Valutazione del rischio COVID-19 e strategie di prevenzione: un articolo di ricerca INAIL

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INAIL ha pubblicato sulla rivista internazionale Plos One un articolo scientifico dal titolo: “Risk assessment at work and prevention strategies on Covid-19 in Italy” che illustra lo sviluppo della metodologia che i ricercatori dell’Istituto hanno progressivamente messo a punto per valutare il pericolo di contagio da Sars-CoV-2 negli ambienti professionali e superare l’emergenza epidemiologica. I risultati hanno supportato le attività di indirizzo del comitato tecnico Scientifico, sottolineano gli autori.

Vediamo di seguito il tema della ricerca e le sue finalità mettendo in luce in particolare, le considerazioni espresse dai ricercatori circa l’efficacia del Modello partecipativo, il ruolo della sorveglianza sanitaria eccezionale sia durante che post pandemia ed il ruolo fondamentale svolto dai medici competenti durante ma anche, in prospettiva, dopo l’emergenza pandemica da COVID-19.

Risk assessment at work and prevention strategies on Covid-19 in Italy: qual è l’obiettivo della pubblicazione?

La pubblicazione, a cura di Sergio Iavicoli, Fabio Boccuni, Giuliana Buresti, Diana Gagliardi, Benedetta Persechino, Antonio Valenti, Bruna Maria Rondinone (Dimeila) dettaglia la procedura che integra complessivamente l’analisi del processo lavorativo e la prossimità tra i dipendenti, il rischio di infezione connesso al tipo di attività svolta e il coinvolgimento di soggetti terzi con conseguente aggregazione sociale.L’obiettivo era quello di individuare i livelli generali integrati di rischio professionale per la popolazione attiva e per settore economico.

Come è stato valutato il rischio contagio?

Il rischio occupazionale di contagio virale è stato classificato sulla base di tre variabili:

  1. esposizione,
  2. prossimità
  3. aggregazione.

I dati aggiornati sulla forza lavoro sono stati così associati a ciascun settore di attività per ottenere i livelli ponderati di rischio correlati al numero di potenziali lavoratori esposti, e per valutarne l’impatto su mobilità e pendolarismo.

Qual è stato il ruolo della sorveglianza epidemiologica?

Il metodo inoltre è stato implementato nel modello di sorveglianza epidemiologica nazionale al fine di stimare l’impatto della riattivazione di attività specifiche sull’indice Rt di contagio del virus. I risultati hanno supportato le attività di indirizzo del Comitato tecnico scientifico (Cts), istituito dal Governo presso il Dipartimento della Protezione civile, nella individuazione degli interventi progressivi di mitigazione per il superamento dell’emergenza epidemiologica. Oltre quindi a gestire e a contenere il contagio nei luoghi di lavoro, l’inclusione della dimensione lavorativa nello sviluppo delle misure di prevenzione e protezione nel controllo della pandemia si è configurata una misura utile anche per la gestione del rischio collettivo nel suo complesso.

Modello partecipativo: perchè è essenziale il ruolo dei medici del lavoro?

Scrivono i ricercatori INAIL nella ricerca, che nell’ottica di un approccio integrato e partecipativo per l’applicazione delle procedure individuate, è risultato fondamentale il coinvolgimento di tutti i soggetti responsabili della salute e sicurezza sul lavoro: medici di medicina del lavoro (OHP), responsabili della salute e sicurezza, rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza. Tutti loro devono cooperare con il datore di lavoro nel monitoraggio e nell’applicazione di tali misure.

E sottolineano il ruolo svolto dalla sorveglianza sanitaria eccezionale: “È necessario mettere in atto un forte coinvolgimento dei medici di medicina del lavoro e l’organizzazione di un sistema di “sorveglianza sanitaria eccezionale” durante l’emergenza sanitaria COVID-19 e nella fase post-blocco, comprese misure attente per proteggere la salute delle categorie fragili di lavoratori (es. gruppi di età superiore e di quegli individui affetti da una o più malattie cronico-degenerative)”.

Perchè il ruolo dei medici del lavoro sarà essenzale anche dopo la pandemia?

Quanto alle prospettive future, il ruolo dei medici resta centrale, spiegano i ricercatori: “Gli OHP giocheranno un ruolo chiave in tutte le attività relative alla valutazione del rischio e alla sorveglianza sanitaria connesse all’infezione da SARS-CoV-2. Verrà inoltre richiesto un contributo attivo al reinserimento lavorativo di soggetti con anamnesi di infezione da SARS-CoV-2. I casi COVID-19 con polmonite o sindrome respiratoria acuta grave possono soffrire di una ridotta capacità polmonare (anche fino al 20-30%) a causa della malattia, con possibile necessità di prolungata fisioterapia respiratoria. Anche il ricovero prolungato in Unità di Terapia Intensiva e il coma indotto possono essere responsabili di disturbi neurologici e cambiamenti comportamentali, che devono essere attentamente considerati e gestiti in modo adeguato al giudizio lavorativo”.

Quale sarà il ruolo dei lavoratori nella lotta al COVID-19?

Secondo i ricercatori, la partecipazione consapevole e attiva dei dipendenti può portare risultati efficaci con effetti benefici anche al di fuori dell’ambiente di lavoro. È inoltre necessario evidenziare che la percezione di questo rischio, per la sua eccezionale natura e per l’enorme impatto, genera nei lavoratori un senso di insicurezza che può intervenire anche su altri rischi. Pertanto, una corretta gestione e comunicazione del rischio, insieme a tutte le altre soluzioni adottate, può creare un senso di consapevolezza e adeguatezza delle misure.

Esposizione professionale al COVID-19 durante la pandemia

Dai dati si evince che durante la prima ondata la sospensione temporanea della maggior parte delle attività commerciali, ha portato una riduzione di circa il 75% dei lavoratori presenti sul posto di lavoro ha portato, mentre solo il 25% dei dipendenti, (impegnati in strutture sanitarie o nelle forze dell’ordine, o in presidi farmaceutici e alimentari), ha frequentato fisicamente il proprio posto di lavoro e gli incentivi allo smart working e ad altre misure come ferie e congedi sono stati ampiamente adottati dalla pubblica amministrazione e da molte imprese private.
Di conseguenza, rileva la ricerca, i dati epidemiologici hanno mostrato un basso livello di trasmissione delle infezioni sui luoghi di lavoro, con un rilascio progressivo delle misure di contenimento.

Il rischio COVID-19 nel settore sanitario

Gli operatori sanitari e altri impiegati in settori essenziali hanno continuato la loro attività, nonostante affrontassero diverse sfide organizzative, inclusa la grave carenza di dispositivi di protezione individuale scrivono gli autori nel Rapporto. La diffusione dell’epidemia tra gli operatori sanitari ha portato alla luce che il rischio di contagio legato al lavoro è molto concreto. Come confermato dagli ultimi dati disponibili, tale situazione ha causato un numero molto elevato di contagi tra gli operatori sanitari pari al 12,2% dei casi totali. Sono stati registrati anche diversi decessi, un fenomeno comune ad altri paesi colpiti dalla pandemia.

Il rischio COVID-19 negli altri settori

In Italia l’impatto del COVID-19 sui lavoratori può essere misurato anche da oltre 47.000 richieste di risarcimento e 208 decessi legati all’esposizione professionale al COVID-19 registrati al 31 maggio. Rispetto ad altri Paesi, i ricercatori riportano che i contagi si sono verificati tra i lavoratori degli impianti di lavorazione della carne e del pollame negli Stati Uniti ma anche in altri contesti di aggregazione, comprese strutture correzionali e di detenzione e rifugi per senzatetto. Il turismo, l’industria del commercio al dettaglio e dell’ospitalità, i lavoratori dei trasporti e della sicurezza e i lavoratori edili sono stati riconosciuti come settori professionali probabile in uno studio di Singapore.

Redazione InSic

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