Ergonomia cognitiva

Il ruolo dell’ergonomia cognitiva nel lavoro da remoto

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L’ergonomia cognitiva è quella disciplina che si occupa dell’interazione tra la mente umana, gli ambienti e gli strumenti di lavoro e suggerisce soluzioni per la progettazione di strumenti sempre più adatti a rendere, tale interazione, efficace efficiente e sicura.

Il nuovo lavoro da remoto

Per far fronte al periodo di lock-down dichiarato nel 2020, le aziende si sono dovute “adattare” rapidamente a un modo di lavorare completamente diverso che ha comportato il ricorso in massa a forme di lavoro da remoto.

Ad oggi, superata la fase di affanno, siamo probabilmente consapevoli della necessità di pensare ad una stabilizzazione del lavoro in remoto, come naturale conseguenza di un processo di cambiamento tecnologico e sociale inarrestabile.

Il mobile worker

Il nuovo lavoratore sarà un mobile worker che potrebbe non avere necessità di un contatto diretto con i propri colleghi, se non saltuariamente. Potrebbe non avere neanche uno spazio proprio nell’edificio che ospita la sede della società per la quale lavora; una società che potrebbe non avere la necessità di una sede propria, purché abbia a disposizione uno spazio in determinate circostanze e le necessarie infrastrutture informatiche.

Un mobile worker la cui prestazione verrà valutata solo (o prevalentemente) in base al risultato atteso e non all’impegno (al tempo) necessario per ottenere quel risultato.

Verso un nuovo sistema di welfare

Nel prossimo futuro molte imprese potrebbero ritenere più conveniente e produttivo recidere qualsiasi legame di dipendenza con una parte dei lavoratori la cui prestazione verrà valutata solo in base al risultato atteso e non all’impegno necessario per ottenere quel risultato. Questo processo probabilmente determinerà una crescita del lavoro autonomo, che potrebbe diventare la modalità più diffusa di lavoro. Occorrerà rivedere le tutele da garantire a questi lavoratori e ripensare il sistema di welfare che si è sviluppato quando il lavoro era soprattutto lavoro dipendente.

Se da un lato, quindi, per il nuovo mobile worker ci saranno anche molti aspetti positivi quali la soddisfazione e motivazione per un lavoro che promette di lasciarci più libertà nel bilanciare la vita privata con il tempo di lavoro, dall’altro proprio la mancanza di un confine netto tra lavoro e vita privata fa sorgere molte preoccupazioni: la maggiore autonomia, il rapporto di fiducia alla base di tale modalità di lavoro, responsabilizza ulteriormente il lavoratore in un rapporto centrato soprattutto sul raggiungimento degli obiettivi e non sull’orario di lavoro.

Occorre anche prevedere forme di tutela del diritto alla sicurezza sul lavoro per i nuovi lavoratori autonomi. Regolamentare le incombenze che ricadranno sugli utilizzatori di questa modalità di lavoro e quelle che rimarranno in capo al lavoratore divenuto un “artigiano del digitale”, un libero professionista.

Il ruolo dell’ergonomia cognitiva

In questo nuovo scenario sembra che debba essere l’ergonomia cognitiva ad essere al centro dell’interesse, a richiedere la maggiore attenzione da parte di chi si occupa di tutelare la salute e sicurezza sul lavoro.

Così come nella fabbrica della prima e seconda industrializzazione erano la fatica fisica e le sostanze inquinanti a riscuotere il maggiore interesse, e poi negli uffici della società della comunicazione, la postura e l’ergonomia biomeccanica.

L’ergonomia cognitiva si occuperà quindi di comprendere e minimizzare i rischi “psico-sociali”.

A questi si aggiungeranno nuovi rischi, legati alle nuove modalità di lavoro (che non riguarderanno solo il lavoro d’ufficio), e nuove modalità di affrontare i tradizionali rischi supportati dall’intelligenza artificiale e dai cobot.

L’ergonomia cognitiva si occuperà anche di comprendere come i lavoratori sapranno interagire con gli strumenti che nella fabbrica 4.0 si occuperanno di ridurre il carico bio-meccanico, su un lavoratore che dovrà restare al lavoro più a lungo di quanto avveniva nel secolo scorso, e contrastare l’invecchiamento della popolazione.

La velocità nei cambiamenti, l’eliminazione di confini tra vita privata e vita lavorativa e la virtualizzazione delle relazioni umane nell’ambiente di lavoro costituiscono fattori che possono scatenare condizioni di disagio.

Proprio l’ergonomia cognitiva ci suggerisce un uso attento degli strumenti organizzativi. L’organizzazione del lavoro agile ci suggerisce di valorizzare e utilizzare strumenti che l’ergonomia condivide con le scienze organizzative, con un approccio (proprio dell’ergonomia) globale, interdisciplinare e partecipativo, volto al benessere psico-fisico del lavoratore che, in questo modo, può essere messo nelle condizioni di una maggiore produttività.

L’ergonomia cognitiva in breve

  1. Cosa si intende per ergonomia cognitiva?

    L’ergonomia cognitiva riguarda l’analisi degli effetti che – gli strumenti che utilizziamo, le modalità con le quali li utilizziamo e l’ambiente di lavoro – producono sulla parte psicologica e cerebrale.

  2. Di quali aspetti si occupa l’ergonomia cognitiva?

    L’ergonomia cognitiva si occupa dei fattori di rischio psicosociali (in particolare lo stress lavoro-correlato) e tra questi i fenomeni connessi all’uso delle tecnologie dell’informazione e delle comunicazioni (ICT) e gli effetti che queste producono.
     

Per approfondire

«Ergonomia 4.0: riflessioni su nuove forme di lavoro e smart working dopo la pandemia»

di Paolo Gentile, in Ambiente & Sicurezza sul Lavoro, gennaio 2021, EPC Editore.

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