Il rischio biologico sul posto di lavoro: come prevenirlo e gestirlo

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La valutazione del rischio biologico è uno degli obblighi in capo al datore di lavoro. Il titolo X del D.lgs. 81/2008, in quattro capi e 20 articoli (dal 266 al 286), prescrive le misure di prevenzione da adottare contro i rischi da esposizione professionale ad agenti biologici.

Cosa si intende per rischio biologico?

Per rischio biologico nei luoghi di lavoro si intende la probabilità, più o meno elevata, che gli agenti biologici possano arrecare danni di varia entità ai lavoratori.

Gli agenti biologici pericolosi per i lavoratori sono in genere microrganismi (naturali o modificati geneticamente dall’uomo) quali batteri, virus, funghi microscopici, ma anche parassiti microscopici o più grandi e animali responsabili di gravi reazioni allergiche o veicoli e vettori di malattie.

  1. Cos’è un agente biologico?

    L’agente biologico è qualsiasi microrganismo anche se geneticamente modificato, coltura cellulare ed endoparassita umano che potrebbe provocare infezioni, allergie o intossicazioni (art. 267 del D.lgs. 81/08)

Il rischio biologico nel D.Lgs. 81/08

Il D.Lgs. 81/08 e s.m.i. è la legge principale a cui si fa riferimento quando si parla di “rischio biologico” per i lavoratori. Nel Decreto sono presentate le modalità con cui si deve far fronte a questo rischio per evitare l’insorgenza di malattie infettive , intossicazione o effetti allergici.

Il Decreto tratta il rischio biologico nel Titolo X (Esposizione ad agenti biologici). Quando si usano microrganismi geneticamente modificati (MOGM) si deve applicare anche il D.Lgs. 206/2001. Il D. Lgs. 19/2014 introduce nel D.Lgs. 81/08 il Titolo X bis che tratta più in dettaglio la prevenzione delle ferite da oggetti pungenti e taglienti nelle attività sanitarie.

Agenti biologici: classificazione

Gli articoli 267 e 268 del D.Lgs. 81/08 presentano, rispettivamente, le definizioni di “agente biologico”, “microrganismo” e “coltura cellulare” e la classificazione degli agenti biologici in quattro gruppi secondo il rischio di infezione.

  1. Agente biologico del gruppo 1: un agente che presenta poche probabilità di causare malattie in soggetti umani (art. 268,c. 1, lett. a).
  2. Agente biologico del gruppo 2: un agente che può causare malattie in soggetti umani e costituire un rischio per i lavoratori; è poco probabile che si propaga nella comunità; sono di norma disponibili efficaci misure profilattiche o terapeutiche (art. 268,c. 1, lett. b).
  3. Agente biologico del gruppo 3: un agente che può causare malattie gravi in soggetti umani e costituisce un serio rischio per i lavoratori; l’agente biologico può propagarsi nella comunità, ma di norma sono disponibili efficaci misure profilattiche o terapeutiche (art. 268,c. 1, lett. c).
  4. Agente biologico del gruppo 4: un agente biologico che può provocare malattie gravi in soggetti umani e costituisce un serio rischio per i lavoratori e può presentare un elevato rischio di propagazione nella comunità; non sono disponibili, di norma, efficaci misure profilattiche o terapeutiche (art. 268, c. 1, lett. d).

Precisa il comma 2 dell’art. 268 che, nel caso in cui l’agente biologico non può essere attribuito in modo inequivocabile a uno dei gruppi, esso deve essere classificato nel gruppo di rischio più elevato tra le due possibilità.

Rischio biologico Covid-19

La pandemia da Covid-19 ha messo in evidenza l’importanza di conoscere e gestire il rischio da agenti infettivi nei luoghi di lavoro. Per garantire il contenimenti della diffusione di agenti altamente contagiosi, come il nuovo Coronavirus (SARS-COV-2), sia necessario intervenire a tutti i livelli dell’organizzazione del lavoro, non ultimo con la sensibilizzazione, l’informazione e formazione dei lavoratori.

All’elenco dei virus già riportato nell’allegato XLVI, l’art. 4 del D.L. n. 125 del 07/10/2020, in attuazione della direttiva (UE) 2020/739 della Commissione del 3 giugno 2020, ha aggiunto la voce “SARS-CoV-2”, il nuovo “Coronavirus 2 della Sindrome Respiratoria Acuta Grave” e lo ha classificato nel gruppo 3. La classificazione di questo nuovo temibile agente virale è corredata da una nota specifica in tema di misure di biocontenimento che vengono differenziate per il “lavoro di laboratorio diagnostico non propagativo” e il “lavoro propagativo” (che “deve essere condotto in un laboratorio con livello di contenimento 3 a una pressione dell’aria inferiore a quella atmosferica”).

Gli obblighi del Datore di Lavoro

L’art. 269 indica le comunicazioni che il datore di lavoro che intende esercitare attività che comportano l’uso di agenti biologici dei gruppi 2 o 3 deve fornire all’organo di vigilanza territorialmente competente (fanno eccezione le attività che comportano la presenza di microrganismi geneticamente modificati per i quali si applica il D.lgs. 12/04/2001, n. 206).

L’art. 270 indica le autorizzazioni delle quali si deve dotare il datore di lavoro che intende utilizzare, nell’esercizio della propria attività, un agente biologico del gruppo 4.

Gli artt. 271-278 (inseriti nel capo II) descrivono gli obblighi del datore di lavoro: valutazione del rischio (art. 271), misure tecniche, organizzative e procedurali (art. 272), misure igieniche (art. 273), misure specifiche per strutture sanitarie e veterinarie (art. 274), misure specifiche per i laboratori e gli stabulari (art. 275), misure specifiche per i processi industriali (art. 276), misure di emergenza (art. 277), formazione e informazione (art. 278).

La valutazione del rischio biologico: come si fa?

Gli elementi per la valutazione del rischio biologico di cui il datore di lavoro deve tener conto emergono dal c. 1 dell’art. 271 ovvero:

  1. la classificazione degli agenti biologici che presentano o possono presentare un pericolo per la salute umana quale risultante dall’allegato XLVI o, in assenza, di quella effettuata dal datore di lavoro stesso sulla base delle conoscenze disponibili;
  2. l’informazione sulle malattie che possono essere contratte;
  3. i potenziali effetti allergici e tossici;
  4. la conoscenza di una patologia della quale è affetto un lavoratore, che è da porre in correlazione diretta all’attività lavorativa svolta;
  5. le eventuali ulteriori situazioni rese note dall’autorità sanitaria competente che possono influire sul rischio;
  6. il sinergismo dei diversi gruppi di agenti biologici utilizzati.

Considerata la peculiarità della materia, appare indispensabile, in questo ambito, la collaborazione del medico competente alla valutazione e alla gestione dei rischi prevista dall’art. 25, c.1, primo periodo.

Le fasi della valutazione del rischio biologico

Risulta rilevante, ai fini della valutazione e della gestione del rischio, dopo avere individuato tutti gli agenti biologici presenti nel ciclo produttivo, definire correttamente se l’attività che si svolge in azienda si caratterizza per un “uso deliberato” di agenti biologici o per una “esposizione potenziale” dei lavoratori agli stessi.

Ai fini della valutazione dei rischi è altresì indispensabile conoscere il contenuto dell’allegato XLVI, che, riporta l’elenco degli agenti biologici classificati nei gruppi 2, 3 e 4 che possono presentare un pericolo per la salute umana ovvero effetti per la salute come le malattie infettive e i rischi tossico o allergenico.

Nell’elaborazione dell’elenco il legislatore non ha preso in considerazione gli agenti patogeni di animali e piante di cui è noto che non hanno effetto sull’uomo né i microrganismi geneticamente modificati.

Le precauzioni standard per il rischio biologico

Le Precauzioni Standard sono costituite da un gruppo di misure per la prevenzione negli ambienti di lavoro. Eccole di seguito:

Misure tecniche, organizzative e procedurali

L’art. 272 indica le misure tecniche, organizzative e procedurali che il datore di lavoro deve intraprendere per evitare ogni esposizione dei lavoratori ad agenti biologici.

Misure igieniche

Le misure igieniche indicate dall’articolo 273 debbono essere implementate in tutte le attività nelle quali la valutazione di cui all’articolo 271 evidenzia rischi per la salute dei lavoratori.

DPI idonei

Sui dispositivi di protezione individuale indicati alla lettera c) del citato art. 273 c.1, si segnala la Circolare n. 15/2012 del 27/06/2012 del Ministero del Lavoro le cui conclusioni sono le seguenti “… risultano idonei per la protezione da agenti biologici sia i dispositivi di protezione delle vie respiratorie provvisti di certificazione CE di cui al Capitolo II della Direttiva 89/686/CEE4, che attesti la protezione da agenti biologici dei gruppi 2 e 3 così come definiti nella Direttiva 2000/54/CE, sia quelli provvisti di certificazione CE di cui al Capitolo II della Direttiva 89/686/CEE4, basata sulla norma europea armonizzata EN 149”.

Misure di emergenza

Circa le misure di emergenza previste dall’art. 277, nel caso di incidenti che possono provocare la dispersione nell’ambiente di un agente biologico appartenente ai gruppi 2, 3 e 4, i lavoratori devono abbandonare immediatamente la zona interessata, cui possono accedere soltanto quelli addetti ai necessari interventi, con l’obbligo di usare gli idonei mezzi di protezione (c. 1).

In questo caso, il datore di lavoro informa al più presto l’organo di vigilanza territorialmente competente, i lavoratori e il rappresentante per la sicurezza, di quanto accaduto delle cause che hanno determinato l’evento e delle misure che intende adottare, o che ha già adottato, per porre rimedio alla situazione creatasi (c. 2).

I lavoratori segnalano immediatamente al datore di lavoro o al dirigente o al preposto, qualsiasi infortunio o incidente relativo all’uso di agenti biologici (c. 3).

Formazione e informazione

L’art. 278 (cc. 1 e 2) definisce, nello specifico della prevenzione del rischio biologico, gli obblighi di formazione e informazione in capo al datore di lavoro.

Sorveglianza sanitaria

A norma dell’art. 279, c. 1 (è il primo articolo contenuto nel capo III), la sorveglianza sanitaria dei lavoratori esposti ad agenti biologici deve essere attivata “qualora l’esito della valutazione del rischio ne rilevi la necessità”.

La genericità della disposizione si presta necessariamente a interpretazioni non univoche.

Il registro degli esposti a rischio biologico

Per i lavoratori che svolgono attività comportanti l’uso di agenti biologici del gruppo 3 o 4, l’art. 280 prevede l’istituzione, l’aggiornamento e la tenuta del registro degli esposti e degli eventi accidentali.

Nel registro − cui possono accedere il medico competente e il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (art. 280, c. 2) − sono riportati, per ciascun lavoratore, l’attività svolta, l’agente utilizzato e gli eventuali casi di esposizione individuale (art. 280, c. 1).

Le sanzioni

Il capo IV comprende un articolato sistema sanzionatorio a carico del datore di lavoro e dei dirigenti (art. 282), dei preposti (art. 283), del medico competente (art. 284), dei lavoratori (art. 285) e di chiunque violi le disposizioni previste dall’articolo 273, c. 2 (ovvero il divieto di assumere cibi e bevande, fumare, conservare cibi destinati al consumo umano, usare pipette a bocca e applicare cosmetici, art. 286).

Dove è presente il rischio biologico?

Il titolo X del D.lgs. 81/2008 definisce anche alcuni specifici ambiti occupazionali ove è necessario intervenire con misure speciali, giacché le caratteristiche del rischio assumono aspetti peculiari.

Si tratta delle strutture sanitarie e veterinarie (art. 274), dei laboratori e degli stabulari (art. 275) e di taluni processi industriali (art. 276).

Ulteriori misure di prevenzione per le strutture ospedaliere e sanitarie sono contenute nel titolo X-bis (introdotto dal D.lgs. 19.02.2014, n. 19), e riguardano la protezione dalle ferite da taglio e da punta.

Rischio biologico nelle strutture sanitarie e veterinarie

Per le strutture sanitarie e veterinarie, l’art. 274 prevede che il datore di lavoro, in sede di valutazione dei rischi, presti particolare attenzione alla possibile presenza di agenti biologici nell’organismo dei pazienti o degli animali e nei relativi campioni e residui e al rischio che tale presenza comporta in merito al tipo di attività svolta (comma 1).

In base ai risultati della valutazione, il datore di lavoro definisce e fa in modo che siano applicate procedure che consentono di manipolare, decontaminare ed eliminare senza rischi per l’operatore e per la comunità, i materiali e i rifiuti contaminati (comma 2).

Rischio biologico nei laboratori

L’art. 275 prevede che − nei laboratori comportanti l’uso di agenti biologici dei gruppi 2, 3 e 4 a fini di ricerca, didattici o diagnostici e nei locali destinati ad animali da laboratorio deliberatamente contaminati con tali agenti − il datore di lavoro, fatto salvo quanto previsto al punto 6 dell’allegato XLVI, adotti idonee misure di contenimento in conformità all’allegato XLVII (comma 1).

Rischio biologico nei processi industriali

L’art. 276, indica che − fatto salvo quanto specificatamente previsto all’allegato XLVII, punto 6 − nei processi industriali comportanti l’uso di agenti biologici dei gruppi 2, 3 e 4, il datore di lavoro adotta misure opportunamente scelte tra quelle elencate nell’allegato XLVIII; tenendo anche conto dei criteri di cui all’articolo 275 (comma 1).

In proposito viene ribadito (come per i laboratori) che nel caso di agenti biologici non ancora classificati, il cui uso può far sorgere un rischio grave per la salute dei lavoratori, il datore di lavoro adotta misure corrispondenti almeno a quelle del terzo livello di contenimento (comma 2).

Uno dei settori che merita un cenno a parte è l’industria alimentare, in particolare per il settore della produzione per biotrasformazione (vino, birra, formaggi, zuccheri, ecc.) e dell’industria degli alimenti di origini animale, ove il rischio biologico può derivare dal contatto con animali vivi infetti, dalla lavorazione delle carni e dalla manipolazione di utensili di lavoro taglienti (Campurra e Rotella, 2015).

Anche le condizioni microclimatiche dei locali di lavorazione e di stoccaggio dei prodotti e i materiali organici in lavorazione possono favorire la rapida moltiplicazione di agenti biologici.

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