Getto pericoloso di cose e inquinamento acque: i richiami giurisprudenziali

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Torna anche questo mese il FOCUS ACQUE, una rassegna di commenti a sentenze particolarmente significative sull’ inquinamento delle fonti idriche a cura di A.Quaranta (Environmental Risk and crisis manager), che le ha raccolte tutte nell’articolo “Tutela delle acque la complessità della materia e il ruolo giocato dalla giurisprudenza” pubblicato sulla rivista Ambiente&Sicurezza sul Lavoro.

In materia di getto pericoloso di cose (art. 674 c.p.), la Cassazione (Cass. Pen., n. 5763/2018) ha affermato che la violazione dell’art. 674 cod. pen. si realizza anche quando l’agente, versi in un luogo di pubblico transito cose atte a molestare od imbrattare le persone: il caso di specie riguardava lo sversamento di acque maleodoranti e certamente ricche di elementi fortemente inquinanti, e come tali fonte di evidente pericolo per la salute degli individui, nel letto di un torrente, attraverso tratti di terreno aperti al transito ed anche ad esso specificamente deputati.

Danneggiamento aggravato
In tema di danneggiamento (art. 635 del c.p.), la Cassazione (Cass. Pen., n. 7150/2017) ha precisato che “il danneggiamento aggravato, ai sensi dell’art. 635, comma 2, n. 1, in relazione all’art. 625, n. 7, cod. pen., può avere per oggetto non solo cose mobili […] ma anche cose immobili […] Nello stabilire tale aggravante per il danneggiamento, il legislatore ha avuto riguardo non alla natura mobiliare o immobiliare del bene, ma alla sua destinazione pubblica, meritevole di maggior tutela. Inoltre, tra i beni a precipua destinazione pubblica rientrano, espressamente, i fiumi, il lido del mare, la spiaggia e tutti gli altri beni elencati nell’art 822 cod. civ., ed è quindi stata affermata la configurabilità del delitto di danneggiamento su tali beni, con l’aggravante di cui all’art. 635, comma 2, n. 1, cod. pen., in riferimento all’art. 625, n. 7, cod. pen., ribadendo che il legislatore, nello stabilire l’aggravante per il danneggiamento, ha avuto di mira non la natura mobiliare o meno del bene, ma la sua destinazione”.

Configurabilità del reato
Per quanto riguarda, invece, la configurabilità del reato, la Cassazione – richiamandosi ad un suo precedente (Sez. 2, n. 12383 del 28/04/1975, Fratini), concernente una fattispecie di danneggiamento di un corso d’acqua, nella quale era stato ulteriormente precisato che è configurabile un danno di natura patrimoniale ove un corso d’acqua sia durevolmente deteriorato dagli scarichi di uno stabilimento industriale, apportatori di intorbidamento delle acque, di distruzione di microrganismi, di alterazione morfologica e termica e di fenomeni analoghi, giacché in tal caso il danno è configurabile sia sotto il profilo di una ridotta utilizzazione del corso d’acqua in conformità alla sua destinazione, sia sotto il profilo del costo necessario per spese di bonifica e di depurazione per ridare al corso d’acqua la sua condizione normale – ha precisato che non è necessario che il danneggiamento sia irreversibile, essendo sufficiente, per ritenere integrato il reato, anche un danno meramente temporaneo, derivante dall’esistenza di alterazioni che richiedano un intervento ripristinatorio.

L’elemento psicologico del reato di danneggiamento al sistema superficiale delle acque (ma si tratta di principio valido anche per il danneggiamento del fondo del mare) può essere complessivamente desunto dalla consapevolezza degli effetti prodotti dalle sostanze inquinanti in precedenza sversate, dalla reiterazione degli sversamenti stessi e dall’omessa adozione dei necessari interventi riparatori, atteso che il dolo del delitto di danneggiamento richiede la mera coscienza e volontà di danneggiare, senza essere qualificato dal fine specifico di nuocere.

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Redazione InSic

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