Porti europei: un dialogo sociale tra lavoratori portuali e datori di lavoro

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La Commissione europea accoglie con favore il nuovo comitato per il dialogo sociale nel settore portuale, varato il 18 giugno scorso, con la partecipazione di autorità portuali, terminalisti, lavoratori portuali ed altri operatori di tutta l’UE. I porti europei danno lavoro a 1,5 milioni di persone e altrettanti sono i posti di lavoro indiretti generati nei 22 Stati membri dell’Unione che dispongono di uno sbocco sul mare. Il nuovo comitato si occuperà delle sfide cui è confrontato il settore e contribuirà ad assicurarne il successo a lungo termine. Nei nostri porti, motori di sviluppo economico e fonte di ricchezza, un aumento del traffico merci, delle navi da crociera e dei traghetti significa più posti di lavoro e nuove opportunità.

I commenti delle autorità europee

Siim Kallas, vicepresidente e commissario per i Trasporti, ha dichiarato: “I porti europei possono contribuire in misura significativa a creare posti di lavoro di qualità, attrarre investimenti e promuovere la crescita. Insieme agli orientamenti per la rete transeuropea di trasporto e al meccanismo per collegare l’Europa, attualmente all’esame del Parlamento europeo e del Consiglio, il quadro giuridico proposto il 23 maggio consentirà di semplificare le procedure, agevolare l’accesso ai servizi portuali e attrarre investimenti. Tuttavia occorre assicurare ai lavoratori portuali una formazione adeguata e un ambiente di lavoro adeguato. Il dialogo sociale contribuirà a raggiungere questo obiettivo.”.

László Andor, commissario europeo per l’Occupazione, gli affari sociali e l’inclusione, ha dichiarato: “Dobbiamo rafforzare il ruolo delle parti sociali a tutti i livelli, se vogliamo uscire dalla crisi e preservare i vantaggi del modello sociale europeo e della coesione sociale. Le discussioni che avranno luogo nel comitato per il dialogo sociale contribuiranno a migliorare la vita dei lavoratori portuali, ad esempio in termini di salute, sicurezza e condizioni di lavoro. È essenziale che le parti sociali siano coinvolte nelle riforme, specie in un contesto di modernizzazione delle infrastrutture portuali e di tagli della spesa pubblica.”.

Il nuovo comitato, che si riunisce oggi a Bruxelles per la prima volta, raggruppa l’Organizzazione europea dei porti marittimi, la Federazione europea degli operatori portuali privati (European Federation of Private Port Terminal Operators), la Federazione europea dei lavoratori dei trasporti e l’International Dockers Coordination Europe, che rappresenta i lavoratori portuali nei porti europei.

Il Contesto


Il programma di lavoro del comitato per gli anni a venire rispecchia l’impegno delle parti sociali di affrontare insieme queste sfide, concentrandosi su aspetti quali la formazione e qualificazione professionale, la capacità di attrarre giovani lavoratori, la salute e la sicurezza e la promozione dell’occupazione femminile.

Il 23 maggio 2013 la Commissione ha presentato al Parlamento europeo e al Consiglio una proposta legislativa volta a modernizzare i servizi portuali e ad attrarre investimenti nei porti dell’UE. Nella difficile congiuntura economica attuale, il settore portuale e della logistica marittima prosegue sulla via della ripresa, facilitando gli scambi e le esportazioni dell’UE e contribuendo alla competitività delle imprese europee.
Nei prossimi 15-20 anni i porti europei dovranno far fronte a una netta crescita del traffico e adeguarsi a nuove generazioni di navi, nuovi scambi di prodotti energetici quali gas e biomassa e nuove complessità logistiche connesse alle operazioni nei terminali e ai collegamenti dei porti con l’entroterra.

Se da un lato questa crescita consentirà di creare numerosi nuovi posti di lavoro, in particolare per i giovani, dall’altro occorrerà adeguare la formazione dei lavoratori ai nuovi sviluppi tecnologici. La crescente domanda di formazione tecnica andrà di pari passo con un maggiore accento sulle tecnologie informatiche applicabili alla movimentazione delle merci e alla logistica portuale. D’altro canto, queste nuove esigenze potrebbero incidere sulle condizioni di lavoro e dar luogo a nuovi rischi e pericoli per i lavoratori.
Nel quadro del piano d’azione che accompagna la sua proposta legislativa, la Commissione ha accettato di prestare assistenza tecnica e amministrativa al dialogo sociale per contribuire ad affrontare queste sfide comuni.

Costituito da discussioni, consultazioni, negoziati e azioni comuni cui partecipano le organizzazioni che rappresentano le parti sociali (datori di lavoro e lavoratori), il dialogo sociale si iscrive nell’ambito del modello sociale europeo ed è riconosciuto quale strumento di buon governo e di sussidiarietà sociale. Esso si è inoltre dimostrato un valido strumento di resilienza sociale, contribuendo ad attenuare l’impatto sociale negativo della recessione e della crisi

Redazione InSic

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