Isochimica di Avellino: al via il processo

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AGGIORNAMENTO –
Chiusa l’inchiesta preliminare, l’accusa ha chiesto il rinvio a giudizio per 29 persone: coinvolti manager di Fs, dirigenti e medici della Asl, e la giunta comunale che nel 2005 non avviò la bonifica dell’area dove si scoibentava le carrozze ferroviarie



È cominciata questa settimana ad Avellino, nell’aula del centro sociale “Samantha della Porta“, l’udienza preliminare sul caso Isochimica, l’azienda di Borgo Ferrovia che tra il 1983 e il 1988 ha rimosso l’amianto dalle carrozze dei treni per conto delle Ferrovie dello Stato. La procura del capoluogo irpino ha chiesto il rinvio a giudizio per 29 persone, accusate a vario titolo di omicidio plurimo colposo, disastro doloso e disastro ambientale, lesioni, falso in atto pubblico e omissione in atti di ufficio, su cui dovrà pronunciarsi il gup Fabrizio Ciccone.

Secondo i periti dell’accusa, nell’area dell’ex Isochimica sarebbe stato sotterrato amianto per circa 2.276 tonnellate, oltre a quello che sarebbe stato disperso in provincia di Avellino e nella regione Campania: tra uno e due milioni di chilogrammi di amianto “raschiato” dagli operai da 1.740 carrozze ferroviarie e 499 elettromotrici. L’azienda fu chiusa nel 1988 dal pm della procura di Firenze, Beniamino Deidda, al quale si erano rivolti alcuni operai che tre anni prima avevano commissionato uno studio all’Università Cattolica del Sacro Cuore. In quella relazione sono contenuti gli elementi che, 27 anni dopo, sono alla base dell’udienza preliminare.

Sono 237 le parti offese che hanno chiesto di costituirsi parte civile nei confronti del proprietario, Elio Graziano, ma anche di manager di Fs, dirigenti e medici della Asl locale, e dell’intera giunta comunale che nel 2005 non avviò la bonifica del sito, situato a poche decine di metri dalla stazione ferroviaria della città. Nel corso degli anni, 20 ex operai sono deceduti per patologie asbesto-correlate, e 237 risultano contaminati, ma secondo l’inchiesta, coordinata dal procuratore capo, Rosario Cantelmo, e dai pm Elia Taddeo e Roberto Pascot, le attività dell’azienda avrebbero causato “un numero imprecisato di decessi e malattie tra gli abitanti e residenti di Borgo Ferrovia”.

Il giudice Ciccone, chiamato a pronunciarsi sulla richiesta di rinvio a giudizio, ha respinto le istanze di rinvio presentate da alcuni difensori degli indagati e ha concesso invece i termini per procedere all’ammissione delle parti civili, fissando la prossima udienza al 10 novembre. In parallelo con il processo penale, vi è anche il filone del giudizio civile promosso nei confronti delle Fs da sei ex operai per danni morali e biologici. Un altro fronte della vicenda, invece, è quello che riguarda i prepensionamenti: soltanto 29 ex scoibentatori su 200, affetti da patologie asbesto-correlate e con malattia professionale riconosciuta, sono infatti stati ammessi al trattamento previdenziale anticipato.

Sul tema oggi è intervenuto anche il presidente della Commissione bicamerale d’inchiesta sulle ecomafie, Alessandro Bratti, al termine del sopralluogo effettuato questa mattina nell’area dell’Isochimica con il sindaco di Avellino, Paolo Foti. Sui tempi di completamento della bonifica del sito di Borgo Ferrovia, sottoposto a sequestro penale dall’autorità giudiziaria, Bratti si è detto impegnato, insieme ai commissari, “ad accelerare tutta una serie di procedure, anche mettendo in campo una sorta di moral suasion nei confronti delle amministrazioni competenti”. Essendo anche legislatori, ha aggiunto, “cercheremo di prenderci carico di altri problemi che possono emergere, anche per aiutare, nel caso specifico, quei lavoratori dell’Isochimica nel vedersi riconosciuto il diritto al prepensionamento”.


——————————————————–NOTIZIA DEL 14 NOVEMBRE 2015
FONTE: Redazione InSic
Morti per Amianto: chiusa l’inchiesta sull’Isochimica di Avellino


Si è chiusa la maxi inchiesta condotta dalla Procura della Repubblica del capoluogo irpino in merito al disastro ambientale provocato dall’ex Isochimica, la fabbrica dove, nei primi anni Ottanta, venivano scoibentate le carrozze ferroviarie. Il registro degli indagati è salito a 29, tra i quali anche il sindaco di Avellino, Paolo Foti nei confronti dei quali il procuratore capo, Rosario Cantelmo, ipotizza il reato di disastro ambientale colposo continuato, provocato dalla dispersione volontaria delle fibre di amianto nell’area dello stabilimento e nell’ambiente circostante.


Le notifiche di chiusura indagini agli indagati sono state affidate agli uomini del nucleo investigativo del Corpo forestale dello Stato, a cui la Procura avellinese ha affidato le indagini.
Il sindaco Foti, così come il suo predecessore, Giuseppe Galasso è stato accusato di omissione in atti d’ufficio. Il sindaco non avrebbe infatti attuato la messa in sicurezza dell’area della fabbrica dove venivano scoibentate le carrozze ferroviarie. Alcuni funzionari delle Ferrovie sono stati accusati delle stesse inadempienze poiché non avrebbero garantito sulle condizioni igienico-sanitarie a tutela dei lavoratori e sull’affidabilità delle tecnologie per il trattamento dell’amianto. Nel registro degli indagati figurano anche tutti gli assessori della giunta Galasso che, nel 2005, firmarono la delibera che sospese i lavori di bonifica del sito in danno della curatela fallimentare.

Tra le parti offese che sono invece 237, di cui quindici sono morti e oltre la metà è ammalata, compaiono numerosi ex operai dell’Isochimica e le loro famiglie.
Gli inquirenti, nel corso delle indagini, hanno infatti scoperto che i dipendenti dell’ex Isochimica, inconsapevoli del pericolo, lavoravano abitualmente a mani nude, senza mascherine né dispositivi di protezione.
Inoltre, secondo gli inquirenti sarebbero state sotterrate nel piazzale della fabbrica almeno 20mila tonnellate di amianto mentre altre scorie sarebbe state chiuse in cubi di cemento o sistemate in sacchi neri e sversate nelle acque del fiume Sabato anche se non si esclude che la medesima l’operazione sia stata condotta nel mare della costiera amalfitana.

Il processo dovrà quindi chiarire i gradi di responsabilità di enti e istituzioni, soprattutto il ruolo avuto dalle Ferrovie dello stato, che dettero in concessione a privati l’attività di coibentazione e sulla vera entità del disastro ambientale, poiché in questi ultimi 30 anni il sito in cui è ubicata l’area nella quale sono sepolte tonnellate di amianto non è stato ancora bonificato.

Redazione InSic

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