Ambienti di lavoro inadeguati possono minare la salute mentale e portare a una riduzione delle prestazioni, con impatto negativo sulle assenze dal lavoro e ripercussioni sui lavoratori ed i loro familiari. Un recente documento CIIP si sofferma sulla valutazione dei rischi, i ruoli aziendali coinvolti e le misure preventive e correttive da adottare per la prevenzione di molestie e violenze nei luoghi di lavoro.
Nell'articolo
Dal primo documento europeo alla Convenzione ILO: la tutela contro violenze e molestie sul lavoro
Il rischio violenze e molestie ha iniziato ad afferire alla tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro a seguito della pubblicazione, nel 2010, del rapporto EU-OSHA “Workplace Violence and Harassment: a European Picture”, il primo documento europeo ad inquadrare tale rischio in una prospettiva di lavoro (work-related violence or workplace violence).
Il rapporto presenta il risultato di studi scientifici su antecedenti e conseguenze della violenza correlata al lavoro, avviando un importante cambio di paradigma, ampliandone la lente di lettura e facendo emergere la potenziale significatività causale riconducibile alla dimensione organizzativa, all’antefatto culturale ambientale, che ne può limitare o aumentare la probabilità di accadimento, fungendo da deterrente o favorendone l’insorgenza.
Inoltre, l’adozione della Convenzione dell’ILO n.190/2019, ratificata in Italia con la Legge 4/2021, in vigore dal 29/10/2022, sancisce l’inclusione della violenza e delle molestie nella gestione della salute e della sicurezza sul lavoro in tutti i luoghi di lavoro e fornisce l’opportunità di lavorare su una gestione complessiva dei rischi psicosociali come da tempo l’approccio ergonomico e le norme tecniche indicano.
Prevenire molestie e violenze sul lavoro: il contributo del documento CIIP 2025
CIIP, la Consulta Interassociativa Italiana per la Prevenzione, ha attivato dal 2014 un gruppo di lavoro sullo stress lavoro correlato seguendo e partecipando al dibattito nazionale su un tema di importanza sempre crescente per la salute e la sicurezza dei lavoratori, ed ha prodotto diverse pubblicazioni, come il “Documento di consenso: dallo stress lavoro correlato alla prevenzione dei rischi psicosociali” di gennaio 2023.
Per approfondire la tematica delle molestie e violenze nei luoghi di lavoro, oggi facciamo riferimento al recente Documento di consenso: La prevenzione delle molestie e violenze negli ambienti di lavoro, pubblicato a luglio 2025 dal Gruppo di Lavoro CIIP Rischi psicosociali, nell’intento di fornire un contributo alla discussione e rinnovare l’impegno interassociativo nel:
- promuovere le competenze organizzative delle figure interne al sistema di prevenzione;
- sostenere con iniziative la sensibilizzazione alla cultura del benessere valorizzando il contributo interdisciplinare (es. psicologi del lavoro, ergonomi…) e di collaborazione tra i diversi ruoli organizzativi (es. HR);
- raccogliere e diffondere esperienze, strumenti e soluzioni sulla gestione delle violenze e molestie anche considerando le diverse specificità aziendali, i comparti e le complessità organizzative;
- promuovere «l’ascolto attivo» del sistema lavorativo aziendale e istituzionale;
- confrontarsi su analisi e soluzioni/proposte operative.
Nel documento CIIP, scaricabile dall’Area download del sito CIIP, gli autori si soffermano sulla individuazione e valutazione dei rischi nei luoghi di lavoro, i ruoli aziendali coinvolti e le misure preventive e correttive da adottare.
Guida alla gestione di molestie e violenze sul lavoro
Dopo aver già riportato, in precedenti articoli, i suggerimenti sulla gestione degli atti di violenza di genere sul lavoro e ruolo dell’HSE manager, oggi ci soffermeremo sulle molestie e violenze nei luoghi di lavoro con riferimento ai seguenti argomenti:
- Gli indicatori quantitativi
- I dati INAIL disponibili
- I soggetti coinvolti
- La tutela legale del personale
Gli indicatori quantitativi
Nell’approccio al rischio di violenze e molestie sul lavoro non possono mancare consapevolezze di base, peculiari nel trattare questo rischio e per definirne la metodologia applicativa. La prima è senz’altro legata ai numeri, che devono essere interpretati. E, in questo caso, l’analisi degli indicatori quantitativi spesso può non rappresentare il senso del fenomeno, indirizzando verso conclusioni distorsive rispetto al reale livello di rischio presente (ad esempio zero episodi segnalati o denunciati, non corrispondono ad assenza di rischio).
Il rapporto EU-OSHA, già nel 2010 evidenziava le possibili cause riconducibili a:
- senso di vergogna, colpa,
- mancanza di sistemi di denuncia trasparenti e affidabili,
- mancanza di fiducia nell’organizzazione o nel sistema giuridico,
- paura di ritorsioni o peggio ancora, paura di non essere creduti.
In alcuni casi il silenzio potrebbe essere rapportato al fatto che alcune pratiche e comportamenti di violenze e molestie non sono riconosciuti dalla vittima come tali e/o sono subiti nella tacita rassegnazione di non poter fare nulla per sottrarsi, in relazione allo squilibrio del rapporto di potere. Una condizione che deve essere considerata soprattutto se nella popolazione lavorativa sono presenti categorie cd. più vulnerabili.
I dati INAIL disponibili
L’interesse al fenomeno è crescente, nel corso degli ultimi anni le situazioni di attrito e tensioni tra colleghi e le denunce di aggressioni e all’interno dell’azienda sono aumentate, a conferma che si tratta di un rischio trasversale a tutte le attività lavorative.
Nel quinquennio 2019-2023, gli infortuni causati da aggressioni e violenze sono stati poco meno di 30 mila, il 2,7% di tutti gli infortuni riconosciuti dall’Inail. Nel 2023 gli infortuni sono stati 6.813, il dato più elevato dopo quello registrato nel 2019.
Rispetto al 2022 si rileva un incremento dell’8,7% che cresce fino al 14,6% per le donne, mentre si ferma al 3,8% per gli uomini.
Sostanzialmente dopo il calo osservato negli anni della pandemia che ha interessato tutte le tipologie di infortunio sul lavoro, gli eventi si riposizionano sui numeri di inizio periodo; molto probabilmente gli stessi numeri saranno superati con gli aggiornamenti futuri della base dati che consolideranno gli anni più recenti in termini di definizione dei casi.
I soggetti coinvolti
La letteratura disponibile indica che la maggiore probabilità di esposizione alla violenza e alle molestie viene riscontrata in:
- settore sanitario,
- servizi di alloggio e di ristorazione,
- servizi sociali,
- servizi di emergenza,
- lavoro domestico,
- settore dei trasporti,
- istruzione o intrattenimento.
Le modalità di lavoro più critiche prevedono il lavoro notturno ed il lavoro svolto in maniera isolata.
L’età media delle donne è più elevata rispetto a quella degli uomini: circa 4 su dieci hanno dai 50 anni in su, con un differenziale di circa 8 punti rispetto ai coetanei.
In coerenza con la composizione dei lavoratori nati in Italia e all’estero si osserva che la quota degli infortunati italiani è dell’84%, con gli uomini in percentuale leggermente inferiore (82%). Il restante 16% dei casi coinvolge stranieri, di cui oltre i ¾ appartenenti ai Paesi extra UE.
La tutela legale del personale
A livello civilistico, la tutela dalle molestie trova la sua base normativa nell’art.2087 c.c. quale norma di chiusura del sistema antinfortunistico.
Dal punto di vista penalistico, in mancanza di una fattispecie di reato tipizzata, diversi sono i reati ai quali può essere ricondotto il comportamento di un soggetto che ponga in essere delle molestie sul lavoro, quali:
- il reato di atti persecutori (art.612-bis c.p.),
- di violenza privata (art.610 c.p.)
- e di violenza sessuale (art.609-bis c.p.).
Le molestie perpetrate sul luogo di lavoro possono, come indicato, integrare anche il reato di violenza sessuale previsto dall’art.609-bis c.p., che punisce “chiunque, con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità costringe taluno a compiere o subire atti sessuali”.
In questo caso, la locuzione “abuso di autorità” che rappresenta, assieme alla “violenza” o alla “minaccia”, una delle modalità di consumazione di tale reato, ricomprende non solo le posizioni autoritative di tipo pubblicistico, ma anche ogni potere di supremazia di natura privata, di cui l’autore del reato abusi per costringere il soggetto passivo a compiere o a subire atti sessuali (Cassazione Penale, Sez. III, 1° dicembre 2014 n. 49990).
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