Radon

Il rischio radon: cos’è e come si deve tutelare il lavoratore secondo la legge

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Il Radon è un gas naturale radioattivo molto pericoloso per la salute umana. Ribattezzato il killer silenzioso, rappresenta la seconda causa di cancro al polmone dopo il fumo di sigaretta. Il Decreto Legislativo n. 101 del 31 luglio 2020 ha introdotto importanti novità riorganizzando ed armonizzando la disciplina sulla radioprotezione dei lavoratori ed integrando anche le norme ed i livelli di tutela della popolazione.

Cos’è il Radon: definizione

Il radon è un gas naturale radioattivo che si forma nel sottosuolo grazie ad una serie di decadimenti nucleari a carico di altri elementi chimici presenti nelle rocce terrestri.
Una volta sprigionatosi è capace di risalire in superficie sfruttando tutti gli interstizi e le fessure presenti, arrivando al livello del suolo ed entrando negli edifici dove, accumulandosi, può diventare estremamente pericoloso per la salute umana. Numerosi studi epidemiologici hanno infatti dimostrato che il radon per l’uomo rappresenta la seconda causa di cancro al polmone dopo il fumo di sigaretta.

Rischio radon negli ambienti indoor

Se negli ambienti esterni non raggiunge concentrazioni apprezzabili a causa della diluzione nell’aria, in quelli interni (indoor), trovando invece un ostacolo “fisico” alla sua diffusione e non essendo percepibile dai sensi umani, può permanere anche per lunghi periodi, raggiungendo livelli di concentrazione molto elevati e diventare estremamente per l’uomo.

Il radon è responsabile di circa il 50% del contributo naturale alla radiazione di fondo e rappresenta in definitiva, in assenza di esplosioni o incidenti nucleari, la maggiore esposizione per l’uomo a radiazioni ionizzanti, sia di origine naturale e sia di origine antropica.

Qual è la situazione del Radon in Italia?

L’Italia rappresenta un Paese in cui la possibile presenza di radon negli edifici è molto alta, a causa della grande presenza di suoli e di materiali che agevolano la generazione e la diffusione di questo gas negli edifici.

Le misurazioni di radon in Italia sono iniziate negli anni ’70 del secolo scorso anche se è stato solo nel 1988 che l’ENEA-DISP (successivamente ISPRA) e l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) negli anni ’90 promossero e coordinarono un’indagine nazionale a campione con lo scopo di valutare l’esposizione media della popolazione al radon nelle abitazioni.

Il rischio radon nel D.Lgs. 81/08

Come noto in Italia il D.Lgs. 81/08 ha raggruppato gran parte della precedente normativa sulla salute e sicurezza sui luoghi di lavoro in un unico testo armonizzato che è stato più volte aggiornato ed integrato. La parte riguardante i rischi da esposizione a radiazioni ionizzanti, e quindi a radon, invece, come specificato dal Titolo VIII di tale atto normativo, viene trattata, nell’ambito degli “agenti fisici”, rimandandola a delle normative specifiche.

La valutazione dei livelli di esposizione al radon nelle normative specifiche

Queste ultime sono state rappresentate, fino a poco tempo fa, dal D.Lgs. 230/95 recepimento di alcune direttive europee (precisamente la n. 80/836, n. 84/466, n. 84/467, n. 89/618, n. 90/641 e n. 92/3) modificato successivamente dal D.Lgs. 241/2000, recependo la Direttiva 96/29.

In particolare la disciplina riguardante il radon era demandata al Capo III-bis, aggiunto appunto dal D.Lgs. 241/2000, nel quale veniva presa in considerazione la valutazione dei livelli di esposizione dei lavoratori alla radioattività naturale.

Il 27 agosto 2020 il D.Lgs. 241/2000 è stato a sua volta abrogato e sostituito dal D.Lgs. 101/2020 il quale ha recepito nel nostro ordinamento la Direttiva n. 2013/59, ed ha provveduto ad integrare in un unico decreto sia il tema della protezione dei lavoratori in ambito professionale e sia quello della protezione della popolazione nelle abitazioni civili che fino ad oggi era stata mantenuta separata. In Italia di fatto, prima del D.Lgs. 101/2020, non era stata mai definita una normativa specifica riguardante la protezione della popolazione da radiazioni ionizzanti e, per tali necessità, veniva presa come riferimento la Raccomandazione europea 90/143.

Il Piano nazionale d’azione per il radon

Il D.Lgs. 101/2020 stabilisce che entro dodici mesi dalla sua entrata in vigore, deve essere adottato un nuovo “Piano nazionale d’azione per il radon“, concernente i rischi di lungo termine dovuti alla sua esposizione.

In quali luoghi di lavoro va effettuata la valutazione del rischio esposizione a radon?

In base all’art. 16 del D.Lgs. 101/2020, la valutazione dell’esposizione al rischio radon si deve applicare ai seguenti luoghi di lavoro:

  • luoghi di lavoro sotterranei;
  • luoghi di lavoro in locali semisotterranei o situati al piano terra, localizzati in aree considerate prioritarie stabilite a livello regionale;
  • specifiche tipologie di luoghi di lavoro identificate nel Piano nazionale d’azione radon;
  • stabilimenti termali.

La valutazione del rischio secondo il D.Lgs. 101/2020

La valutazione del rischio dovrà andare ad individuare la possibilità che alcuni lavoratori, in base alle caratteristiche della loro mansione ed in base ai luoghi abitualmente frequentati, possano essere esposti a concentrazioni di radon, espresse come media annua, superiori ai nuovi valori di riferimento del D.Lgs. 101/2020 i quali sono pari a 300 Bq/m3 per edifici esistenti ed addirittura a 200 Bq/m3 per edifici costruiti dopo il 31 dicembre 2024.

Il nuovo Decreto, riprendendo in parte quanto aveva già disposto il precedente D.Lgs. 230/1995, tenendo conto della specificità e complessità del tipo di rischio, stabilisce che il datore di lavoro, in occasione dei superamenti dei valori limite di concentrazione e/o di dose efficace, dovrà obbligatoriamente essere supportato da professionisti della materia. Essi si configurano in un esperto in materia di interventi per la riduzione dell’ingresso e dell’accumulo di radon negli ambienti e nell’esperto qualificato in radioprotezione.

La valutazione dovrà iniziare effettuando un’analisi delle caratteristiche degli ambienti di lavoro in studio, mirata ad individuare da una parte la presenza dei luoghi riportati all’art. 16 del D.Lgs. 101/2020 e dall’altra, per ogni luogo così determinato, il tempo di permanenza medio di eventuali lavoratori che possono essere presenti in tali luoghi, durante lo svolgimento delle attività proprie relative alle loro mansioni.

Gli interventi di prevenzione e riduzione del Radon

Tenendo conto delle dinamiche di origine, trasporto e diffusione del radon e dei suoi prodotti di decadimento, è ovvio che non sarà possibile eliminare completamente la loro presenza negli edifici, a differenza di quanto avviene per altri inquinanti.

Tuttavia è possibile attuare tutta una serie di interventi per prevenire o ridurre la loro concentrazione, soprattutto quando questa raggiunge valori elevati, abbassando di conseguenza il rischio. Le azioni di rimedio sono azioni generalmente temporanee, rivolte a ridurre i livelli di radon laddove sia già presente all’interno degli edifici esistenti, mentre le azioni di prevenzione sono indirizzate ad impedire quanto più possibile la sua formazione ed accumulo e vengono attuate sia negli edifici esistenti e sia in quelli di nuova costruzione, già in fase di progettazione e realizzazione.

I criteri generali che possono essere individuati per la definizione e l’applicazione delle misure di intervento, si basano sulle seguenti attività:

eliminazione delle fonti di radon;

aumento della resistenza dell’edificio all’ingresso del radon (sigillare gli ingressi);

trattamento dell’aria (sistemi di filtrazione ed elettrostatici);

allontanamento del radon (sistemi di pressurizzazione, aspirazione e ventilazione).

Per approfondire

Per approfondire la tematica consulta il volume a cura di Lucio Confessore, ingegnere chimico, esperto in tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro e Pietro Ferraro, medico del lavoro e medico autorizzato alla radioprotezione dei lavoratori – EPC Editore

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