Greenpeace disegna il piano verso la decarbonizzazione dell’Italia

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È una pianificazione della rivoluzione energetica all’insegna della transizione verso le rinnovabili e della totale decarbonizzazione del Paese quella disegnata da Greenpeace Italia nel piano “Italia 1.5” presentato nello stesso periodo in cui il Governo è impegnato con gli Stati generali dell’economia.

L’obiettivo è quello di sempre, difficile: rispettare gli accordi di Parigi, diventando a emissioni zero, con vantaggi economici, occupazionali e di indipendenza energetica e superare il Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC) che però, secondo l’Associazione continua a puntare sul gas fossile e non è in linea con gli Accordi di Parigi, come affermato da Luca Iacoboni, responsabile della campagna Energia e Clima di Greenpeace Italia. «Non è possibile pensare a un futuro migliore se non puntiamo con determinazione e rapidità su rinnovabili ed efficienza energetica, abbandonando i combustibili fossili che causano cambiamenti climatici, inquinamento e degrado ambientale».

Il rapporto e le sue sintesi sono disponibili nella pagina dedicata sul sito di Greenpeace !

Come attuare il Piano Italia 1.5 di Greenpeace?

Si individuano due scenari uno con il traguardo di emissioni zero dell’Italia al 2040, uno con una decarbonizzazione totale al 2050
Si riprende la proposta di PNIEC nella versione inviata alla Commissione europea (nel dicembre 2018), come scenario denominato Reference – REF -,e vengono poi sviluppati due diversi scenari, entrambi più ambiziosi e con l’obiettivo energia 100 per cento rinnovabile:

  • 1. Lo scenario denominato “Energy [R]evolution” – E[R] – finalizzato alla decarbonizzazione completa del settore energetico entro il 2050. In questo scenario la quota di elettricità da fonti rinnovabili per l’Italia al 2030 sarà del 66 per cento, pari al 33 per cento dell’energia finale.
  • 2. Lo scenario denominato “Advanced Energy [R]evolution” – Adv E[R] – che rappresenta un percorso di decarbonizzazione accelerato, in linea con l’obiettivo 1.5°C. Secondo questo scenario, l’Italia dovrebbe avere il 75 per cento di elettricità rinnovabile al 2030, e il settore energetico in pratica verrebbe completamente decarbonizzato entro il 2040. La quota di energia rinnovabile sarebbe infatti pari a al 52 per cento nel 2030 (rispetto al 16 per cento del 2017), per poi arrivare al 100 per cento entro il 2040.

Piano Italia 1.5 e riduzione dell’utilizzo del gas fossile

Lo scenario Adv E[R] è l’unico coerente con gli obiettivi dell’Accordo di Parigi e che, pertanto, riflette le richieste di Greenpeace. Questo scenario implica piani di sviluppo delle rinnovabili e dell’efficienza molto più ambiziosi di quelli presenti nel PNIEC redatto dal governo Lega-M5S e finalizzato (con qualche peggioramento) dall’esecutivo PD-M5S. In particolare, l’utilizzo del gas fossile è notevolmente inferiore rispetto a quanto pianificato dal piano governativo, mentre molto più alta è la quota di fonti rinnovabili, in particolare da solare fotovoltaico.
Lo scenario esclude ogni ricorso a tecnologie CCS – cattura e stoccaggio del carbonio – ritenute non ambientalmente sicure, oltre che non realmente disponibili e affidabili, trattandosi pertanto di false soluzioni tecnologiche. Nello scenario le bioenergie e i combustibili sintetici sono considerati assieme. Poiché la quantità di bioenergie accettabile per ragioni di sostenibilità è assai limitata, la progressiva sostituzione dei combustibili fossili in alcuni utilizzi dopo il 2030 è per Greenpeace considerata coperta da combustibili sintetici prodotti a partire da rinnovabili.

Italia 1.5 e vantaggi occupazionali

La rivoluzione energetica promossa da “Italia 1.5” – in linea con l’obiettivo per l’Italia di fare la propria parte per contenere l’aumento della temperatura globale entro 1.5°C – oltre a rispondere alle preoccupazioni della comunità scientifica, porterebbe con sé vantaggi economici e occupazionali. Entro il 2030, secondo lo studio pubblicato da Greenpeace Italia, si avrebbe infatti la creazione di 163 mila posti di lavoro, ovvero un aumento dell’occupazione diretta nel settore energetico pari al 65 per cento circa. Anche dal punto di vista economico la transizione potrebbe interamente finanziarsi con i risparmi derivanti dalla mancata importazione di combustibili fossili al 2030. Un cambio sistemico che condurrebbe a enormi vantaggi economici nei decenni a seguire