Deposito incontrollato di rifiuti: la Cassazione chiarisce sul soggetto attivo di reato

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Con sentenza n. 47662 del 19 novembre 2014, in tema di abbandono/deposito incontrollato di rifiuti, la Corte riconosce questo reato ascrivibile a qualsiasi soggetto che operi nell’ambito di un’attività economica esercitata anche di fatto, indipendentemente da una qualificazione formale sua o dell’attività medesima

Con la sentenza n. 47662 del 19 novembre 2014, la Cassazione ha precisato che il reato previsto dall’art. 256, comma secondo, del d.lgs. n. 152/2006 è configurabile nei confronti di un qualsiasi soggetto che abbandoni rifiuti nell’ambito di un’attività economica esercitata anche di fatto, indipendentemente da una qualificazione formale sua o dell’attività medesima.

La vicenda
Il titolare di un’impresa individuale esecutrice delle opere di demolizione di una preesistente tettoia, si era reso colpevole del reato di cui agli artt. 81 e 110 cod. pen., dell’art. 256, comma 2 e art. 255, comma 3 del Codice Ambiente perché, esercitando un’attività di demolizione edile, effettuava un’illecita gestione dei rifiuti, abbandonando ed interrando materiali di varia natura, quali ruote di autocarro, serramenti in legno e vetro dismessi, ramaglie, reti metalliche e tondini di ferro, scarti di demolizione in cemento, scarti di legname, lamiere, pezzi di lastre in fibrocemento ed altri rifiuti per 10 m3, materiali provenienti dalla demolizione di una tettoia preesistente situata sull’area di proprietà della moglie. Successivamente non aveva rimosso questi rifiuti, come disposto con ordinanza comunale.

Secondo la Corte
La Corte disquisisce sulla qualifica di titolare di impresa o responsabile di ente riportato negli articoli richiamati del Codice Ambiente, ritenendo che sia soggetto attivo del reato anche l’imprenditore agricolo (si veda anche sentenza n. 38364 del 27.6.2013, Beltipo, rv. 256387).
Il Collegio ha inoltre chiarito che l’individuazione in concreto dell’attività imprenditoriale di fatto compete al giudice della cognizione che, a tal fine, potrà e dovrà tener conto, com’è avvenuto nel caso di specie, di elementi rivelatori della stessa quali:
a) l’utilizzo di mezzi e modalità che eccedano quelli normalmente nella disponibilità del privato;
b) la natura e la provenienza dei materiali;
c) la quantità e qualità dei soggetti che hanno posto in essere la condotta.

Nel caso di specie, l’uso dei beni aziendali e la collaborazione dei dipendenti rendeva evidente che l’attività di illecito interro dei rifiuti era avvenuta nell’ambito di un’attività imprenditoriale. Inoltre, l’odierno ricorrente stava ponendo in essere una condotta particolarmente insidiosa, finalizzata all’interro (in parte già attuato) di rifiuti anche pericolosi, come le lastre di amianto, ed una tale insidiosità gli era consentita proprio dall’utilizzo di mezzi aziendali e dei dipendenti, non essendo evidentemente fattibile la stessa condotta prescindendo dagli uni e dagli altri.
Per tale motivo nel provvedimento impugnato si perveniva alla logica conclusione che il titolare avesse agito da privato ma piuttosto da titolare di una impresa e per questo soggetto all’ipotesi di reato di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256, comma 2.

Riferimenti normativi
Cass. pen. sez. III, sentenza n. 47662 del 19 novembre 2014




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Redazione InSic

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