Regioni: un documento di orientamento e sviluppo della Bioeconomia

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La Conferenza delle Regioni del 10 novembre ha approvato un documento di posizionamento sulla Bioeconomia: si individua il ruolo ed il contributo che le Regioni possono fornire alle prospettive di crescita nazionali, all’interno del quadro di riferimento europeo. L’obiettivo è favorire l’armonizzazione delle politiche industriali e di ricerca legate al settore della Bioeconomia, monitorare, orientare ed analizzare le iniziative più idonee l’implementazione della Strategia per la Specializzazione Intelligente a livello regionale e nazionale.
Riportiamo qui una sintesi dei punti centrali del documento rimandando ad un articolo completo che verrà pubblicato prossimamente sulla rivisita Ambiente&Sicurezza sul Lavoro.


Bioeconomia di cosa si tratta?
La Bioeconomia intende favorire la transizione da un sistema produttivo economico energivoro, basato sulle risorse fossili non rinnovabili e con accentuato impatto ambientale, ad un sistema più sostenibile fondato su un utilizzo razionale ed integrale delle risorse biologiche (biomasse in senso lato).
In tal senso la Bioeconomia si propone pertanto di promuovere lo sviluppo di un’economia a minore impatto ambientale, che rigeneri gli ecosistemi naturali anziché impattarli, e maggiormente efficiente dal punto di vista delle risorse nel un più ampio contesto di sviluppo dell’economia circolare.

I dati statistici
Le Regioni riportano i dati di uno studio, pubblicato dalla Ellen MacArthur Foundation, “Growth Within: A circular economy vision for a competitive Europe” sull’economia circolare: sarà in grado di creare in Europa un beneficio netto di € 1.8 trilioni entro il 2030, traducendosi in un incremento del PIL dell’11% entro il 2030 (rispetto al 4% nel percorso di sviluppo attuale), permettendo una riduzione delle emissioni di anidride carbonica del 48% entro il 2030 rispetto ai livelli attuali (e dell’83% entro il 2050).
Il comparto della Bioeconomia, come descritto all’interno della strategia Innovating for Sustainable Growth: A Bioeconomy for Europe, ha un peso economico di circa 2.000 miliardi di euro e oltre 22 milioni di persone impiegate, che rappresentano il 9% dell’occupazione complessiva dell’UE. Per ogni euro investito in ricerca e innovazione nella Bioeconomia, con adeguate politiche di sostegno a livello nazionale e comunitario, la ricaduta in valore aggiunto nei settori del comparto biobased sarà pari a dieci euro entro il 2025 (cfr. Ellen MacArthur Foundation, the McKinsey Center for Business and Environment, and SUN).

La Bioeconomia In Italia
Uno dei passaggi più interessanti del Documento, riguarda lo sviluppo delle strategie nazionali sull’uso di materie prime rinnovabili, di tecnologie innovative legate all’efficienza delle risorse e la creazione di filiere sostenibili: molti Paesi europei (Austria, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Irlanda, Paesi Bassi, Regno Unito, Svezia, e recentemente Spagna) e mondiali (Giappone, Russia, USA) hanno già adottato strategie nazionali sulla bioeconomia, testimoniando il rilevo strategico di questo importante settore economico.

In Italia la Bioeconomia poggia essenzialmente su 3 pilastri produttivi:
1. il comparto agricolo, zootecnia, pesca, acquacoltura e foreste ;
2. l’industria alimentare;
3. l’industria bio-based della chimica e fuels da fonti rinnovabili.
Si sottolinea nel Documento come l’Italia detenga, oggi, un’importante posizione di leadership nella Bioeconomia europea che la pone al terzo posto per Produzione Lorda Vendibile (PLV) e numero di addetti, dietro a Germania e Francia, con circa 250 milioni di euro di PLV e due milioni di posti di lavoro.
L’industria biobased in Italia, sottolineano le Regioni presenta tutta una serie di precondizioni che favoriscono il passaggio verso la bioeconomia, secondo un modello di economia circolare; passaggio che dovrà integrare più efficacemente il settore della chimica da fonti rinnovabili, date dalle condizioni geografiche, dalla struttura del settore agricolo, dalle industrie, dalle infrastrutture e dal know-how di ricerca. Scrivono le Regioni, che “Analizzando nello specifico la filiera di eccellenza della chimica da fonti rinnovabili, Il nostro Paese, forte anche di un modello distintivo e virtuoso di collaborazione tra mondo agricolo e delle imprese, è inoltre oggi già impegnato in progetti di riconversione di siti industriali in crisi in bioraffinerie per la produzione di bioprodotti e biochemicals da fonti rinnovabili, con ricadute positive dal lato occupazionale, ambientale, di redditività dei prodotti e di integrazione con i prodotti della chimica da petrolio per una loro maggiore specializzazione e competitività.”

Iniziative nazionali e regionali rilevanti per la bioeconomia
Le Regioni nel Documento ricordano la costituzione dei Cluster Tecnologici Nazionali promossa dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, nell’ottica di identificare delle realtà – aggregazioni organizzate di imprese, università, istituzioni pubbliche o private di ricerca e soggetti attivi nel campo dell’innovazione, presenti in diversi ambiti territoriali, con valenza interdisciplinare e internazionale – che potessero agire da propulsori della crescita economica sostenibile dei territori e dell’intero sistema economico nazionale, in linea con le agende strategiche comunitarie e con gli obiettivi di Horizon 2020, il Programma Europeo per la ricerca e l’innovazione per il periodo 2014/2020.

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Redazione InSic

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