il Parlamento europeo ha stilato dei dati provvisori sul mercato energetico italiano, in base ai quali la quota di energia proveniente da fonti rinnovabili è quasi raddoppiata negli ultimi anni (da circa 8.5% nel 2004 a 16.7% nel 2015) e per il 2020 si prospetta una quota di energia da fonte rinnovabile pari al 20% e successivamente al 27% entro il 2030. Ma da Bruxelles si stima che possa giungersi fino ad un aumento del 35% della quota di energia da fonte rinnovabile.
È possibile con le tecnologie di cui disponiamo?
Le tecnologie per la produzione di energia rinnovabile sono tantissime. Alcune hanno un grado di maturità estremamente elevato, sto banalmente pensando all’eolico al solare e alla digestione anaerobica stessa, devono solo trovare una loro corretta applicazione. Altre sono ancora in via di sviluppo e potrebbero avere degli sviluppi interessati nel prossimo futuro.


Su quali progetti di ricerca, magari complementari a REEF 2W andrebbe fatto un investimento pubblico efficace?
Non saprei dire verso quale tecnologia un investimento pubblico potrebbe essere più efficace, rischierei di essere parziale, ma come indirizzo generale direi che bisognerebbe favorire quelle tecnologie che sono integrabili in strutture esistenti, o che permettano di ridurre i costi nella gestione di problematiche legate all’ambiente.
Sicuramente le stime di Bruxelles sono state fatte con una base statistica superiore a quella che posso avere io, e non mi meravigliano. Rimanendo più sul campo in cui ho maggiore competenza quello che vedo è che ad esempio il meridione d’Italia avrebbe delle grosse potenzialità in questo senso ma purtroppo gli impianti di digestione anaerobica lì non ci sono, sia quelli di tipo agricolo, che quelli per la frazione organica dei rifiuti.


Esistono nel nostro Paese, siti più adatti di altri ad ospitare i progetti di REEF 2W?
No, direi di no. L’unico limite che ci può essere nella scelta del sito è legata alla taglia, e quindi al bacino di utenza. Questo tipo di impianti comincia ad essere vantaggiosamente gestibile quando la popolazione servita è di almeno 100.000 individui, e la raccolta differenziata risulta ben fatta.
Direi che questo sono gli unici limiti nella scelta del sito, tutti gli altri sono facilmente superabili.

Negli altri Paesi sono pervenuti a già valide soluzioni energetiche sostenibili? Da chi prendere spunto?
Ci sono diversi esempi nel mondo di integrazione energetiche sostenibili. Per quanto riguarda il ciclo dei rifiuti la Svezia rappresenta sicuramente un esempio da seguire. In quel paese la rete dei biocarburanti gassosi dedicati al trasporto pubblico ha avuto un grande sviluppo integrando la gestione dei rifiuti con la mobilità sostenibile.
Un altro esempio interessante e altamente innovativo è dato dalla Danimarca dove è stato realizzato il primo impianto in scala reale per la produzione di biometano attraverso il processo noto come power to gas. In questo caso il processo di digestione anaerobica è integrato alla produzione di energia elettrica mediante turbine eoliche. In questo modo è possibile stoccare l’energia in eccesso di alcuni momenti per usarla in momenti successivi.


Si parla spesso di smart city e di autosufficienza energetiche delle città. Quanto tempo dovremo aspettare per avere un esempio italiano pienamente valido da seguire?
Credo che il problema non sia solo italiano. Per il momento non credo ci sia ancora nessuna città che abbia raggiunto l’autosufficienza energetica.


È un problema di tecnologie disponibili?
Il problema non è solo di tecnologie disponibili, ma anche di tempi necessari per la loro applicazione. Se nei grossi impianti centralizzati l’innovazione può avvenire anche in pochi anni (4-5 anni) vedo più problematica l’innovazione diffusa quella delle nostre auto, delle nostre case delle nostre abitudini di vita. Una caldaia domestica ha una vita media di circa 10 anni per cui difficilmente prima di questo periodo un utente si rivolgerà ad un sistema più efficiente. Molte delle soluzioni proposte dall’approccio Smart City richiedono una competenza dell’utente che attualmente non è comune. Molte di queste soluzioni passano attraverso il controllo via web degli apparati. Attualmente l’alfabetizzazione informatica italiana è piuttosto bassa ed è piuttosto basso anche il cablaggio delle nostre case. Non è quindi solo un problema di tecnologie ma è un problema di aumento delle competenze di ognuno e di miglioramento delle infrastrutture di comunicazione.

Ringraziamo Roberto Farina per la disponibilità a rispondere alle nostre domande e auguriamo a lui e a tutto il team di ENEA un ottimo e proficuo lavoro!

Una squadra di professionisti editoriali ed esperti nelle tematiche della salute e sicurezza sul lavoro, prevenzione incendi, tutela dell’ambiente, edilizia, security e privacy. Da oltre 20 anni alla guida del canale di informazione online di EPC Editore

Redazione InSic

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