Omessa informazione all’Ispettorato: la Cassazione sull’ipotesi di reato

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Nuova sentenza tratta dalla rivista Ambiente&Sicurezza sul Lavoro!
Il caso analizzato, fra gli altri, nella rubrica “Rassegna della Giurisprudenza” riguarda l’obbligo dell’imprenditore di fornire le informazioni richieste dall’Ispettorato del lavoro e la configurazione del reato di cui all’art. 4 della L. 628/1961 (omessa informazione delle notizie richieste dall’Ispettorato del lavoro)
Il commento della sentenza della Cass. pen., Sez. III, sentenza n. 13204 del 20.03.2017, è a cura dell‘Avvocato S. Casarrubia.


È reato l’inosservanza degli obblighi di informazione strumentali a consentire all’Ispettorato del lavoro di esercitare le funzioni di vigilanza e controllo allo stesso attribuite dalla legge, a condizione che la richiesta rivolta all’imprenditore sia stata legalmente formulata.
Si discute del reato di cui all‘art. 4 della L. 628/1961 (omessa informazione delle notizie richieste dall’Ispettorato del lavoro). In occasione della pronuncia, la Suprema Corte ne delinea la fattispecie. L’Ispettorato, anzitutto, può stabilire il contenuto, il tempo ed il luogo dell’adempimento dell’obbligo informativo (cfr. Cass. pen. 13406/2000). La richiesta può avere ad oggetto semplici notizie, ma anche l’esibizione di documentazione (Cass. pen. n. 6644/2011). Le informazioni richieste devono essere specifiche, per cui non integra il reato la condotta omissiva del datore di lavoro al quale sia stata genericamente richiesta la trasmissione della “documentazione di lavoro” (Cass. pen. n. 26974/2001).
In secondo luogo è necessario che la richiesta sia stata “legalmente” data. Va, dunque, notificata alla sede dell’azienda perché sia conoscibile dal legale rappresentante (Cass. pen. n. 28701/2004). Infine, ai fini del reato, è necessario che vi sia una mancata risposta alla richiesta oppure che la risposta fornita contenga dati non rilevanti e/o non pertinenti rispetto a quelli richiesti.

L’imputato, nel caso di specie, sosteneva che la propria omissione fosse incolpevole. Non sapeva della richiesta, in quanto il plico non fu ritirato dall’ufficio postale e, in ogni caso, la documentazione era sotto sequestro. La Corte, ciononostante, rigetta il ricorso osservando che la notifica si era comunque perfezionata per “compiuta giacenza”, “dovendo il mancato ritiro delle missive imputarsi alla esclusiva decisione” dell’imputato. Nulla, invece, si dice sul sequestro della documentazione.

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Redazione InSic

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