Amianto a Balangero: continua l’impegno dell’Inail

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I ricercatori del Dipartimento installazioni di produzione e insediamenti antropici dell’Istituto (Dipia) sono impegnati in tutte le fasi dell’attività di decontaminazione di quella che, negli anni Settanta, fu la più grande miniera di asbesto d’Europa e che oggi la legge ha classificato come sito da bonificare di interesse nazionale

Un impegno che dura da oltre 15 anni

È da oltre 15 anni che i ricercatori del Dipartimento installazioni di produzione e insediamenti antropici dell’Inail (Dipia) sono impegnati nella verifica delle procedure relative alla bonifica degli stabilimenti industriali ubicati all’interno dell’ex miniera di asbesto, classificata – a seguito della legge n. 426 del 1998 – come sito da bonificare di interesse nazionale a causa del pericolo esistente per la salute pubblica e per l’estensione della sua contaminazione (in grado di investire tutte le matrici ambientali: aria, acqua e suolo). Attualmente il Dipia opera in modo congiunto con i tecnici del ministero dell’Ambiente, della Regione Piemonte, della Provincia di Torino, dell’Arpa Piemonte, dell’Asl To4 e della R.S.A. Srl (Società a capitale pubblico per il risanamento e lo sviluppo ambientale della miniera di Balangero e Corio).
Nel corso del 2013 è stata avviata la fase di bonifica dell’ex stabilimento industriale all’interno del Sin, che si estende per circa 40 mila metri quadrati. Ma in cosa si traduce questo obiettivo tanto complesso? “Individuare, per esempio, il luogo più adatto in cui posizionare le centraline per il campionamento dell’aria potrebbe sembrare un’operazione di routine, ma si rivela strategica per la significatività dei dati di monitoraggio continuo– dice Federica Paglietti, ricercatrice e responsabile scientifico del gruppo presso il Dipia – Inoltre, tra i nostri compiti c’è l’elaborazione delle linee guida da adottare per la corretta applicazione delle procedure di bonifica e l’analisi dei singoli progetti d’intervento. Attività che si concretizzano con l’emanazione di pareri tecnici specifici che includono prescrizioni e suggerimenti volti al miglioramento della tutela dei lavoratori e delle popolazioni residenti presso i centri abitati che si trovano lungo il perimetro del sito”.
Particolare attenzione deve essere dedicata al corretto utilizzo dei dispositivi di protezione individuale da parte dei lavoratori addetti sia all’attività outdoor che alla bonifica delle aree indoor. “Per tutelare la salute degli addetti alla bonifica e impedire che la contaminazione venga portata al di fuori del sito verifichiamo mediante ispezioni a sorpresa che i dispositivi di protezione individuale, come le maschere per il viso, vengano usati correttamente – continua Paglietti – e che le procedure previste dalla norma per entrare ed uscire da un’area contaminata siano rispettate”.
Scoperta nel 1904, l’Amiantifera di Balangero – situata nella provincia di Torino, nel territorio dei comuni di Balangero e Corio – è stata utilizzata per l’attività di estrazione di amianto a partire dal 1920 fino alla chiusura, avvenuta nel 1990. Nel 1970 è diventata la più grande miniera di amianto a livello europeo, con una produzione annua di circa 160mila tonnellate del minerale in fibra destinate per oltre il 60% all’esportazione. “Solo il 2% del materiale scavato, costituito da amianto puro, veniva recuperato per la commercializzazione – spiega Paglietti – Le restanti tonnellate di inerte minerario venivano scaricate presso le discariche lapidee, che contengono circa 45 milioni di metri cubi di materiale pericoloso, e un contenuto del 6-9% di amianto, provocando la contaminazione delle aree dei comuni di Corio e Balangero”. La legge n. 257 del 1992 che ha vietato l’estrazione, l’importazione, l’esportazione, la commercializzazione e la produzione di amianto, nonché di prodotti che lo contengono, prevede – all’articolo 11 – l’intervento di risanamento ambientale della miniera di Balangero e Corio, con l’indicazione sulle relative modalità di esecuzione affidate a R.S.A. srl.

Conclusa la prima fase di risanamento ambientale

A oggi, su tutta l’area – 400 ettari della regione montuosa in cui si trova la ex miniera, di cui 310 oggetto di bonifica e risanamento ambientale – sono stati completati gli interventi programmati per la prima fase di attività, che hanno riguardato le operazioni di stabilizzazione idrogeologica delle discariche lapidee, la rimozione dei fanghi contaminati in vasche di decantazione, le opere idrogeologiche finalizzate al controllo delle acque meteoriche e gli interventi di contenimento delle situazioni di emergenza presso gli stabilimenti. Sono stati, inoltre, strutturati e attivati presidi di monitoraggio e controllo delle situazioni a rischio. Attualmente sono in corso le attività di bonifica sugli stabilimenti. A conclusione di tutti i lavori di bonifica è prevista la restituzione alla fruibilità dell’intero sito, anche attraverso progetti di riutilizzo e riqualificazione ambientale.

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Redazione InSic

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