Il Ministero della transizione ecologica ha dato risposta ai quesiti in materia di “Economia circolare” nella sezione omonima della pagina “Informazioni ambientali” che riporta tutti gli interpelli ambientali che l MiTe è tenuto a riportare ai sensi del nuovo art. 3 septies del D.Lgs. n.152/2006, Testo Unico Ambiente (come modificato dal DL Semplificazioni che ha introdotto la procedura di interpello ambientale).
- Le considerazioni riportate negli interpelli sono da ritenersi pertinenti e valide in relazione al quesito formulato, escludendo qualsiasi riferimento a specifiche procedure o procedimenti eventualmente in corso.
- In questa pagina tutti i quesiti presentati in materia di economia circolare e le risposte fornite con link all’atto originario per una consultazione completa dell’interpretazione ministeriale.
Nell'articolo
Interpello n. 56467 del 6 maggio 2021 – PFU e rimborso del contributo ambientale
Con Interpello n.56467/2022 il Ministero risponde ad un quesito proveniente da un Comune del Lazio sull’obbligo di gestione degli pneumatici fuori uso ed i relativi contributi
In base alle disposizioni contenute nell’articolo 228 del TUA, i produttori e gli importatori degli pneumatici sono tenuti a provvedere, singolarmente o in forma associata, alla gestione di quantitativi di pneumatici fuori uso equivalenti al 95% del peso di quelli dai medesimi immessi sul mercato nell’anno precedente.
Pneumatici: la copertura dei costi
La copertura dei costi relativi a tale onere è assicurata da un contributo a carico degli utenti finali. Il produttore o l’importatore determinano e applicano il rispettivo contributo vigente alla data della immissione del pneumatico nel mercato nazionale del ricambio.
Secondo il Ministero, questo contributo, parte integrante del corrispettivo di vendita, va assoggettato ad IVA e rimane invariato in tutte le successive fasi di commercializzazione del pneumatico con l’obbligo, per ciascun rivenditore, di indicare in modo chiaro e distinto in fattura il contributo pagato all’atto dell’acquisto.
Pneumatici: quando applicare il contributo?
L’obbligo di applicazione del contributo nelle fasi successive a quella dell’immissione sul mercato del ricambio, ossia il momento in cui lo pneumatico è oggetto per la prima volta di vendita per la distribuzione, o per il consumo o uso sul mercato nazionale, non può essere derogato qualora lo pneumatico sia successivamente trasferito ad un mercato diverso.
Pneumatici senza indicazione del contributo
La commercializzazione degli pneumatici senza indicazione del contributo in fattura non consente al distributore/rivenditore di ottenere il rimborso del contributo già corrisposto.
Viceversa, ai sensi dell’art 6, comma 5 del DM 182 del 2019 il rimborso del contributo può essere richiesto dal rivenditore che ha esportato gli pneumatici, al proprio fornitore entro e non oltre 6 mesi dalla data indicata nella fattura d’acquisto emessa da detto fornitore relativamente agli pneumatici oggetto di esportazione, allegando la documentazione che ne comprova l’avvenuta esportazione, tra cui gli estremi della fattura emessa per l’esportazione e quelli del documento di trasporto al di fuori del territorio nazionale.
Interpello n.28965 dell’8 marzo 2022 – Ritiro di rifiuti urbani domestici al di fuori del servizio pubblico di raccolta dei rifiuti urbani
Con Interpello n.28965/2022 il Ministero chiarisce sul ritiro di rifiuti urbani prodotti da utenze domestiche da parte di imprese di recupero che agiscono al di fuori del servizio pubblico di raccolta dei rifiuti urbani.
La Regione Piemonte chiedeva se
- Le imprese di raccolta e/o di recupero di materia che non operano all’interno del servizio pubblico di gestione dei rifiuti urbani possano ritirare rifiuti urbani di origine domestica;
- quali siano le modalità per gestire tali conferimenti (con quali titoli le imprese esercitare le attività di raccolta e recupero dei rifiuti soggetti a privativa pubblica)
- a quali precise e praticabili condizioni possa essere effettuato il conferimento dei rifiuti urbani di origine domestica non siano sempre soggetti al regime di privativa.
Il Ministero della transizione ecologica risponde ai diversi quesiti. Li raccogliamo nelle principali domande alle quali il Ministero fornisce una specifica risposta.
Le attività di raccolta e di trasporto dei rifiuti urbani, indipendentemente che essi siano destinati allo smaltimento (in regime di privativa) o al recupero (libero mercato), rientrano nella competenza dei comuni ovvero degli Enti di Governo di Ambito Territoriale Ottimale (EGATO), anche ai fini del raggiungimento degli obiettivi di raccolta differenziata dei rifiuti urbani.
I cittadini siano tenuti a conferire i propri rifiuti nell’ambito del servizio di raccolta pubblico e non possano autonomamente scegliere soggetti diversi dal gestore, individuato dall’amministrazione, per il ritiro degli stessi.
Il Ministero a proposito del secondo quesito ricorda che il D. Lgs. 3 settembre 2020, n. 116 ha introdotto l’articolo 185-bis, con il quale sono state definite le condizioni necessarie per effettuare il raggruppamento dei rifiuti, ai fini del trasporto degli stessi in un impianto di recupero o smaltimento, come deposito temporaneo.
Possono effettuare tale deposito anche ai distributori, presso i locali del proprio punto vendita, esclusivamente per i rifiuti soggetti a EPR.
Per la pianificazione del servizio integrato di gestione dei rifiuti, della tracciabilità e del raggiungimento degli specifici obiettivi di raccolta e di recupero, le modalità di gestione dei depositi temporanei prima della raccolta dei rifiuti sottoposti a regime di EPR, dovrebbe essere opportunamente regolata mediante accordi tra distributori, sistemi di gestione individuali o collettivi, e comuni ovvero gli EGATO, laddove costituiti ed operanti.
Quanto alla gestione selettiva delle bottiglie in PET per uso alimentare, il Consorzio CORIPET ha messo in atto un apposito sistema finalizzato, che prevede la stipula di un accordo con l’Anci con il quale è disciplinato anche il flusso sperimentale della raccolta selettiva delle bottiglie in PET, stabilendo la cornice per l’installazione degli ecocompattatori su suolo pubblico e privato. Il Consorzio, quindi, con le medesime finalità sopra riportate, è tenuto a comunicare ai Comuni, sottoscrittori delle convenzioni, i dati sulla performance di intercettazione dei singoli ecocompattatori installati, che saranno conteggiati e sommati a quelli della raccolta RD tradizionale ai fini del raggiungimento degli obiettivi di legge e del rispetto del Piano Economico Finanziario per la determinazione della tariffa.
Per quanto attiene le raccolte dedicate di altre particolari tipologie di rifiuti in particolare le AEE, il Ministero richiama l’articolo 11, del Decreto Legislativo n. 49/2014, che dispone l’obbligo per i distributori di assicurare, al momento della fornitura di una nuova apparecchiatura elettrica ed elettronica (AEE) destinata ad un nucleo domestico, il ritiro gratuito, in ragione di uno contro uno, dell’apparecchiatura usata di tipo equivalente.
Costituisce fase della raccolta anche il deposito preliminare dei RAEE, effettuato dai distributori presso i locali del proprio punto vendita al fine del loro trasporto presso i centri di raccolta comunali o presso i centri di raccolta autorizzati, ai sensi degli articoli 208, 213 e 216 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, o presso impianti autorizzati al trattamento adeguato.
In modo analogo, l’articolo 4 del Decreto Ministeriale n. 121/2016, dispone che i distributori effettuino il ritiro dei RAEE di piccolissime dimensioni provenienti dai nuclei domestici, a titolo gratuito e senza obbligo di acquisto di AEE di tipo equivalente (criterio dell’uno contro zero) all’interno dei locali del punto di vendita del distributore.
Il ritiro dei RAEE, presso i distributori o presso i centri di raccolta comunali, nei quali è organizzata la raccolta di tali tipologie di rifiuti da parte dei Comuni, obbligati ad assicurare la funzionalità e l’adeguatezza dei sistemi di raccolta differenziata dei RAEE provenienti dai nuclei domestici, è garantito dai produttori sulla base di apposite convenzioni stipulate con i sistemi individuali ovvero con il Centro di Coordinamento, nel caso dei sistemi collettivi.
È evidente, chiude il MiTE che un tale sistema consente la tracciabilità dei RAEE e il conseguente monitoraggio dei quantitativi ai fini del raggiungimento degli obiettivi stabiliti dalla norma.
Per approfondire in materia di gestione dei RAEE
Interpello n. 32592 del 15 marzo 2022: Classificazione dei rifiuti decadenti dal trattamento dei rifiuti urbani
Due nuovi interpelli presentati al Ministero della Transizione ecologica hanno riguardato l’art. 3-septies D.Lgs. 152/2006 sulla classificazione dei rifiuti decadenti dal trattamento dei rifiuti urbani per il loro successivo smaltimento in siti di discarica.
L’interpello 32592/21: il quesito del Consorzio di Bacino dei rifiuti dell’Astigiano e dal Comune di Alliano (AT)
I due Comuni hanno chiesto se
- il rifiuto decadente dall’esclusivo trattamento meccanico, costituito da tritovagliatura e deferrizzazione del rifiuto urbano indifferenziato riconducibile al Cod. EER 20 03 01 “rifiuti urbani non differenziati” va considerarsi urbano o speciale;
- in caso tale rifiuto fosse urbano, se fosse possibile attribuire la codifica EER 19 12 12 “altri rifiuti (compresi materiali misti) prodotti dal trattamento meccanico di rifiuti, diversi da quelli di cui alla voce 19 12 11”, o viceversa, sia possibile o necessario mantenere la codifica originaria come Cod. EER 20 03 01 “rifiuti urbani non differenziati”;
- se il criterio di classificazione individuato (sopra)
- si applichi al rifiuto decadente dalla lavorazione meccanica di frazioni di raccolta differenziata di rifiuto urbano
- si applichi anche al rifiuto decadente dal trattamento meccanico del rifiuto urbano “ingombrante” sottoposto ad una mera e grossolana selezione manuale e successiva triturazione.
Interpello 32592/21: la risposta del MiTE
Il Ministero richiama la disciplina applicabile nella risposta all’interpello: l’art. 18 e 182-bis e 184 del Codice Ambiente.
- Con riferimento al Rifiuto decadente dall’esclusivo trattamento meccanico, costituito da tritovagliatura e deferrizzazione del rifiuto urbano indifferenziato, trova applicazione la sentenza della Corte di Giustizia UE, dell’11novembre 2021 relativa alla causa C-315/20, che conferma il regime giuridico di “rifiuti urbani” per i rifiuti provenienti da TMB e conseguentemente, l’applicazione del principio di prossimità anche nell’eventualità di trattamento meccanico con cambio di codice EER.
- Per l’attribuzione del codice EER occorre far riferimento alle “Linee guida sulla classificazione dei rifiuti” del Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente, approvate con Decreto Direttoriale n. 47 del 9 agosto 2021, che al paragrafo 3.5.9. recano:
- “Il sopravaglio prodotto dalle fasi di pre-trattamento e post-trattamento meccanico dei rifiuti urbani è classificabile con le seguenti voci dell’elenco europeo:
- 19 12 11* altri rifiuti (compresi materiali misti) prodotti dal trattamento meccanico dei rifiuti, contenenti sostanze pericolose
- 19 12 12 altri rifiuti (compresi materiali misti) prodotti dal trattamento meccanico dei rifiuti, diversi da quelli di cui alla voce 19 12 11”
- Il Ministero esclude quindi la possibilità di mantenere la codifica originaria 20 03 01 “rifiuti urbani non differenziati”.
- Per quanto attiene all’ultimo quesito, secondo il MITE occorre nuovamente far riferimento alla procedura di attribuzione della codifica secondo le linee guida SNPA, paragrafo 3.2 “Criteri per l’individuazione del codice dell’elenco europeo dei rifiuti”. Pur in mancanza di un preciso riferimento ai codici EER indicati nel quesito, la citata procedura, prevede l’attribuzione di codici appartenenti al capitolo 19 per i “rifiuti prodotti da impianti di trattamento dei rifiuti”.
Sul criterio di prossimità del trattamento di rifiuti
Secondo il Ministero, anche operazioni di mero trattamento meccanico possono apportare modifiche al rifiuto, se non dal punto di vista chimico, quantomeno da quello fisico. Pertanto, per qualsivoglia tipologia di rifiuto, pur in mancanza di obblighi normativi, una chiusura del ciclo il più vicina possibile al luogo di produzione, in una logica di prossimità ed in coordinamento con il criterio di specializzazione degli impianti, può rappresentare la migliore soluzione volta a garantire un alto grado di protezione dell’ambiente e della salute pubblica.
Interpello n.22521 del 23 febbraio 2022: Discariche e conservazione dei registri di carico e scarico
Il nuovo interpello presentato alla Direzione generale riguarda le disposizioni del Codice Ambiente in materia di discariche e registri di carico e scarico dei rifiuti.
Si chiede di chiarire in merito a
- l’interpretazione del concetto “termine dell’attività” contenuto nell’articolo 190, comma 3, del Dlgs 152/2006 nella versione previgente alle modifiche apportate dal Dlgs 205/2010;
- modalità e tempistica di conservazione della documentazione ricevuta dalla autorità che ha rilasciato il titolo abilitativo all’esercizio dell’impianto al termine della fase post operativa della discarica.
Articolo 190 (Registro cronologico di carico e scarico). 1. Chiunque effettua a titolo professionale attivita' di raccolta e trasporto di rifiuti, i commercianti e gli intermediari di rifiuti senza detenzione, le imprese e gli enti che effettuano operazioni di recupero e di smaltimento di rifiuti, i Consorzi e i sistemi riconosciuti, istituiti per il recupero e riciclaggio degli imballaggi e di particolari tipologie di rifiuti, nonche' le imprese e gli enti produttori iniziali di rifiuti pericolosi e le imprese e gli enti produttori iniziali di rifiuti non pericolosi di cui all'articolo 184, comma 3, lettere c), d) e g), ha l'obbligo di tenere un registro cronologico di carico e scarico, in cui sono indicati per ogni tipologia di rifiuto la quantita' prodotta, la natura e l'origine di tali rifiuti e la quantita' dei prodotti e materiali ottenuti dalle operazioni di trattamento quali preparazione per riutilizzo, riciclaggio e altre operazioni di recupero nonche', laddove previsto, gli estremi del formulario di identificazione di cui all'articolo 193. 2. Il modello di registro cronologico di carico e scarico e' disciplinato con il decreto di cui all'articolo 188-bis, comma 1. Fino alla data di entrata in vigore del suddetto decreto continuano ad applicarsi le disposizioni di cui al decreto del Ministro dell'ambiente 1° aprile 1998, n. 148, nonche' le disposizioni relative alla numerazione e vidimazione dei registri da parte delle Camere di commercio territorialmente competenti con le procedure e le modalita' fissate dalla normativa sui registri IVA. 3. Le annotazioni di cui al comma 1, da riportare nel registro cronologico, sono effettuate: a) per i produttori iniziali, almeno entro dieci giorni lavorativi dalla produzione del rifiuto e dallo scarico del medesimo; b) per i soggetti che effettuano la raccolta e il trasporto, almeno entro dieci giorni lavorativi dalla data di consegna dei rifiuti all'impianto di destino; c) per i commercianti, gli intermediari e i consorzi, almeno entro dieci giorni lavorativi dalla data di consegna dei rifiuti all'impianto di destino; d) per i soggetti che effettuano le operazioni di recupero e di smaltimento, entro due giorni lavorativi dalla presa in carico dei rifiuti. 4. I soggetti e le organizzazioni di cui agli articoli 221, comma 3, lettere a) e c), 223, 224, 228, 233, 234 e 236, possono adempiere all'obbligo di cui al comma 1 tramite ((analoghe evidenze documentali o gestionali)). 5. Sono esonerati dall'obbligo di cui al comma 1 gli imprenditori agricoli di cui all'articolo 2135 del codice civile, con un volume di affari annuo non superiore a euro ottomila, le imprese che raccolgono e trasportano i propri rifiuti non pericolosi, di cui all'articolo 212, comma 8, nonche', per i soli rifiuti non pericolosi, le imprese e gli enti produttori iniziali che non hanno piu' di dieci dipendenti. 6. Gli imprenditori agricoli di cui all'articolo 2135 del codice civile produttori iniziali di rifiuti pericolosi, nonche' i soggetti esercenti attivita' ricadenti nell'ambito dei codici ATECO 96.02.01, 96.02.02, 96.02.03 e 96.09.02 che producono rifiuti pericolosi, compresi quelli aventi codice EER 18.01.03*, relativi ad aghi, siringhe e oggetti taglienti usati ed i produttori di rifiuti pericolosi non rientranti in organizzazione di ente o impresa, quando obbligati alla tenuta del registro ai sensi del comma 1, possono adempiere all'obbligo con una delle seguenti modalita': a) con la conservazione progressiva per tre anni del formulario di identificazione di cui all'articolo 193, comma 1, relativo al trasporto dei rifiuti o dei documenti sostitutivi previsti dall'articolo 193; b) con la conservazione per tre anni del documento di conferimento rilasciato dal soggetto che provvede alla raccolta di detti rifiuti nell'ambito del circuito organizzato di raccolta di cui all'articolo 183. Tale modalita' e' valida anche ai fini della comunicazione al catasto di cui all'articolo 189. 7. I soggetti la cui produzione annua di rifiuti non eccede le venti tonnellate di rifiuti non pericolosi e le quattro tonnellate di rifiuti pericolosi, in luogo della tenuta in proprio dei registri di carico e scarico dei rifiuti, possono adempiere tramite le organizzazioni di categoria interessate o loro societa' di servizi che provvedono ad annotare i dati con cadenza mensile, mantenendo presso la sede operativa dell'impresa copia delle annotazioni o, comunque, rendendola tempestivamente disponibile su richiesta degli organi di controllo. 8. Per le attivita' di gestione dei rifiuti costituiti da rottami ferrosi e non ferrosi, gli obblighi connessi alla tenuta dei registri di carico e scarico si intendono assolti anche tramite l'utilizzo dei registri IVA di acquisto e di vendita secondo le procedure e le modalita' fissate dall'articolo 39 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 e successive modifiche. 9. Le operazioni di gestione dei centri di raccolta di cui all'articolo 183 sono escluse dagli obblighi del presente articolo limitatamente ai rifiuti non pericolosi. Per i rifiuti pericolosi la registrazione del carico e dello scarico puo' essere effettuata contestualmente al momento dell'uscita dei rifiuti stessi dal centro di raccolta e in maniera cumulativa per ciascun codice dell'elenco dei rifiuti. 10. I registri sono tenuti, o resi accessibili, presso ogni impianto di produzione, di stoccaggio, di recupero e di smaltimento di rifiuti, ovvero per le imprese che effettuano attivita' di raccolta e trasporto e per i commercianti e gli intermediari, presso la sede operativa. I registri, integrati con i formulari di cui all'articolo 193 relativi al trasporto dei rifiuti, sono conservati per tre anni dalla data dell'ultima registrazione. I registri relativi alle operazioni di smaltimento dei rifiuti in discarica devono essere conservati a tempo indeterminato e consegnati all'autorita' che ha rilasciato l'autorizzazione, alla chiusura dell'impianto. I registri relativi agli impianti dismessi o non presidiati possono essere tenuti presso la sede legale del soggetto che gestisce l'impianto. 11. I registri relativi ai rifiuti prodotti dalle attivita' di manutenzione di cui all'articolo 230 possono essere tenuti nel luogo di produzione dei rifiuti, cosi' come definito dal medesimo articolo. Per rifiuti prodotti dalle attivita' di manutenzione di impianti e infrastrutture a rete e degli impianti a queste connessi, i registri possono essere tenuti presso le sedi di coordinamento organizzativo del gestore, o altro centro equivalente, previa comunicazione all'ARPA territorialmente competente ovvero al Registro elettronico nazionale di cui all'articolo 188-bis. 12. Le informazioni contenute nel registro sono utilizzate anche ai fini della comunicazione annuale al Catasto di cui all'articolo 189. 13. Le informazioni contenute nel registro sono rese disponibili in qualunque momento all'autorita' di controllo che ne faccia richiesta
Quando consegnare la documentazione sulle discariche all’autorità?
Il momento in cui il gestore è tenuto a consegnare la documentazione all’ente che ha rilasciato il titolo abilitativo all’esercizio dell’impianto, sia nella norma previgente al D.lgs. 205/2010 che nella norma vigente (Codice Ambiente), è riconducibile alla conclusione della gestione post-operativa dell’impianto medesimo, spiega il Ministero nella risposta all’interpello.
Tenuta dei Registri di carico e scarico: per quanto tempo?
L’art. 190 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.152, indica il “tempo indeterminato” per la tenuta del registro di carico e scarico da parte del gestore della discarica, così da garantire una corretta gestione dei rifiuti in tutte le fasi, dal produttore al trasportatore e ai destinatari addetti allo smaltimento. Inoltre, prevede un flusso di gestione documentale che tenga traccia di tutte le informazioni a garanzia della correttezza del procedimento in relazione alla quantità e qualità dei rifiuti, al percorso di trasporto, all’identificazione degli attori del processo.
Documentazione di carico e scarico: gli obblighi di conservazione dell’autorità
Ricorda il Ministero che anche l’Autorità che ha rilasciato l’autorizzazione è tenuta a conservare la documentazione (registri di carico e scarico) consegnata dal gestore, per un tempo sufficiente a garantire l’accessibilità all’informazione ambientale nel caso di necessità di un qualsiasi soggetto che ne faccia richiesta.
Registri di carico e scarico: la normativa amministrativa
Ricorda altresì il Ministero che quando i registri di carico e scarico vengono acquisiti dall’autorità competente, costituiscono un documento amministrativo detenuto dalla pubblica amministrazione e rientrano nella disciplina prevista dal DPR 28 dicembre 2000, n. 445 (il “Testo Unico in materia di documentazione amministrativa”). In base all’articolo 68 del DPR 445/2000, è prevista l’adozione da parte di ogni amministrazione di un proprio piano di conservazione, integrato con il sistema di classificazione degli atti, in cui definire i tempi di conservazione della documentazione prodotta ed acquisita, superati i quali è possibile procedere ad operazioni programmate ed organiche di selezione e scarto.
Interpello n.14980 dell’8 febbraio 2022 sui criteri delle Discariche preesistenti
Il quesito presentato al Ministero dell’Ambiente riguarda criteri costruttivi relativi alla copertura superficiale finale delle discariche già autorizzate.
Discariche: quali criteri costruttivi utilizzare?
I nuovi criteri costruttivi relativi alla copertura superficiale finale, introdotti con il Decreto Legislativo 121/2020, possono essere applicati anche a discariche autorizzate con i precedenti requisiti o si applicano solamente alle nuove discariche per le quali siano attuate anche le modifiche sul fondo di discarica ai sensi del D.Lgs. 121/2020.
Approfondisci sul Decreto nell’articolo di analisi!
Discariche: i criteri del D.Lgs. n.120/21
Secondo il Ministero, l’articolo 2 del decreto legislativo n. 121 del 2020, dispone l’applicazione delle norme specificate all’articolo 1, lettere i), n) e o), alle discariche di nuova realizzazione, nonché alla realizzazione di nuovi lotti delle discariche esistenti le cui domande di autorizzazione siano state presentate dopo la data dell’entrata in vigore dello stesso decreto legislativo.
La norma quindi, nulla dispone relativamente alle discariche esistenti già autorizzate per le quali non si intenda realizzare nuovi lotti, lasciando quindi alla discrezionalità del gestore dell’impianto di discarica la scelta di procedere alla copertura finale per come progettata e già autorizzata, ovvero di presentare all’autorità competente al rilascio del titolo abilitativo una proposta di modifica della copertura finale con adeguamento ai nuovi criteri costruttivi.
Quest’ultima ipotesi non è quindi preclusa per le discariche esistenti, purché le scelte progettuali siano in linea con le disposizioni di nuova introduzione e che le stesse garantiscano la tutela dell’ambiente e della salute, senza alcun pregiudizio per la gestione post operativa della discarica
Interpello n.14928 dell’8/2/22 sulla Corretta attribuzione del codice CER per il materiale prodotto dalla lavorazione degli PFU
Il Ministero dell’Ambiente risponde ad una richiesta di interpello della CONFETRA, Confederazione Generale Italiana dei Trasporti e della Logistica, sulla corretta attribuzione del codice del rifiuto prodotto da una prima lavorazione degli PFU, comunemente denominato “ciabattato”.
Risponde la Direzione generale Economia circolare (qui il testo dell’interpello completo)
Ciabattato: qual è il codice rifiuto?
Il codice appropriato da attribuire al ciabattato risulta il 19 12 04, in quanto rifiuto a base di gomma prodotto dalla triturazione degli PFU effettuata in un impianto di trattamento meccanico dei rifiuti.
Il codice 16 01 03 è attribuito esclusivamente all’intero pneumatico fuori uso
Cos’è il ciabattato?
Il ciabattato è prodotto da un processo di recupero che avviene attraverso la frantumazione degli pneumatici e l’estrazione dell’acciaio in essi contenuto, da cui si ottiene una miscela di materiali di pezzatura variabile.
Ciabattato: norma EN 14243
In particolare, il ciabattato rientra nella voce “shreds” (ciabatte) della norma EN 14243-1:2019, dimensioni tipicamente comprese tra i 20 e i 400 mm, e si differenzia dai materiali con pezzatura elevata (dimensioni tipicamente superiori ai 300 mm), indicati alla voce “cuts” (taglio primario) della stessa norma EN.
Considerate le dimensioni del materiale detto “chips” (cippato), tipicamente superiori ai 300 mm, indicate nella suddetta norma EN, una quota di cippato rientra nella classe dimensionale del ciabattato e, pertanto, quest’ultimo può essere considerato come una miscela eterogenea di materiali più grossolani e di materiali più fini.
Differenze fra Ciabattato e PFU
Sebbene la frantumazione non comporti una sostanziale variazione della composizione complessiva degli pneumatici fuori uso di origine, il ciabattato che ne deriva per effetto del trattamento, ha caratteristiche fisiche diverse rispetto agli PFU stoccati in cumulo, almeno in termini di forma e di pezzatura dimensionale, che ne determinano, ad esempio, un differente comportamento al dilavamento e alla propagazione della combustione e, dunque, differenti modalità gestionali ed operative.
In generale, infatti, i cumuli di PFU presentano spazi interni e percorsi dove l’aria circolante può facilitare la diffusione delle fiamme. Alla luce di quanto esposto, il codice appropriato da attribuire al ciabattato risulta il 19 12 04, in quanto rifiuto a base di gomma prodotto dalla triturazione degli PFU effettuata in un impianto di trattamento meccanico dei rifiuti, altresì il codice 16 01 03 è attribuito esclusivamente all’intero pneumatico fuori uso.
Interpello n. 25426 del 18 ottobre 2021 – Percolato in discarica
Il Ministero della transizione ecologica risponde con un nuovo interpello al Comune di Campobello di Mazara (TP) sull’iter autorizzativo finalizzato alle attività di trattamento del percolato di discarica con riferimento al decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36 che attua in Italia la direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti.
Percolato di discarica e smaltimento? Interpello del Comune di Campobello Mazara
Con istanza di interpello, il Comune di Campobello di Mazara (TP) ha richiesto un’interpretazione sulla corretta applicazione del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36 per definire l’iter autorizzativo finalizzato alle attività di trattamento del percolato di discarica, mediante la circolazione dello stesso all’interno di una delle vasche dell’impianto di smaltimento, prima del recapito in fognatura.
Percolato di discarica: come gestirlo?
Secondo il Ministero, il Decreto 36/2003 stabilisce che il percolato ed eventuali acque di ruscellamento dirette sul corpo dei rifiuti devono essere captati, raccolti e smaltiti per tutto il tempo di vita della discarica (gestione e post gestione), secondo quanto stabilito nell’autorizzazione, e comunque per un tempo non inferiore a 30 anni dalla data di chiusura definitiva dell’impianto.
Percolato di discarica: lo smaltimento, procedure
Inoltre, con riferimento all’Allegato 1 punto 2.3, segnala che “Il percolato prodotto dalla discarica e le acque raccolte devono essere preferibilmente trattati in loco in impianti tecnicamente idonei. Qualora particolari condizioni tecniche impediscano o non rendano ottimale tale soluzione, il percolato potrà essere conferito ad idonei impianti di trattamento autorizzati ai sensi della vigente disciplina sui rifiuti o, in alternativa, dopo idoneo trattamento, recapitato in fognatura nel rispetto dei limiti allo scarico stabiliti dall’ente gestore”.
Come smaltire il percolato in un impianto autorizzato?
Per questo, ricorda il MiTE,
- occorre il trattamento in loco presso un impianto autorizzato alla gestione dello specifico tipo di rifiuto. Le ulteriori possibilità previste dalla norma, quando particolari condizioni tecniche impediscono o comunque non rendono ottimale il trattamento in loco, possono essere, alternativamente:
- il conferimento ai fini del trattamento del percolato presso impianti autorizzati alla gestione dei rifiuti;
- il recapito del percolato, previo idoneo trattamento in impianto, nella rete fognaria: in questo caso occorre che il trattamento del rifiuto liquido finalizzato ad ottenere un rifiuto recapitabile, nel rispetto delle norme relative allo scarico, avvenga in fognatura.
Com’è identificato il percolato di discarica
Il percolato di discarica è identificato nell’elenco europeo dei rifiuti nel subcapitolo 19 07 con una voce specchio e, pertanto, l’idoneità all’eventuale trattamento deve essere subordinata, comunque, alla caratterizzazione necessaria a verificare la sussistenza o meno delle caratteristiche di pericolo.
Interpello n.84384 del 2/8/2021 – Operazioni di stoccaggio di rifiuti in ambito portuale
Nell’interpello una società intermediatrice di rifiuti chiede di sapere quale sia la corretta interpretazione da dare all’art. 208 comma 14 del Testo unico Ambiente (D.Lgs n. 152/2006) ed al rinvio che in esso viene fatto alla Legge n° 84/1994 e quanto sono estese le competenze attribuite dal Legislatore nazionale alle Autorità di Sistema Portuale (o le Autorità Marittime laddove le prime non siano presenti) con la Legge, chiarendo se la competenza delle stesse possa spingersi anche ad autorizzare, come è accaduto nel caso prospettato, operazioni di stoccaggio di rifiuti in aree
demaniali assimilabili alle operazioni di messa in riserva R13.
Occorre sempre un atto dell’autorità territorialmente competente in materia di autorizzazioni al trattamento dei rifiuti
(con la conseguenza che le uniche operazioni autorizzabili da parte delle Autorità di Sistema Portuale sarebbero quelle “operazioni portuali” di carico, scarico, trasbordo, maneggio e deposito di rifiuti in area portuale descritte nella Legge n. 84/1994)?
L’azienda chiede di chiarire se, nell’ambito delle “operazioni portuali” (svolte da ditte a ciò autorizzate ai sensi dell’art. 16 della Legge n° 84/1994), ai sensi del rinvio fatto dall’art. 208 comma 14 del Dlgs 152/2006, si possa far rientrare anche il deposito di rifiuti in banchina in attesa dell’imbarco sulla nave e se, in tal caso, sia ancora oggi operante l’assimilazione dei rifiuti alle merci (o merci pericolose) prevista in ambito portuale ai sensi dell’art., 265 comma 2 Dlgs 152/2006.
Interpello 84384/2021: la risposta del MiTE sul trasporto intermodale di rifiuti
Il Ministero della transizione ecologica risponde con riferimento al testo dell’articolo 208, comma 14 del TUA e nell’articolo 16 della legge n. 84 del 28 gennaio 1994 e chiarisce:
- la messa in riserva dei rifiuti (R13) elencata nell’Allegato C alla parte IV del decreto legislativo 152/2006 tra le attività di recupero, non rientra tra le operazioni di cui al citato articolo 16 della legge n. 84/1994, e pertanto è da ritenersi come attività da sottoporre ad autorizzazione ai sensi del decreto legislativo 152/2006;
- la necessità di disporre di specifiche autorizzazioni al trattamento dei rifiuti va valutata caso per caso, sulla base della verifica delle attività concretamente svolte in ambito portuale dal soggetto concessionario dell’area demaniale, e delle relative modalità e tempistiche, anche per l’eventuale applicazione di quanto previsto in materia di trasporto intermodale dall’articolo 193-bis del decreto legislativo 152/2006. Peraltro l’art. 265 co. 2 del d.lgs. 152/2006 non è stato abrogato, perciò è ancora possibile l’applicazione nelle singole fattispecie al di fuori dei casi disciplinati in modo specifico dal citato articolo 193-bis TUA relativo al trasporto intermodale, alle condizioni ivi indicate.
- Il Mite auspica che le autorizzazioni rilasciate dalle Autorità di sistema, o autorità marittime, o dalle autorità regionali, contengano adeguate motivazioni circa la disciplina applicata, le modalità di svolgimento delle attività autorizzate, nonché le prescrizioni atte a garantire la tracciabilità dei rifiuti e la completa tutela ambientale e sanitaria.
Interpello n.73116 del 7/7/2021: cessazione della qualifica di rifiuto per carta e cartone
In analisi il Decreto del Ministero dell’ambiente del 22 settembre 2020, n. 188 (GU n.33 del 09-02-2021) che regolamenta la disciplina della cessazione della qualifica di rifiuto da carta e cartone, ai sensi dell’articolo 184-ter, comma 2 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (leggi il nostro approfondimento) sul DM 188/2020).
L’istante chiede un chiarimento sulla dichiarazione di conformità alla norma UNI EN 643 per ogni lotto di materia Eow recuperate e l’indicazione dei due parametri: Componenti non cartacei; Totale materiale indesiderato.
L’accertamento vale per ogni singolo lotto? Sussiste una cadenza semestrale e al variare della qualità dei rifiuti?
DM 188/2020 – la risposta del MiITE all’Interpello sull’accertamento di qualità
L’accertamento di conformità dei requisiti di qualità deve essere eseguito alla prima produzione di carta EoW e su tutte le tipologie prodotte come da norma UNI EN 643 e successivamente ogni 6 mesi o al variare delle caratteristiche di qualità dei rifiuti in ingresso o del processo produttivo.
il MiTE, rispondendo alle domande circa le diverse interpretazioni circolate sull’argomento (e riportate nel quesito della Regione Toscana) esclude che l’analisi semestrale debba essere effettuata su ogni singolo lotto di produzione “salvo che non vi siano variazioni delle caratteristiche di qualità dei rifiuti in ingresso e delle condizioni operative”.
Cosa deve fare il produttore di carta e cartone ai sensi del DM 188/2020?
In base all’articolo 5, comma 1, aggiunge il Ministero, il produttore di carta e cartone recuperati deve
dichiarare, al termine del processo produttivo di ciascun lotto, per come definito all’articolo 2, comma 1, lettera c),
la conformità ai requisiti tecnici ai sensi dell’articolo 3 comma 1.
rilasciare le successive dichiarazioni sui singoli lotti prodotti entro sei mesi, sulla base dell’accertamento di conformità già in suo possesso, (salvo variazioni in ogni fase del ciclo produttivo, incluse quella relativa alle verifiche sui rifiuti in ingresso di carta e cartone).
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