Estrazione di idrocarburi: sì al principio di precauzione per tutela sicurezza e salute

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Il Consiglio di Stato, con sentenza n. 2495, del 18 maggio 2015, ha ritenuto legittima l’applicazione del principio di precauzione da parte dell’Amministrazione Regionale, che aveva ritenuto il progetto di estrazione di idrocarburi presentato da una società, non compatibile a livello ambientale, perché considerato pericoloso per la sicurezza della collettività.



La motivazione del Consiglio è legata alla necessità di prevenire in modo anticipato il danno, poco conosciuto o anche solo potenziale, quando non si conoscono con certezza i rischi di un’attività, ritenuta potenzialmente pericolosa, e quando la scienza non abbia consolidato i propri orientamenti, proprio per garantire una tutela anticipata per la salute e l’ambiente.

Il fatto
Una società, titolare di un permesso di ricerca di idrocarburi, aveva presentato un’istanza per ottenere la concessione di coltivazione “Colle Santo” e aveva sottoposto il progetto a V.I.A. (Valutazione di Impatto Ambientale) presso la Regione Abruzzo.
Tale progetto, era finalizzato alla realizzazione di un altro progetto, denominato “Monte Pallano”, di perforazione e messa in produzione di tre pozzi, di una centrale di raccolta e trattamento gas estratto e della costruzione di un metanodotto di allacciamento alla rete Snam.
Il Comitato VIA del Coordinamento Regionale, aveva ritenuto il progetto Colle Santo non compatibile a livello ambientale, contrariamente a quanto, invece, ritenuto dalle amministrazioni statali coinvolte; ciò perché il Comitato Regionale sosteneva che ci fosse un contrasto dell’impianto di estrazione degli idrocarburi con una misura del Piano di tutela della qualità dell’aria, oltra alla mancata valutazione della quantità di acqua sottratta alle sorgenti a seguito dell’estrazione.
Tale circostanza, secondo l’Autorità, avrebbe arrecato un danno alla sicurezza della collettività; così il Comitato Regionale decideva di applicare il principio di precauzione.

La società, pertanto, decideva di rivolgersi al Tar, sostenendo la presenza di carenze istruttorie e la mancanza di valutazioni tecniche idonee.
Il Tar accoglieva parzialmente il ricorso, ordinando un riesame al Comitato, che si concludeva negativamente confermando due dei motivi del precedente parere: il contrasto del progetto con la misura del Piano (l’assenza di elementi per l’applicazione dell’art. 272, c. 1 e 2,del D.Lgs. n. 152 del 2002) e il mancato superamento dei timori per la sicurezza della collettività.

Il Tar Abruzzo, accoglieva il ricorso della società, annullando così i giudizi del Comitato VIA, per la presenza di rilevanti profili di carenza di istruttoria e per il difetto di motivazione.

Nello specifico, circa il motivo sul contrasto del progetto con il piano, il giudice ha ritenuto che per la natura delle opere di attività estrattiva, non pianificabili e di carattere pubblico, la natura dell’intervento fosse diversa da quella per gli impianti industriali e artigianali previsti dal Piano.
Il Tar ha così evidenziato il carattere recessivo delle previsioni urbanistiche rispetto al titolo per la costruzione degli impianti necessari all’esercizio della concessione (art. 1, comma 82 quater, L. 23 agosto 2004, n. 239) , e ha concluso nel senso dell’inapplicabilità della misura.
Invece, sul motivo collegato all’applicazione del principio di precauzione, il giudice ha ritenuto che il rischio che potessero verificarsi fenomeni irreversibili fosse stato presupposto dal Comitato, e che in realtà non fosse stato preso in considerazione.
Nonostante queste carenze, il Tar ha ravvisato un rischio “talmente consistente” di danni insostenibili per la collettività locale, tali da giustificare l’invocazione del principio di precauzione.
Il giudice di primo grado, con la sua decisione, ha dettato regole su come applicare il principio di precauzione prevedendo che il ricorrente debba provare l’innocuità del progetto da realizzarsi e l’amministrazione debba opportunamente motivare l’applicazione del principio di precauzione.
Così il Tar ha annullato i provvedimenti impugnati.
Le amministrazioni in questione, hanno pertanto deciso di proporre ricorso al Consiglio di Stato.

La decisione del Consiglio di Stato

Il Consiglio di Stato, ha preliminarmente disposto la sospensione dell’esecutività della sentenza impugnata.
I giudici hanno ritenuto fondate le ragioni che hanno portato il Comitato VIA, ad avvalersi del principio di precauzione, in considerazione dei rischi di danni insostenibili per la collettività locale.
Il principio di precauzione, difatti, obbliga le Autorità competenti ad adottare provvedimenti finalizzati alla prevenzione di rischi potenziali per la sanità pubblica, per la sicurezza e per l’ambiente, anticipando la tutela a un momento precedente rispetto alla fase dell’applicazione delle migliori tecniche che concernono, invece, il principio di prevenzione.
Ebbene, il principio di precauzione si applica quando non si conoscono con certezza i rischi di un’attività considerata potenzialmente pericolosa.
I pubblici poteri, devono quindi prevenire in modo anticipato il danno, rispetto al momento di consolidamento delle conoscenze scientifiche, anche quando questo è poco conosciuto o solo potenziale (cfr., ex multis, Cons. Stato Sez. IV, 11 novembre 2014, n. 5525).

In riferimento al caso di specie, i giudici del Consiglio, hanno ritenuto che non ci fosse una prova che una volta costruita la diga sarebbe stata sicura, né che le conseguenze di correre quel rischio sarebbero state diverse.
Pertanto i giudici, hanno ritenuto che il Comitato VIA, avesse in quella sede, correttamente applicato il principio di prevenzione per la presenza del rischio di cedimento della diga e per le esigenze di tutela ambientale e di incolumità pubblica.

La Corte ha ritenuto che l’obbligo di motivazione fosse stato adeguatamente assolto dall’amministrazione, proprio quando ha evidenziato i timori connessi al fenomeno della subsidenza legata all’estrazione del gas, per il fatto che, per l’ubicazione del giacimento al di sotto del lago, ci sarebbero potute essere conseguenze disastrose da un eventuale crollo della diga.

Per questo motivo, la Corte ha ritenuto che il Comitato avesse opportunamente predisposto una tutela anticipata, tipica del principio di precauzione.
Così il ricorso dell’Amministrazione è stato accolto dal Consiglio di Stato.


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Redazione InSic

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