Lavoratrici gravidanza

Lavoratrici, in gravidanza e madri: la tutela di salute e sicurezza sul lavoro

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In occasione della Giornata internazionale della Donna, passiamo in rassegna la normativa di tutela della figura della donna lavoratrice, in particolare quella in stato di gravidanza: i diritti, gli obblighi e le prescrizioni previste dalla normativa del Testo unico di Sicurezza e non solo.

Le conclusioni dell’articolo sono tratte dal volume Manuale per l’applicazione del D.Lgs. 81/2008 (EPC Editore 2022)

Tutela della donna sul lavoro – la normativa

Il D.lgs.. n.81/2008, Testo unico di salute e sicurezza sul lavoro si applica a tutti i lavoratori e lavoratrici e deve riguardare tutti i rischi per la sicurezza e la salute degli stessi, come prescritto al  comma 4 dell’art. 3

  • L’art. 1 esprime lo scopo del decreto: “garantendo l’uniformità della tutela delle lavoratrici e dei lavoratori sul territorio nazionale attraverso il rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, anche con riguardo alle differenze di genere, di età e alla condizione delle lavoratrici e dei lavoratori immigrati”.
  • Il TUS recepisce numerose direttive comunitarie, fra le quali la Dir.92/85 CEE concernente il miglioramento della sicurezza e della salute sul lavoro delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento, già recepita con il D.Lgs. 25 novembre 1996, n. 645.
  • Per questo, all’articolo 28 (oggetto della valutazione dei rischi) ricorda che la valutazione di tutti i rischi ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari quelli riguardanti le lavoratrici in stato di gravidanza, secondo quanto previsto dal Testo Unico per la tutela ed il sostegno della maternità e paternità, il decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, nonché quelli connessi alle differenze di genere devono trovare posto nel Documento di Valutazione dei Rischi (DVR).

Il D.Lgs. 151/2001 ha raccolto poi gran parte delle norme disciplinanti la materia estendendo la tutela, che originariamente comprendeva le sole lavoratrici subordinate, anche alle lavoratrici autonome, alle imprenditrici agricole, alle libere professioniste ed ai titolari di rapporti di lavoro atipici o discontinui: vediamo in particolare queste tutele.

Il Decreto legislativo 151/2001, tutela e congedi

Il D.Lgs. 151/2001 prescrive misure per la tutela della sicurezza e della salute delle lavoratrici che abbiano informato il datore di lavoro del proprio stato, durante il periodo di gravidanza e fino all’età di sette mesi del figlio. In particolare, il T.U. sulla maternità dispone:

  • l’astensione obbligatoria (congedo di maternità) consistente nel divieto assoluto di adibire le donne al lavoro nel periodo che va dai due mesi antecedenti la data presunta del parto ai tre mesi successivi (art. 16).
  • Il divieto di adibire le lavoratrici a lavori faticosi, al trasporto ed al sollevamento di pesi, nonché a lavori pericolosi ed insalubri (indicati all’art. 5 del D.P.R. 1026/1976) (art. 7). In tale periodo la lavoratrice deve essere spostata ad altre mansioni; lo spostamento deve essere effettuato anche nei casi in cui i servizi ispettivi del Ministero del lavoro, su istanza della lavoratrice o d’ufficio accertino che le condizioni di lavoro siano pregiudizievoli alla salute della donna.
  • l’obbligo per il datore di lavoro di valutare i rischi per la sicurezza e la salute delle lavoratrici in merito a (art. 11):
    •  esposizione ad agenti fisici che comportano lesioni del feto e/o rischiano di provocare il distacco della placenta;
    •  esposizione ad agenti chimici o biologici nella misura in cui sia noto che tali agenti o le terapie che essi rendono necessarie mettono in pericolo la salute delle gestanti e del nascituro;
    •  processi o condizioni di lavoro.
  • il divieto di adibire al lavoro notturno le lavoratrici (dalle ore 24 alle ore 6), dall’accertamento dello stato di gravidanza fino al compimento di un anno di età del bambino.
  • il diritto delle lavoratrici gestanti a permessi retribuiti per l’effettuazione di esami prenatali, accertamenti clinici e visite mediche specialistiche, nel caso in cui debbano essere eseguiti durante l’orario di lavoro. Per poterne fruire è necessario presentare al datore di lavoro un’apposita istanza e, successivamente, la relativa documentazione giustificativa attestante la data e l’orario di effettuazione degli esami (art. 14).
  1. Chi può chiedere il congedo di maternità?

    Il congedo di maternità può essere richiesto anche dalle lavoratrici che abbiano adottato od ottenuto in affidamento un bambino di età non superiore a sei anni all’atto dell’adozione o dell’affidamento (art. 26). Se il parto avviene successivamente alla data presunta, il periodo compreso è inglobato nel congedo di maternità, analogamente, se il parto avviene anticipatamente rispetto alla data presunta, il periodo non goduto viene aggiunto al congedo di maternità successivo al parto. Se la lavoratrice è adibita a lavori gravosi o pregiudizievoli, l’astensione dal lavoro è anticipata a tre mesi dalla data presunta del parto (art. 17, comma 1).

  2. Il congedo di maternità può essere anticipato?

    Il congedo può essere ulteriormente anticipato, per un periodo da stabilirsi a cura della Direzione Provinciale del lavoro, nei casi di (art. 17, comma 2):
    -gravi complicanze della gravidanza;
    – impossibilità di adibire la lavoratrice a mansioni non pregiudizievoli per la stessa e per la salute del bambino;
    -qualora la lavoratrice non possa essere adibita ad altre mansioni.

  3. Divieto di adibire la lavoratrice ad altre mansioni: quando scatta?

  4. Impossibilità di adibire la donna in gravidanza ad altre mansioni: cosa fare?

    In caso non sia possibile adibire la lavoratrice ad altre mansioni, i servizi ispettivi del Ministero del lavoro possono disporne l’interdizione dal lavoro fino al compimento del settimo mese d’età del bambino.

  5. A quali rischi non si deve esporre la donna in gravidanza?

    Le lavoratrici, durante la gravidanza, non possono essere esposte a radiazioni ionizzanti, ovvero svolgere attività in zone classificate o, comunque, essere adibite ad attività che potrebbero esporre il nascituro ad una dose che ecceda un millisievert. È  vietato adibire le donne che allattano ad attività comportanti un rischio di contaminazione (art. 8);

  6. Quali lavoratrici non devono svolgere il lavoro notturno?

    Non sono obbligate a prestare lavoro notturno (art. 53):
     -la lavoratrice madre di un figlio di età inferiore a tre anni o, in alternativa,
    il lavoratore padre convivente con la stessa;
    – la lavoratrice o il lavoratore che sia l’unico genitore affidatario di un figlio convivente di età inferiore a dodici anni;

La tutela sul lavoro della donna lavoratrice in gravidanza

Per quanto riguarda le lavoratrici, i compiti di maternità e cura dei figli sono stati oggetti di tutela nel nostro Paese già con l’entrata in vigore della Costituzione che, all’art. 37, sancisce: “La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l’adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione”

  • L’art. 28 del testo unico di Sicurezza, dedicato alla valutazione del rischio in azienda, richiede di contestualizzare la valutazione dei rischi tenendo in conto dell’eventuale stato di gravidanza della lavoratrice, richiamando esplicitamente il D.Lgs. 151/2001, e dell’età del lavoratore.
    • I risultati della valutazione dei rischi e delle conseguenti misure di prevenzione e protezione adottate devono essere portate a conoscenza delle lavoratrici e dei loro rappresentanti per la sicurezza
  • L’art. 183 del Testo unico di Sicurezza sul Lavoro (D.lgs.. n.81/2008) “Lavoratori particolarmente sensibili”, prescrive che il datore di lavoro adatti le misure di cui all’articolo 182 alle esigenze dei lavoratori appartenenti a gruppi particolarmente sensibili al rischio, incluse le donne in stato di gravidanza ed i minori.

Rumore e tutela della lavoratrice madre

Il D.Lgs. 81/2008 impone la necessità di una tutela particolare verso le donne in gravidanza ed i minori nelle disposizioni relative alla valutazione dei rischi di esposizione agli agenti fisici, in generale, e, in particolare, al rumore ed alle vibrazioni.

Il rischio rumore per le lavoratrici madri deve essere comunque espressamente considerato nella valutazione dei rischi, con conseguente obbligo di informazione alle lavoratrici sui risultati della stessa e sulle conseguenti misure di prevenzione e protezione.

Per le lavoratrici madri: fino all’emanazione del D.Lgs. 345/1999, la normativa di tutela della lavoratrice madre stabiliva che la stessa non potesse essere adibita a lavori che esponevano a rumore elevato, senza individuare un livello di soglia. Il D.Lgs. 151/2001 regola l’esposizione a rumore, facendo rientrare tra gli agenti del gruppo questo fattore di rischio, per il quale il datore di lavoro deve valutare le misure di prevenzione e protezione da adottare. Il criterio che si deve adottare per l’allontanamento dall’esposizione a rumore delle lavoratrici madri è il seguente: per tutto il periodo della gravidanza, per livelli maggiori o uguali a 80 dBA; anche nel postparto quando i livelli di esposizione siano maggiori o uguali a 85 dBA.

Il rischio rumore per le lavoratrici madri deve essere comunque espressamente considerato nella valutazione dei rischi, con conseguente obbligo di informazione alle lavoratrici sui risultati della stessa e sulle conseguenti misure di prevenzione e protezione.

Rischio di esposizione a campi elettromagnetici

Per quanto riguarda l’esposizione a campi elettromagnetici, l’articolo 210 prevede una serie di obblighi a carico del datore di lavoro connessi al superamento dei valori limite. Più specificamente, qualora i VA risultino superati, l’articolo dispone l’obbligo di effettuare uno specifico programma di azioni comprendente misure tecniche e organizzative aventi lo scopo di prevenire il superamento dei valori limite, sulla base di condizioni espressamente indicate alle lettere da a ad i del primo comma, a meno che non dimostri che tramite la valutazione dei rischi che il VLE non sia superato.

Il comma 3 prescrive l’obbligo di adottare determinate misure in riferimento a specifici gruppi di lavoratori: si tratta, anche in questo caso, dei soggetti particolarmente sensibili al rischio, quali, ad esempio, quelli che abbiano dichiarato, anche a seguito delle informazioni ex articolo 210-bis, di essere portatori di dispositivi medici impiantati attivi o passivi, oppure lavoratrici in stato di gravidanza che abbiano informato il datore di lavoro della propria condizione.

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Antonio Mazzuca

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