Vaccinazioni Covid19 per i lavoratori: le osservazioni della CIIP

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Torniamo a parlare di Piano Pandemico ed aspetti legati alla salute e sicurezza sul lavoro: la Consulta Interassociativa Italiana per la Prevenzione – CIIP ha fornito il proprio contributo al dibattito che si è aperto sul tema della vaccinazione anti COVID 19 per i lavoratori e relativi problemi sanitari e giuridici collegati in un documento dal titolo: “Prime note sulla vaccinazione anti Covid 19 per i lavoratori”.

Il documento si apre con l’illustrazione del piano strategico per la vaccinazione anti SARS-CoV-2/COVID-19 è stato emanato con DM 2/1/2021 e aggiornato con un secondo documento emanato il 8/2/21 “Vaccinazione anti SARS-CoV-2/COVID-19 – Raccomandazioni ad interim sui gruppi target della vaccinazione anti SARS-CoV-2/COVID-19”.

Entra poi nel dibattito circa la obbligatorietà o meno del vaccino in base alla normativa di prevenzione in ambito lavorativo, sul ruolo del medico competente e sulle ricadute delle mancate vaccinazioni sulla idoneità al lavoro.

Vaccini e obbligatorietà: il parere della CIIP

Il punto centrale di tutto il documento è la parte relativa alla obbligatorietà o meno della vaccinazione anti-COVID-19 a livello generale che non è obbligatoria ma fortemente raccomandata. L’obbligatorietà della vaccinazione anti COVID diovrà essere introdotta con un atto normativo di rango legislativo, stante la riserva assoluta di legge prevista dall’art. 32 Cost., spiega la CIIP così come avvenuto per altre vaccinazioni rese obbligatorie. L’obbligatorietà potrebbe anche non essere generalizzata e riguardare alcune tipologie di cittadini e di lavoratori a più stretto contatto con il pubblico, quale misura di prevenzione collettiva condizionante la possibilità di svolgere determinate attività, aggiunge la Consulta Interassociativa Italiana per la Prevenzione.

Obbligatorietà dei vaccini nel mondo del lavoro

Osserva la CIIP a proposito dei riferimenti alla obbligatorietà della vacinazione nella disciplina di salute e sicurezza sul lavoro, che in tema di prevenzione in ambito lavorativo l’art. 279 del D. Lgs. 81/08 prevede che “il datore di lavoro, su conforme parere del medico competente, adotta misure protettive particolari ……” tra cui “a) la messa a disposizione di vaccini efficaci per quei lavoratori che non sono già immuni all’agente biologico presente nella lavorazione, da somministrare a cura del medico competente”. La vaccinazione anti COVID non appare rientrare in tale ambito in quanto l’agente biologico non è presente nella lavorazione bensì diffuso in ogni ambiente. Tuttavia, in alcuni settori lavorativi, come tipicamente quello ospedaliero ed equiparati di cui all’All. XLIV del D. Lgs. 81/08, ma eventualmente anche altri assimilabili, gli agenti biologici, tra cui il SARS-CoV-2/COVID-19, possono costituire un rischio potenziale al quale i lavoratori sono esposti in via strutturale, pur non essendovi in tali attività “la deliberata intenzione di operare con agenti biologici” (art. 271, comma 4).

Vaccini e obblighi del datore di lavoro

L’obbligo del datore di lavoro, ricorda quindi la CIIP, è quello di mettere a disposizione vaccini per i lavoratori non quello di obbligare questi ultimi a sottoporsi a vaccinazione; in altre parole le vaccinazioni non costituiscono un trattamento sanitario obbligatorio perché non previste da leggi, neanche dal D.Lgs. 81/08. Questa considerazione secondo la CIIP vale sia che le vaccinazioni costituiscano una misura di protezione individuale che collettiva.

Vaccini e ruolo del medico competente

Quanto ai medici competenti delle aziende, la CIIP sottolinea il ruolo di ausilio per la realizzazione della campagna vaccinale generale, con particolare riguardo ai lavoratori delle imprese in cui essi operano; il loro contributo si inserirà nella campagna di sanità pubblica secondo le direttive nazionali e regionali. Il loro ruolo è importante non solo nella realizzazione della campagna vaccinale ma anche nell’assicurare una adeguata informazione scientifica che ne favorisca l’adesione da parte dei lavoratori, sottolinea la Consulta, che però rilancia: “Affinché i medici competenti possano dare questo contributo è necessario siano chiari alcuni presupposti primo fra tutti che anche loro usufruiscano, come tutti i sanitari, della vaccinazione anti COVID già nella prima fase della campagna, come richiesto da ANMA con nota del 22 dicembre 2020. “

Vaccinazioni e idoneità al lavoro

Un altro dei punti centrali del documento della CIIP riguarda il nodo della gestione delle idoneità lavorative di quei lavoratori che, per ragioni sanitarie individuali ovvero perché non aderiscono alla vaccinazione, non saranno vaccinati. La CIIP si pone un importante interrogativo: a chi è affidata la sorveglianza sanitaria a protezione degli utenti e della comunità dalle malattie infettive? ? E a chi compete il relativo giudizio di idoneità? Il lavoratore non vaccinato può non presentare alcuna controindicazione all’attività lavorativa, ma può essere esposto al contagio da parte dei colleghi o costituire lui stesso fonte di contagio, osserva la Consulta.

Vaccinazioni e sorveglianza sanitaria al medico competente?

Cercando di rispondere all’interrogativo, la CIIP afferma quindi che nei settori in cui i lavoratori sono esposti sia ad un rischio generico che ad un rischio potenziale da SARS-CoV-2/COVID-19 derivante dalla attività lavorativa (es. strutture sanitarie) la sorveglianza sanitaria e il conseguente giudizio di idoneità potranno essere espletati dal medico competente. Sorveglianza sanitaria e misure di prevenzione dovranno essere strettamente ancorate alla valutazione dei rischi nelle diverse situazioni lavorative.

Ma la CIIP non esclude che il legislatore possa anche decidere di affidare al medico competente la sorveglianza sanitaria a protezione sia del lavoratore che degli utenti e della comunità dalla COVID 19, dilatando le funzioni attribuite al MC dall’art. 41 del D.Lgs. 81/08, come avvenuto per il controllo dell’assunzione di alcol e di sostanze stupefacenti e psicotrope.

Mancate vaccinazioni nei settori di stretto contatto col pubblico

E prosegue poi la Consulta sottolineando come in diversi settori lavorativi in cui il lavoratore presta la sua attività a stretto contatto con il pubblico, si porrà il problema della conferma o meno della sua idoneità e pertanto della conservazione o meno della sua mansione, e in taluni casi anche del posto di lavoro, in caso di impossibilità ad essere vaccinato o di non adesione alla vaccinazione, sempre che non sia possibile attuare altre misure di prevenzione e protezione adeguate (es. smart working).

Sebbene il ragionamento della CIIP assuma particolare rilevanza nelle strutture sanitarie e assistenziali, può essere in realtà di molto più vasta applicazione e tutte le sfaccettature possibili sono analizzabili unicamente da parte del Servizio di Prevenzione e Protezione della singola Unità Produttiva unitamente al Medico competente sulla base delle indicazioni che devono essere approntate da linee guida nazionali. Tali indicazioni, propone la CIIP, potrebbero trovare allocazione nel Protocollo condiviso opportunamente aggiornato.

Vaccinazioni e obbligatorietà: non servono aree grigie

Secondo la CIIP occorre riportare il problema della vaccinazione nel suo alveo naturale che è quello di salute pubblica; “lasciare aree grigie genererà contenziosi e indebite responsabilità per una vaccinazione che potrebbe essere imposta da procedure dedotte da norme giuridicamente interpretabili e non da una legge di riferimento nazionale, contenziosi e indebite responsabilità che potrebbero essere anche imputate per insufficiente azione prevenzionistica nei confronti dei lavoratori”. Secondo la CIIP è indispensabile una ampia campagna di informazione specificamente rivolta al mondo del lavoro per facilitare l’organizzazione e l’adesione alla vaccinazione.

Vaccinazioni e orientamenti della CIIP all’azione di Governo

La Consulta fornisce in chiusura alcune indicazioni per orientare l’azione governativa sul tema delle vaccinazioni:, sollecitando azioni che

  • promuovano il valore della vaccinazione (a prescindere che si tratti di COVID-19 o altro agente infettivo) in particolare per chi opera in ambito sanitario anche e soprattutto a tutela dei pazienti, degli operatori sanitari e delle loro famiglie;
  • valutino, sulla base degli studi in corso sull’efficacia dei diversi vaccini nella protezione non solo dalla malattia ma anche dalla possibilità di infettare gli altri, l’obbligatorietà della vaccinazione quantomeno per il personale sanitario;
  • aggiornino o raccordino le disposizioni emergenziali con quelle legislative in vigore (in particolare il D.Lgs. 81/08 smi) ed in particolare il Titolo X alla luce dell’esperienza di un anno di emergenza pandemica;
  • rafforzino il sistema prevenzionistico – che si è rivelato fortemente deficitario – del comparto sanitario pubblico e aziendale (Dipartimenti di Prevenzione e Servizi di Prevenzione e Protezione aziendali, Medici Competenti, ecc.).

Redazione InSic

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