Campi elettromagnetici

Campi elettromagnetici: cosa sono e gli effetti ed i rischi per la salute

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In questo articolo vediamo cosa sono i campi elettromagnetici, quali sono le loro grandezze ai fini della loro misurazione ed i principali effetti sulla salute umana. Infine un focus sulla normativa di riferimento e in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro per la valutazione del rischio derivanti dalla presenza di campi elettromagnetici pericolosi sui luoghi di lavoro.

I campi elettromagnetici, come abbiamo visto, si distinguono in base al tipo di radiazioni ionizzanti e non ionizzanti propagate. In un precedente articolo abbiamo messo in luce, invece, gli effetti per l’ambiente dell’elettromagnetismo.

Campi elettromagnetici cosa sono

I campi elettromagnetici (CEM) sono radiazioni elettromagnetiche e hanno origine dalle cariche elettriche e dal loro movimento (corrente elettrica). L’oscillazione delle cariche elettriche, ad esempio in un antenna o in un conduttore percorso da corrente, produce campi elettrici e magnetici che si propagano nello spazio sotto forma di onde. Le onde elettromagnetiche, a differenza delle onde meccaniche, si possono propagare anche nel vuoto. Il campo elettrico (E) e il campo magnetico (H) oscillano perpendicolarmente alla direzione dell’onda; la velocità di propagazione delle onde elettromagnetiche è di circa 300.000 km/s. Ogni onda elettromagnetica è definita dalla sua frequenza, cioè il numero di oscillazione compiute in un secondo, e si misura in cicli al secondo o in Hertz (Hz); maggiore è la frequenza di un onda, maggiore è l’energia che trasporta.

Come si misurano i campi elettromagnetici

Le grandezze fisiche caratteristiche delle onde elettromagnetiche (prese a riferimento nelle misurazioni e, di conseguenza, nella definizione dei limiti di esposizione previsti dalla normativa), sono le seguenti:

  • intensità del campo elettrico misurata in volt/metro (V/m);
  • intensità del campo magnetico misurata in ampere/metro (A/m), o induzione magnetica espressa in Tesla (T);
  • densità di potenza irradiata, espressa in W/m2.

Campi elettromagnetici in casa

La diffusione delle sorgenti di CEM, specialmente in ambito industriale, ma anche semplicemente l’uso quotidiano di apparecchi comuni, quali televisori, forni a microonde e telefoni cellulari, hanno determinato un forte interesse sul tema dell’inquinamento elettromagnetico o elettrosmog, e dei possibili effetti che esso può avere sulla salute umana.

Quali sono gli effetti dei campi elettromagnetici?

Gli effetti dovuti al CEM vengono convenzionalmente distinti in due categorie:

  1. effetti indotti da campi a bassa frequenza, in genere associati ad elettrodotti, centrali elettriche, cabine primarie e secondarie, stazioni elettriche ed elettrodomestici;
  2. effetti indotti da campi a radiofrequenza (RF) e microonde (MW), generalmente associati a sorgenti quali telefonia mobile, stazioni radiobase, emittenti radiotelevisive.

Mentre il campo elettrico generato da sorgenti quali elettrodotti o da comuni elettrodomestici può essere facilmente schermato da semplici materiali come mattoni, legno o metalli, il campo magnetico prodotto è invece poco attenuato da quasi tutti gli ostacoli normalmente presenti negli ambienti sia interni che esterni, e la sua intensità si riduce soltanto al crescere della distanza dalla sorgente. La tabella seguente mostra, a titolo di esempio, i valori di campo magnetico misurati in caso di esposizione prolungata (annuale) in presenza di varie tipologie di sorgenti (sia elettrodotti, che apparecchiature di uso comune).

Esempi di campo elettromagnetico prodotto da apparecchi elettrici

Durata esposizione giornaliera Luogo di esposizione Valori di campo magnetico misurati in caso
di esposizione prolungata (annuale, T)

15h/gg

Abitazione fino a 90m da una linea a 380 kV

1100

15h/gg

Abitazione fino a 30m da una linea a 220 kV

1100

15h/gg

Abitazione fino a 20 m da una linea a 132 kV

1100

1h/gg

Cucina con 3 elementi accesi + forno

116

8h/gg

Ufficio, utilizzando il videoterminale

1026-324

4h/gg

Ufficio, a 20cm da una lampada da tavolo

3600

Gli Effetti dei CEM: tipologie

Un ulteriore distinzione tra i possibili effetti che si possono presentare per esposizione ai CEM viene fatta tra:

  • effetti termici, dovuti all’assorbimento dell’onda, legati ad un innalzamento della temperatura del sistema esposto per cessione di energia da parte del CEM al tessuto biologico;
  • effetti specifici o non termici, non legati all’innalzamento della temperatura ma caratterizzati da disturbi di vario tipo (neoplasie, interazioni con il sistema nervoso centrale, ecc…), conseguenti al rilassamento dei dipoli indotti ed al conseguente riarrangiamento delle strutture: il campo elettrico dell’onda incidente può ad esempio interagire con la membrana cellulare, alterando il potenziale di membrana e la sua funzione nella conduzione degli impulsi nervosi.

Quali sono gli effetti dei campi elettromagnetici sul corpo umano?

Tali effetti si possono manifestare a diversa scala, interessando la singola molecola o coinvolgendo l’intero organismo. Tra le principali conseguenze di questi effetti si citano:

1. in merito alle microonde e alle radiofrequenze:

  • danni agli occhi (opacizzazione del cristallino) ed agli organi riproduttivi, per gli effetti termici;
  • danni a carico del sistema nervoso, con sintomi simili a quelli dovuti allo stress, per gli effetti non termici;

2. in merito ai raggi infrarossi:

  • effetti dannosi di tipo termico a carico dell’occhio;
  • in merito ai raggi UV, effetti termici sulla pelle (eritemi o ustioni);

3. a livello atomico:

  • le onde corte modificano l’orientamento degli spin elettronici, e inducono la formazione di dipoli (MW modificano lo stato rotazionale delle molecole, IR modificano lo stato vibrazionale);
    la radiazione visibile (760-390 nm) provoca transizioni di livello degli elettroni atomici più esterni;
  • i raggi ultravioletti (390-100 nm) agiscono sugli elettroni degli strati più interni, diventando anche ionizzanti nel lontano UV.

Cosa provocano i campi elettromagnetici?

Infine, in base ad un ulteriore classificazione, i CEM sono suddivisi tra effetti:

  • “acuti” o immediati, dovuti ad una esposizione di media-alta intensità in un breve intervallo di tempo;
  • “ritardati” o cronici, dovuti ad un esposizione di bassa intensità in un periodo di tempo lungo.

Gli effetti acuti sono gli unici di cui si ha un riscontro scientifico certo; numerosi studi hanno infatti rilevato che esposizioni di questo tipo possono portare ad un innalzamento della temperatura corporea e possibili conseguenze sull’apparato visivo o sulla fertilità maschile.
Di difficile inquadramento risulta invece la definizione degli effetti cronici: solo per esposizioni durature a campi ad alta intensità e bassa frequenza (come ad esempio le esposizioni a CEM da elettrodotti), alcuni studi epidemiologici hanno dimostrato un maggiore rischio.

La normativa di riferimento per le NIR

Ad oggi non sono state ottenute risposte certe al problema degli effetti dei CEM sulla salute umana. La legislazione italiana, sulla scorta di numerose direttive europee, ha cercato di definire dei limiti di esposizione ragionevoli, rifacendosi al c.d. “principio di cautela”.
La disciplina normativa sulle NIR, di cui alla tabella sottostante, trova nella Legge Quadro n. 36 del 2001 sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici, il primo testo organico relativo alla disciplina dei campi elettromagnetici, e pertiene tutti gli impianti, i sistemi e le apparecchiature per usi civili e militari che possono produrre l’esposizione della popolazione e dei lavoratori ai campi elettromagnetici compresi tra 0 Hz (Hertz) e 300 GHz (GigaHertz).
Alle disposizioni di cui alla L. 36/2001, si aggiungono quelle del D.L. 179/2016, convertito nella L. 221/2012, il Legislatore interviene sul tema della diffusione delle tecnologie digitali (art. 14, D.L. 221/2012, “Interventi per la diffusione delle tecnologie digitali”), ed in particolare nell’ambito del completamento del Piano nazionale banda larga (c. 1).

Le definizioni di limite di esposizione, valore di attenzione e obiettivi di qualità

Con l’art. 3 vengono stabilite le definizioni fondanti la disciplina:

  1. il “limite di esposizione”, rappresentato dal valore di campo elettrico, magnetico ed elettromagnetico, considerato come valore di emissione, definito ai fini della tutela della salute da effetti acuti, che non deve essere superato in alcuna condizione di esposizione, della popolazione e dei lavoratori;
  2. il “valore di attenzione”, costituito dal valore di campo elettrico, magnetico, ed elettromagnetico, considerato come valore di immissione, che non deve essere superato negli ambienti abitativi, scolastici, e nei luoghi adibiti a permanenze prolungate;
  3. gli “obiettivi di qualità”, da conseguire nel breve, medio e lungo periodo per la minimizzazione delle esposizioni, con riferimento a:
  • i criteri localizzativi, gli standard urbanistici, le prescrizioni e le incentivazioni per l’utilizzo delle migliori tecniche disponibili, indicati dalle leggi regionali, secondo competenze definite dall’articolo 8 della Legge quadro;
  • i valori di campo elettrico, elettromagnetico definiti dallo Stato ai fini della progressiva miticizzazione dell’esposizione ai campi medesimi.

Esposizione a Campi elettromagnetici: normativa

La L. 36/2001 attribuisce competenze in materia di campi elettromagnetici come di seguito indicato:

  • allo Stato spetta il compito di definire i limiti di esposizione, i valori di attenzione e gli obiettivi di qualità, la promozione delle attività di ricerca e di sperimentazione tecnico-scientifica nonché di ricerca epidemiologica e lo sviluppo di un catasto nazionale delle sorgenti;
  • le Regioni invece stabiliscono le modalità per il rilascio delle autorizzazioni all’installazione degli impianti, la realizzazione del catasto regionale delle sorgenti, l’individuazione di strumenti e azioni per il raggiungimento di obiettivi di qualità;
  • le ARPA regionali si occupano dell’attività di vigilanza e controllo a supporto tecnico delle relative funzioni assegnate agli enti locali;
  • i Comuni e le Province svolgono anch’essi funzioni di controllo e vigilanza nel loro ambito di attività.

La Legge Quadro stabilisce che la fissazione dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità sopra definiti venga fatta attraverso una serie di Decreti applicativi, e ciò è avvenuto nella forma del D.P.C.M.

I limiti per l’esposizione fissati dalla Legge Quadro

In particolare, ad oggi, risultano fissati solo i limiti per l’esposizione alle seguenti frequenze:

  • frequenze di rete (50 Hz), generati dagli elettrodotti (mediante il D.P.C.M. 8 luglio 2003, c.d. disciplina ELF);

Il Decreto disciplina, a livello nazionale, in materia di esposizione della popolazione ai campi elettrici e magnetici a bassa frequenza (50 Hz), i seguenti:

  • limiti per il campo elettrico (5 kV/m);
  • limiti per l’induzione magnetica (100 µT);
  • valori di attenzione (10 µT) e gli obiettivi di qualità (3 µT) per l’induzione magnetica.

Il primo D.P.C.M. 8 luglio 2003

Il D.P.C.M. 8 luglio 2003 (recante “fissazione dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità per la protezione della popolazione dalle esposizioni ai campi elettrici e magnetici alla frequenza di rete (50 Hz) generati dagli elettrodotti”), prevede, inoltre, la determinazione di distanze di rispetto dalle linee elettriche secondo quanto stabilito dal D.M. 29 maggio 2008, recante “approvazione della metodologia di calcolo per la determinazione delle fasce di rispetto degli elettrodotti”, che si applica agli elettrodotti esistenti e in progetto, con linee aeree o interrate, facendo riferimento all’obiettivo di qualità di 3 µT per l’induzione magnetica, così come stabilito dall’art. 6 del suddetto D.P.C.M. Tale metodologia stabilisce esclusioni per alcune tipologie di linee, tra cui le linee telefoniche, telegrafiche e a bassa tensione.

Il secondo D.P.C.M. 8 luglio 2003

Invece, un secondo D.M. approvato sempre in data 8 luglio 2003 (recante “approvazione delle procedure di misura e valutazione dell’induzione magnetica”, che si applica a tutti gli elettrodotti, definiti nell’art. 3 lett. c) della citata L. n. 36), delinea la procedura per la determinazione e la valutazione del valore di induzione magnetica utile ai fini della verifica del non superamento dei sopra citati valore di attenzione (10 µT) e obiettivo di qualità (3 µT).
frequenze comprese tra 100 kHz e 300 GHz (mediante il D.P.C.M. 8 luglio 2003, c.d. disciplina RF).
Con il secondo dei citati D.P.C.M. emanati in data 8 luglio 2003, vengono stabiliti:

  • i limiti di esposizione, in modo differenziato per tre intervalli di frequenza; per esempio per le frequenze dei dispositivi delle telefonia mobile i limiti di esposizione sono pari a 20 V/m per il campo elettrico;
  • il valore di attenzione di 6 V/m per il campo elettrico, da applicare per esposizioni in luoghi in cui la permanenza di persone è superiore a 4 ore giornaliere;
  • l’obiettivo di qualità di 6 V/m per il campo elettrico, da applicare all’aperto in aree e luoghi intensamente frequentati.

Il D.Lgs. 259/2003 – il Codice delle Comunicazioni elettroniche

Occorre ricordare inoltre che, con il D.Lgs. 259/2003 (Codice delle comunicazioni elettroniche), vengono definiti su scala nazionale le modalità per l’installazione degli impianti per telefonia mobile e per gli apparati di radio-telecomunicazione; con tale procedura si prescrive che l’interessato chieda autorizzazione o effettui denuncia di inizio attività (a seconda si tratti di trasmettitori con potenza superiore o inferiore a 20 W), presso l’Ente locale, allegando la documentazione tecnica del caso (inclusa la valutazione d’impatto elettromagnetico per le antenne sopra i 20 W), nel rispetto delle soglie di campo elettromagnetico fissate dalla normativa.
Per i limiti relativi alle esposizioni a campi con frequenze comprese tra 0 Hz e 100 kHz generati da sorgenti non riconducibili agli elettrodotti, si applica l’insieme completo delle restrizioni stabilite nella raccomandazione del Consiglio dell’Unione Europea del 12 luglio 1999 (art. 1, c. 2, del D.P.C.M. 8 luglio 2003, n. 200).

Campi elettromagnetici e ambienti di lavoro: normativa

È opportuno sottolineare che i valori limite contenuti nei due D.P.C.M. appena descritti non si applicano agli ambienti di lavoro, per i quali continuano a valere le norme settoriali; a tal proposito la disciplina interna dovrà essere modellata sulle prescrizioni fornite dal Legislatore comunitario con la Direttiva 2013/35/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio dell’Unione Europea del 26 giugno 2013 recante “disposizioni minime di sicurezza e di salute relative all’esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (campi elettromagnetici)”, che sostituisce la Direttiva 2004/40/CE del 29 aprile 2004, abrogata il 29 giugno 2013: infatti essa dovrà essere recepita dagli Stati Membri della UE entro il 1° luglio 2016.

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Antonio Mazzuca

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