La nuova visione del BIM – l’intervento

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Nel precedente articolo “La nuova visione del Bim – lo scenario” è stata spiegata la necessità di prospettare una nuova visione del BIM: la metodologia della modellazione informativa.

Questo contributo contiene una serie di suggerimenti per iniziare a porre le basi per la diffusione di questa nuova visione, cercando di capire in che modo il digitale e in particolare la metodologia della modellazione informativa può diventare essa stessa l’asset principale sul quale investire prima di immaginare ogni altra forma di investimento.

Nell'articolo

Qual è l’obiettivo della modellazione informativa?

L’obiettivo è quello di superare l’attuale impostazione che equipara la metodologia BIM alla progettazione tridimensionale parametrica, un errore che di fatto ha relegato la metodologia all’interno del silo della progettazione, togliendole lo scopo fondativo che era appunto quello di superare le barriere della comunicazione tra le fasi del processo: Project Collaboration through Virtual Design and Construction, new technologies to crash age old communication barriers.

Per capire l’importanza di quanto affermato basta porsi delle semplici domande. Perché progettiamo la costruzione? Per il miglior progetto? O per la migliore realizzazione? Oppure lo facciamo per produrre una costruzione ai fini del suo utilizzo?

Se la risposta all’ultima domanda è affermativa, allora le domande conseguenti sono: sappiamo progettare l’utilizzo? Cioè sappiamo progettare l’utilizzo a partire dal bisogno? Sappiamo progettare come oggettivare la prestazione? Che significa: sappiamo garantire il risultato del progetto e della costruzione? E sappiamo progettare il mantenimento della prestazione, cioè la manutenzione?

L’importanza della fase di gestione

Tutte queste domande hanno risposte che possono scaturire solamente concependo ogni fase in funzione dell’uso ed è per questo che la fase di gestione, concomitante all’uso, assume una importanza straordinaria nell’ambito delle attività della metodologia della modellazione informativa.

E così, a proposito di necessità di attenzione sempre più cogenti a temi come il territorio, l’ambiente, la sostenibilità e la resilienza, come possiamo tollerare che tutte le intelligenze straordinarie che tanto stanno facendo nel campo della progettazione tridimensionale parametrica non siano in grado di impattare minimamente sulla concezione antica per la quale la costruzione appena terminata sia un valore destinato ineludibilmente a decrescere nel tempo?

La fase in funzione dell’uso

Il ruolo chiave dell’uso nell’arco del processo della costruzione diviene palese quando si comprende che tale fase non si riferisce tanto e solamente alla conduzione, gestione e manutenzione della cosa costruita ma anzi, al contrario, soprattutto alla gamma di attività/servizio che attraverso gli asset e le infrastrutture possono venire e vengono erogati.

E sarebbe un bene occuparsi pienamente di tali attività/servizio proprio perché, in termini di resilienza, la costruzione possa variarne la propria destinazione sulla base di quelle esigenze fisiche, tecniche e tecnologiche che variano continuativamente nel tempo.

Le costruzioni orientate alla massima flessibilità

Di fronte al dirompente scenario che le tecnologie mettono a disposizione è sempre più evidente, infatti, la necessità di costruzioni orientate alla massima flessibilità delle attività/servizio che su di esse possono insistere e svilupparsi.

Come porre le basi per una nuova visione del BIM: i passaggi

Questo articolo contiene una serie di suggerimenti, di cose da fare, per recuperare il tempo perduto e iniziare a porre le basi per la diffusione di una nuova visione del BIM.

Come può dunque il digitale e in particolare la metodologia della modellazione informativa all’interno del settore della costruzione diventare essa stessa l’asset principale sul quale investire prima di immaginare ogni altra forma di investimento?

Un possibile percorso, che conduce ad un profondo radicale ripensamento dell’intera materia, per trasformare veramente il costruito in una vera opportunità di rinnovamento per il Paese, potrebbe essere costituito come di seguito.

1.     Definitiva separazione tra modellazione 3D e BIM

Prima di tutto è necessaria un’azione di diffusione della conoscenza che sia libera dal condizionamento dell’attuale visione che governa la materia dal punto di vista teorico scientifico. E in tal senso vanno separati definitivamente l’ambito della modellazione 3D da quello della modellazione BIM.

Si scoprirebbe semplicemente che tutta la rivoluzionaria applicazione della digitalità al settore della costruzione di fatto non esiste.

Perché l’applicazione della digitalità al settore costruzioni non esiste di fatto?

Intanto, perché riferendoci in particolare alla componente “dati” la modellazione parametrica già si faceva con i sistemi di progettazione 2D, con l’avvento dei blocchi CAD prima parametrici e successivamente dinamici. Certamente i software di modellazione erano strumenti molto meno potenti e meno collaborativi ma chi aveva la capacità di customizzare i software CAD e condivideva tutti i dati sul web già faceva le cose che oggi si danno per rivoluzionarie.

In questo contesto, la società e-Metodi che l’autore ha l’onore di rappresentare, ad esempio, attraverso un team di esperti sempre all’avanguardia in termini di sviluppo di sistemi informativi per la gestione tecnica del costruito, già negli anni 2000 aveva realizzato i primi sistemi di mappatura dei dati, che venivano sincronizzati sui datacenter remoti su Internet per la condivisione delle informazioni, a partire dai blocchi CAD parametrici sui quali erano stati implementati specifici attributi.

L’impatto minimale sul costo del ciclo di vita

Ma il motivo che spinge a dubitare che si stia assistendo ad una rivoluzione del settore è l’impatto minimale sul costo totale del ciclo di vita, nonostante diversi tentativi di coinvolgimento del BIM nel settore del Facility Management considerato per la sola parte operativa, quella relativa alle attività di manutenzione edile ed impiantistica.

L’importanza della tridimensionalità

Al tempo stesso, tuttavia, qui non si vuole per questo togliere nulla alla reale e fondamentale importanza che riveste la tridimensionalità e le sue leve: quella della capacità di visualizzare nell’unico ambiente tridimensionale tutti i contributi di progetto dei diversi specialisti; quella della capacità di poter rappresentare un potente strumento di simulazione di fenomeni e aspetti che così studiati possono molte volte aiutare a performare la realtà e quella di avvicinare percezione e realtà con un sempre maggiore grado di coinvolgimento del “rappresentante del bisogno” in fase di sviluppo dell’idea progettuale.

Tutte queste caratteristiche costituiscono una reale rivoluzione della fase della progettazione, apportando un enorme capacità di efficientamento con impatti concreti in termini di riduzione dei costi anche nella fase di realizzazione a motivo della migliore qualità dei progetti.

Rimane il fatto che sempre e solo di progettazione parametrica si tratta e che l’impatto, rispetto ai risultati sul costo totale del ciclo di vita, risulta comunque modesto.

Tornando alla necessità della separazione tra modellazione 3D e BIM, possiamo affermare che questa può immaginarsi possibile solamente ammettendo che impostare tutta la metodologia BIM a partire dalla terza dimensione è stato un errore.

2. Equiparazione della terza dimensione

Dobbiamo quindi lavorare per portare la geometria, la terza dimensione (3D), allo stesso livello delle altre dimensioni, passando così da una impostazione come quella rappresentata nell’immagine di sopra a quella di sotto.

Che la geometria, come dato dimensionale, non debba essere condizionante nella costruzione delle altre dimensioni, si può comprendere semplicemente ammettendo che spesso, in molte situazioni, la sua presenza è del tutto inutile e che, in altre, ha un costo non sostenibile in alcun modo.

Noi non possiamo certo ammettere di non applicare la modellazione dei dati della costruzione, quindi la digitalizzazione dell’intero costruito, solo perché necessiterebbe avere di tutto questo la rappresentazione tridimensionale.

È vero che la tecnologia brucia i tempi e fa passi da gigante, ma non si può pensare di dover attendere che la tecnologia sia in grado di restituire scansioni laser già “modellate”, magari attingendo all’intelligenza artificiale, per il riconoscimento automatico dei contenuti dei contenitori, semplicemente perché non c’è più tempo da perdere nel processo di conoscenza digitale del costruito.

3.     Indipendenza dalla terza dimensione

È opinione diffusa tra gli esperti del settore che non sia possibile applicare la metodologia della modellazione informativa senza il modello tridimensionale.

Per quanto spiegato nel precedente articolo, la metodologia della modellazione informativa si attua al di fuori del processo della costruzione e per questo è completamente indipendente dalle attività che si compiono all’interno delle fasi del processo, che invece collega tra loro in modo indissolubile, governandole.

In questa visione i dati grafici non sono più cogenti, semplicemente perché si abbandona completamente l’idea che la metodologia BIM si realizzi in fase di progettazione e meno che mai implementando la modellazione parametrica all’interno degli strumenti di authoring.

Perché la metodologia può applicarsi al costruito esistente

Se accettiamo la nuova visione per la quale la metodologia è esterna al processo della costruzione, comprendiamo il motivo per il quale può applicarsi efficacemente e compiutamente anche e soprattutto sul costruito esistente: in tal caso si possono ottenere risultati informativi anche prescindendo dalle informazioni grafiche.

La totale indipendenza della metodologia della modellazione delle informazioni dalla terza dimensione porta anche a immaginare come questa possa realizzarsi a partire da qualsiasi fase del processo, anche quando non lo sia stata per le fasi precedenti.

Quest’ultima considerazione spiega il legame a ritroso tra le fasi della costruzione a livello informativo. Per esempio, non si capirebbe perché applicare la metodologia della generazione delle informazioni ad una costruzione abbandonata che si deve solamente demolire. La risposta è che nel mondo digitale ogni fase può fornire informazioni a tutte le altre, a monte per la progettazione di costruzioni circolari e a valle per la gestione del rifiuto della demolizione.

4.     Il formato standard IFC e l’interoperabilità

Un altro fondamentale passo da realizzare è interrompere definitivamente l’idea di interpretare l’utilizzo del formato standard aperto come sinonimo di interoperabilità. Il fatto che software diversi possano leggere e scrivere un file tutti nello stesso modo non è affatto espressione di interoperabilità.

Cosa vuol dire adottare un “formato aperto”?

Adottare un formato aperto significa superare i vincoli imposti dall’utilizzo di file in formato “proprietario” ovvero utilizzabili esclusivamente con un determinato software. Ne è un esempio importante il formato OpenDocument per applicazioni di ufficio utilizzato da molte amministrazioni pubbliche dei governi di tutto il mondo e divenuto standard ISO nel 2006.

Certamente sul piano strettamente operativo la complessità della struttura del contenuto del file IFC, che descrive qualsiasi entità del settore della costruzione, non è nemmeno paragonabile a quella semplice della gerarchia: libro, titoli, capitoli, paragrafi e parole del formato ODT, ma dal punto di vista concettuale i due standard:

  • OpenDocument (ISO 26300) formato file Open Document Text (ODT)
  • e OpenBIM (ISO 16739) formato file Industry Foundation Classes (IFC),

 sono identici.

In realtà, la necessità della condivisione dei file in formato aperto dello standard IFC è ben più importante e complessa di quella dell’OpenDocument.

  • Per OpenDocument, infatti, si tratta solamente di utilizzare qualsiasi software compatibile per leggere e modificare un medesimo testo, ovvero un solo file, senza dipendere da software proprietari.
  • Mentre per l’IFC si tratta, invece, di aprire e leggere contemporaneamente più file nella cosiddetta “federazione” dei modelli, cosa che non sarebbe possibile al di fuori di un formato standard.

Cosa si intende per interoperabilità?

L’interoperabilità è, invece, ben altro.

Per interoperabilità si intende lo scambio autonomo di capacità di elaborazione tra calcolatori, un concetto, una potenzialità e un’importanza completamente diversi.

L’interoperabilità è definita perfettamente dall’European Interoperability Framework (EIF) a cui fa totale riferimento anche l’Agenzia per l’Italia Digitale (AgID).

È proprio all’EIF che si dovrebbe anche far riferimento per il passaggio dalla condivisione del formato dati standard tra software di progettazione e il vero sistema di interscambio tra sistemi informativi coinvolti nelle diverse fasi del processo della costruzione.

L’implementazione del Common Data Environment (CDE) e dei suoi dati e documenti

Ne è prova il fatto che esiste un ampio dibattito circa la definizione, implementazione e successiva proprietà del cosiddetto Common Data Environment (CDE) e dei dati e documenti in questo contenuti. L’errore è considerare “il” CDE e non “i” CDE, come sarebbe nel caso in cui si concepisse correttamente l’interoperabilità.

Perché l’interoperabilità non è al centro del dibattito sul BIM

Sembra che il tema dell’interoperabilità non sia al centro del dibattito nel mondo BIM, tutto teso ad implementare lo scambio dati aperto, l’openBIM. Forse il motivo di questo è proprio che doversi occupare dell’interoperabilità dovrebbe comportare la revisione dell’attuale visione del BIM come modello tridimensionale parametrico implementato in fase di progettazione, il che significherebbe ridefinire completamente l’intera materia.

Interoperabilità e informatizzazione dei sistemi attraverso i metodi

Anche se in modo del tutto esemplificativo, si deve far notare come l’interoperabilità porta con sé i cardini della informatizzazione dei sistemi. Questi sono: proprietà, metodi ed eventi.

Per questo si dovrebbe riflettere sul significato intrinseco dell’interoperabilità, perché questa non è affatto basata sullo scambio dei dati, quanto piuttosto sulla possibilità di condividere la capacità di elaborazione degli stessi attraverso opportuni metodi.

Cosa sono i metodi?

Questi ultimi sono, quindi, espressione di processi di input e output, dove in input non ricevono i dati ma i parametri della richiesta e forniscono in output il risultato di una elaborazione. I metodi svolgono fasi di un processo di interscambio collaborativo di elaborazioni di dati ed è per questo che oggi più comunemente vengono definiti servizi.

Essendo metodi di un processo di produzione, i servizi forniranno elaborazioni quando saranno invocati per la restituzione di informazioni ma, per lo stesso motivo, esisteranno anche servizi deputati alla generazione di altri dati, come nel caso della costruzione delle serie storiche per la valutazione dell’andamento dei fenomeni.

5.     I dati della fase di gestione per la Manutenzione

La quantità di dati e soprattutto di “nuovi” dati prodotti in fase di gestione è decisamente sottovalutata. Ma solamente l’idea di poter utilizzare sistemi predittivi dovrebbe far capire che, diversamente da quanto comunemente si crede, i dati in fase di gestione sono nuovi, non previsti e generalmente di enorme numerosità e valore.

Un esempio pratico

Per esemplificare, si supponga che un team BIM definisca al fine della garanzia del confort ambientale, un range della temperatura interna ad una specifica destinazione d’uso, ad esempio un ufficio.

In fase di progettazione, la modellazione tridimensionale parametrica definisce il livello minimo e massimo previsti, oltre a tutte le caratteristiche degli impianti di raffreddamento e riscaldamento tali da garantire il range previsto.

Questi dati sono completi ed esaustivi ai fini delle necessità della costruzione, ma non lo sono affatto per la fase di gestione, per la conduzione e per la manutenzione.

Il set dati per la conduzione degli impianti

La conduzione degli impianti, infatti, ha necessità di un altro set di dati per ottenere l’informazione necessaria alla presa della decisione. Quale? Quella di modificare i parametri degli impianti per il riallineamento della temperatura quando questa si sta muovendo verso il raggiungimento dei parametri soglia.

Il set di dati della fase della progettazione formato da due soli numeri (temperature massima e minima) deve essere raddoppiato per la fase di gestione a favore della conduzione e questa necessità viene definita dalla modellazione informativa quando questa è vista in una ottica a 360 gradi come insieme delle necessità di tutte le fasi del ciclo di vita della costruzione.

Il valore della Manutenzione

Ma è con la manutenzione che le cose si complicano notevolmente. La manutenzione è l’attività che tende a garantire la prestazionalità di una cosa. La manutenzione cioè si occupa di tutte le strategie, tattiche e operazioni necessarie affinché il valore prestazionale definito dal progettista sia mantenuto costantemente nel tempo. La manutenzione per garantire questo risultato ma, si badi bene, per garantire anche il risultato del suo stesso impiego, ha necessità di eseguire il monitoraggio delle performance.

Manutenzione nel caso preso in esame

Nel caso in esame, la manutenzione rileverà la temperatura massima e minima giornaliera e registrerà queste informazioni in modo digitale, trasformando il set dati di soli due numeri iniziali, in un crescente data set di valori che risulteranno di fondamentale importanza per il monitoraggio delle performance.

Si ipotizzi, infatti, che in modo del tutto imprevisto dopo alcuni anni di vita dell’edificio ne venga costruito un altro proprio a fianco del primo e che per via dell’esposizione a sud della facciata di questo si determini una sensibile variazione delle condizioni di temperatura interne.

I limiti della progettazione

Cosa avrebbe potuto definire per questo caso la progettazione? Sicuramente nulla. La progettazione non può prevedere eventi non ipotizzabili inizialmente, come quello del caso in esame, o come tutti quelli connessi all’alea dell’antropicità della costruzione.

È alla manutenzione, infatti, che spetta a questo punto riavviare la metodologia della modellazione informativa, per mettere in atto tutte le azioni necessarie al fine di garantire i parametri prestazionali previsti. Da questo semplice esempio si evince la possibilità che vi sia un’attività di modellazione informativa BIM anche al di fuori della progettazione, ma soprattutto al di fuori delle geometrie tridimensionali.

6.     Le N dimensioni del BIM

Generalmente le dimensioni del BIM, ovvero le grandezze raggruppate per le principali caratteristiche, sono 7 e rispettivamente:

  1. dato alfanumerico,
  2. geometrie bidimensionali (2D),
  3. geometrie tridimensionali (3D),
  4. tempi,
  5. costi,
  6. sostenibilità,
  7. facility management.

Spesso la numerazione e la successione non sono le stesse. Inoltre, vi sono alcuni che aggiungono altre dimensioni, ma senza mai arrivare ad una chiarificazione della questione.

BIM: le N dimensioni riguarda la fase di progettazione

Ma quello che, invece, si dovrebbe veramente considerare è che la visione delle N dimensioni è sempre e solo limitata alla loro definizione nella sola fase di progettazione. E per questo la domanda sorge spontanea: dove sono i requisiti informativi, tempi e costi delle altre fasi del ciclo di vita della costruzione a partire proprio dalla progettazione?

Il limite di una sola dimensione di costo

In questo ambito, si deve considerare con attenzione come per favorire l’attuazione di scelte consapevoli di investimento in infrastrutture, va risolto il limite di definire una sola dimensione di costo, quello della costruzione. Dovrebbe, infatti, essere evidente l’importanza che riveste la previsione dell’andamento del costo globale della costruzione nel tempo.

Un calcolo che, rappresentato dal rapporto costo iniziale/costo totale, richiede che la dimensione costo sia ben distinta tra costruzione e gestione.

La definizione dei requisiti informativi per ciascuna fase

Ci si deve attivare perché la definizione dei requisiti informativi, tempi, costi, efficienza e sostenibilità sia espressa per ciascuna delle fasi. Inoltre, andrebbe immediatamente inserita, con lo stesso livello di importanza, anche la fase fondamentale della produzione dei fattori produttivi della costruzione.

E a questo scopo si dovrà attivare immediatamente ogni intelligenza per immaginare come anche nella costruzione i fattori della produzione potranno appartenere ad un processo di generazione circolare.

Considerazioni finali: l’opportunità di ridefinire la costruzione

Abbiamo enormi opportunità di ridefinire completamente la costruzione. Opportunità che possono orientare il nostro Paese verso un nuovo modello economico fatto di valorizzazione del costruito e del territorio. È difficile immaginare altri settori produttivi dove l’effetto dell’investimento può avere lo stesso ritorno in termini di benessere e ricchezza delle persone e anche la stessa capacità di influenzare positivamente gli altri settori dell’economia.

Certamente c’è molto da fare, ma per iniziare non possiamo fare altro che pulire completamente la lavagna e ricominciare a scriverci da capo.

L’Autore – Andrea Tiveron

Direttore della società e-Metodi

Ricercatore indipendente esperto di

  • gestione tecnica del costruito (progettazione, costruzione, sicurezza e gestione)
  • di facility management (FM), la disciplina aziendale in merito alla quale ha scritto il libro “e-facility – modelli organizzativi di e-business per il facility management
  • e di Building Information Modeling (BIM) la modellazione delle informazioni nell’ambito del processo edilizio, (la metodologia in merito alla quale ha scritto il libro “e-BIM la metodologia della modellazione informativa in una economia a risultato“.)