Violenze e molestie sul lavoro: cosa sono, la valutazione del rischio e le misure di prevenzione

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Il fenomeno della violenza sui luoghi di lavoro è un problema di crescente per gravità e diffusione, che colpisce molti settori lavorativi, tornato al centro della regolamentazione nazionale a seguito della ratifica definitiva della Convenzione OIL 2019 n.190 sulla violenza e molestie nel mondo del lavoro.

In questo contributo, mettiamo in luce le ultime definizioni di violenza e molestie e la regolamentazione internazionale, europea e nazionale del fenomeno.

Inoltre, un focus sui rischi psicosociali e sulla valutazione del rischio violenza/molestie nei luoghi di lavoro e sulle possibili misure di prevenzione e contrasto al fenomeno nei contesti aziendali.

Cosa si intende per violenza sul posto di lavoro?

Il termine “violenza” comprende tutte le forme di abuso, cioè di comportamento che degrada, umilia o danneggia la dignità, il valore o la salute dell’uomo.

Violenza sul lavoro: definizione

In base alla la Convenzione del 2019 sulla violenza e le molestie nel mondo del lavoro (n. 190)  (art. 1) recentemente ratificata anche dall’Italia, l’espressione «violenza e molestie» nel mondo del lavoro indica un insieme di pratiche e di comportamenti inaccettabili, o la minaccia di porli in essere, sia in un’unica occasione, sia ripetutamente, che si prefiggano, causino o possano comportare un danno fisico, psicologico, sessuale o economico, e include la violenza e le molestie di genere[1].

Con la ratifica italiana della Convenzione ILO, lo Stato riconosce che violenza e molestie sul luogo di lavoro possono costituire violazione dei diritti umani, rappresentano minaccia alle pari opportunità e risultano incompatibili con il lavoro dignitoso.

Inoltre, all’interno del prossimo Quadro Strategico europeo 2021-2026, la Commissione si è prefissa di proporre un’iniziativa legislativa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza di genere nei confronti delle donne e la violenza domestica entro la fine del 2021.

Cosa si intende per violenza o molestia di genere?

In base alla Convenzione ILO 2019, l’espressione “violenza e molestie di genere” indica la violenza e le molestie nei confronti di persone in ragione del loro sesso o genere, o che colpiscano in modo sproporzionato persone di un sesso o genere specifico, ivi comprese le molestie sessuali.

Quali sono i tipi di violenza sul lavoro?

Le forme sotto le quali la violenza si può manifestare sono molteplici: si va dalla molestia (harassment) intesa come comportamento caratterizzato da insistenti richieste, messaggi, telefonate o qualsivoglia contatto indebito causa di fastidio e preoccupazione in chi subisce l’evento.

Il bullismo (bullying) e il mobbing sono comportamenti molesti ripetuti che determinano un deterioramento delle condizioni di lavoro e compromettono dignità, salute mentale, fisica nonché carriera del lavoratore.

Lo stalking è una forma di molestia petulante, prolungata nel tempo, che può originarsi nel luogo di lavoro, o nascere al di fuori di esso ma influenzarlo.

Violenza sul lavoro interna e violenza esterna

La violenza può altresì essere distinta in:

  • Una forma “interna”, intesa questa come azione che si verifica tra lavoratori, compresi dirigenti e supervisori
  • una forma “esterna” comprendente generalmente insulti, minacce o forme di aggressione fisica e psicologica praticate sul posto di lavoro da soggetti esterni all’organizzazione, compresa la clientela, tali da mettere a repentaglio la salute o il benessere dell’individuo; può esservi presente una componente razziale o sessuale.

I fattori che favoriscono la violenza sul lavoro secondo NIOSH e ILO

Secondo il NIOSH, l’organismo governativo statunitense che si occupa di salute e sicurezza del lavoro e l’ILO, Ufficio Internazionale del Lavoro con sede a Ginevra, i fattori che favoriscono la violenza comprendono[2]:

  • maneggiare denaro o beni appetibili; la custodia di beni od oggetti;
  • il contatto col pubblico;
  • fornire cure o educazione;
  • il lavoro in funzioni sociali;
  • lo svolgimento di ispezioni o controlli;
  • il lavoro con soggetti mentalmente disturbati o sotto effetto di droghe o alcool o potenzialmente violenti;
  • il lavoro in isolamento;
  • il lavoro in un ambiente mobile;
  • il lavoro notturno o all’alba,
  • il lavoro in aree ad alto tasso di criminalità.

La prevenzione della violenza sul lavoro e le misure di sostegno

La prevenzione della violenza avviene su due livelli:

  1. prevenzione o riduzione degli atti di violenza
  2. forme di sostegno alla vittima nel caso di episodi di violenza che si siano già verificati. Il sostegno dovrebbe essere volto a contenere al minimo gli effetti dannosi dell’incidente e prevenire i sensi di colpa che possono insorgere nella vittima in seguito all’aggressione e che potrebbero indurla a non denunciare l’episodio.

La Tabella 1 riporta alcune delle azioni che possono essere comprese in una Politica Aziendale di prevenzione della violenza occupazionale in base alle indicazioni fornite dall’Unione europea:

Azioni preventiveEsempi
L’ambiente sul posto di lavoroMisure per la sicurezza fisica: serrature, divisori, illuminazione
adeguata, reception desk, uscite di sicurezza, telecamere,
sistemi d’allarme, access code, limitazione delle aree senza
uscita e oggetti potenzialmente strumenti di aggressione;
Migliorare posti a sedere, arredi, fornire informazioni regolari
sui ritardi, ecc..
Organizzazione del lavoro e definizione dei
compiti
Regolare rimozione del contante e degli oggetti di valore, uso
di alternativa al contante;
Gestione di sistemi elimina code;
Staff di accompagnamento;
Controllo credenziali dei visitatori;
Evitare di far lavorare i dipendenti in condizioni di isolamento e,
qualora non possibile, mantenere i contatti con loro;
Migliore servizio di accoglienza e di pubblica informazione ecc.
Formazione e informazione del personaleRiconoscere i comportamenti e i segnali precoci di aggressività;
Strategie per gestire le situazioni difficili con i clienti;
Seguire le procedure istituite per tutelare i dipendenti:
applicare le istruzioni di sicurezza, garantire comunicazioni
adeguate, intervenire per contenere l’aggressione, individuare i
clienti con precedenti di violenza;
Gestire lo stress insito nella situazione per controllare le
reazioni emotive.
Misure di prevenzione della violenza nei luoghi di lavoro
[Fonte: FACTS. Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro. https://osha.europa.eu/it/publications/factsheets/24]

Cosa si intende per molestie sul lavoro?

In base alla DIRETTIVA 2006/54/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 5 luglio 2006 (direttiva di riferimento sulle pari opportunità e parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego) recepita nel nostro ordinamento dal Codice delle pari Opportunità (DECRETO LEGISLATIVO 11 aprile 2006, n. 198) per molestie: si intende una “situazione nella quale si verifica un comportamento indesiderato connesso al sesso di una persona avente lo scopo o l’effetto di violare la dignità di tale persona e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante od offensivo”(art.1).

Molestie sul lavoro: definizione

In base al Codice delle Pari Opportunità (artt. 25 e 26 dedicati alle Pari opportunità sul lavoro) sono considerate come discriminazioni anche le molestie, definite come “quei comportamenti indesiderati, posti in essere per ragioni connesse al sesso, aventi lo scopo o l’effetto di violare la dignita’ di una lavoratrice o di un lavoratore e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo”.

Cosa si intende per molestie sessuali?

Sempre nel Codice delle pari Opportunità (art. 26) si specifica che sono considerate come discriminazioni anche le molestie sessuali, ovvero “quei comportamenti indesiderati a connotazione sessuale, espressi in forma fisica, verbale o non verbale, aventi lo scopo o l’effetto di violare la dignità di una lavoratrice o di un lavoratore e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo”.

Cosa si intende per Discriminazione sul lavoro

In base alla Direttiva 2006/54, recepita dal Codice Pari Opportunità (art.25) si distingue:

  • discriminazione diretta: situazione nella quale una persona è trattata meno favorevolmente in base al sesso di quanto un’altra persona sia, sia stata o sarebbe trattata in una situazione analoga;
  • discriminazione indiretta: situazione nella quale una disposizione, un criterio o una prassi apparentemente neutri possono mettere in una situazione di particolare svantaggio le persone di un determinato sesso, rispetto a persone dell’altro sesso, a meno che detta disposizione, criterio o prassi siano oggettivamente giustificati da una finalità legittima e i mezzi impiegati per il suo conseguimento siano appropriati e necessari.

Cosa costituisce discriminazione sul lavoro?

Oltre a quanto sopra riportato, secondo il Codice delle pari opportunità costituisce discriminazione sul lavoro (art.25):

  • ogni trattamento meno favorevole in ragione dello stato di gravidanza, nonché di maternità o paternità, anche adottive, ovvero in ragione della titolarità e dell’esercizio dei relativi diritti.
  • I trattamenti sfavorevoli da parte del datore di lavoro che costituiscono una reazione ad un reclamo o ad una azione volta ad ottenere il rispetto del principio di parità di trattamento tra uomini e donne.

Violenza e molestie psicologica sul lavoro: cosa sono?

Secondo INAIL[3],, siamo di fronte ad una molestia psicologica nel caso di un collega o un gruppo di colleghi che tengono in modo continuato un comportamento scorretto nei confronti di un altro lavoratore, di un gruppo di colleghi, di un superiore o di un sottoposto individuato come vittima, umiliato, offeso, minacciato.

Quando c’è molestia psicologica?

La molestia si concretizza nel caso di specifici comportamenti quali:

  • urlare;
  • usare un linguaggio offensivo o sarcastico;
  • offendere;
  • criticare continuamente il/la lavoratore/trice;
  • escludere il/la lavoratore/trice da eventi sociali o dai coffee breaks;
  • nascondere informazioni importanti;
  • assegnare al/alla lavoratore/trice troppi compiti, troppo difficili, degradanti o troppo facili.

Quali sono gli effetti della violenza/molestia psicologica?

Secondo INAIL le conseguenze per il singolo possono variare notevolmente ma si possono individuare come conseguenze:

• demotivazione per il lavoro;

• stress (ciò vale anche per chi è indirettamente vittima, chi assiste all’atto o all’episodio di violenza);

• danni alla salute fisica o psicologica;

• sintomi post traumatici come paure, fobie e disturbi del sonno;

• incremento, apparentemente immotivato, delle assenze.

Come prevenire violenza/molestia sul lavoro

Per prevenire ulteriori danni e limitare le conseguenze negative INAIL indica che i responsabili aziendali dovrebbero:

  • collaborare all’instaurarsi e al consolidarsi di un ambiente di lavoro privo di pregiudizi, nel rispetto della professionalità dei colleghi e dei soggetti terzi con cui si viene a contatto nello svolgimento dei propri compiti,
  • non lasciare solo/a il/la lavoratore/trice che ha subito o che ha assistito a un atto di violenza nelle ore successive all’avvenimento; • la partecipazione, la solidarietà e l’appoggio del personale dirigenziale alla vittima;
  • fornire un sostegno alla vittima nell’immediato e nelle fasi successive in caso di sindrome post traumatica;
  • offrire sostegno alla vittima per il disbrigo delle formalità amministrative e giuridiche (denuncia, azioni legali, ecc.);
  • informare gli altri lavoratori per evitare che si diffondano voci infondate;
  • riesaminare la valutazione dei rischi per individuare le misure aggiuntive da adottare.

Violenza/molestia sul lavoro e licenziamento

La Legge del 27 dicembre 2017, n. 205 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020) ha modificato l’articolo 26 del Codice delle Pari Opportunità (D.lgs.198/2006) inserendovi due previsioni:

Il comma 3-bis che “prevede una specifica tutela per chi agisce in giudizio per aver subito una molestia o molestia sessuale in azienda. La lavoratrice o il lavoratore che agisce in giudizio per discriminazioni, per molestia o molestia sessuale sul luogo di lavoro non può essere: sanzionato, demansionato, licenziato, trasferito o sottoposto ad altra misura organizzativa avente effetti negativi, diretti o indiretti, sulle condizioni di lavoro se tale misura è la conseguenza della denuncia stessa. L’eventuale licenziamento ritorsivo o discriminatorio nei confronti della lavoratrice o del lavoratore denunciante è nullo e questi ha diritto non già al risarcimento del danno, ma alla reintegra sul posto di lavoro. Allo stesso modo sono nulli anche il mutamento di mansioni nonché qualsiasi altra misura ritorsiva o discriminatoria adottata nei confronti del denunciante”.

Tutela che invece non è garantita “nei casi in cui sia accertata, anche con sentenza di primo grado, la responsabilità penale del denunciante per i reati di calunnia o diffamazione ovvero l’infondatezza della denuncia”. E relativamente alla distinzione tra le ipotesi della “calunnia” e quella della “infondatezza della denuncia” si rileva “come la calunnia scatti solo in caso di malafede, ossia nel caso in cui chi agisce ben conosce l’altrui innocenza; l’infondatezza invece sembra voler richiamare le ipotesi di assenza totale di condizioni che rendano credibile la denuncia stessa”.

Il comma 3-ter richiama l’obbligo del datore di lavoro, ai sensi del ricordato articolo 2087 c.c., sia quello di assicurare condizioni di lavoro tali da garantire l’integrità fisica e morale e la dignità dei lavoratori, anche concordando con le organizzazioni sindacali dei lavoratori le iniziative, di natura informativa e formativa, più opportune al fine di prevenire il fenomeno delle molestie sessuali nei luoghi di lavoro.

Il rischio di violenza sul luogo di lavoro

Le violenze sui luoghi di lavoro non riguardano solo la security, ma vanno invece trattate come tutti i rischi per la sicurezza e la salute; occorre cioè fare una valutazione del rischio, e individuare e implementare misure atte a controllarlo nell’ambito della prevenzione

Le violenze sul luogo di lavoro sono un fattore psicosociale di rischio, ricadono cioè nel perimetro dei fattori di incertezza derivanti dalle relazioni e dall’appartenenza a gruppi o a organizzazioni.

Rischi psicosociali e ISO 45003

Ricordiamo che recentemente lo standard internazionale ISO 45003 ha fornito le linee guida per la gestione del rischio psicosociale all’interno di un sistema di gestione della salute e sicurezza, chiarendo quali sono i pericoli, cos’è il rischio, quali sono le azioni per eliminare o ridurre tali fattori[4].

Ai sensi dello standard si distinguono

  • Fattori presenti nell’organizzazione del lavoro;
  • Fattori sociali al lavoro;
  • Fattori ambientali, attrezzature, compiti pericolosi.

La violenza sul lavoro compare fra i fattori sociali al lavoro e viene definita come “Incidenti che comportano una sfida esplicita o implicita alla salute, sicurezza e benessere sul lavoro; la violenza può essere interna o esterna, o avviata dal cliente (abuso, minacce, aggressione fisica, verbale o sessuale, violenza di genere)”.

Come valutare il rischio di violenza sul lavoro?

Le fasi di un processo di valutazione del rischio per la sicurezza e la salute in generale sono:

  • identificare i fattori di pericolo che possono portare a violenze sui luoghi di lavoro;
  • identificare i gruppi esposti;
  • analizzare e valutare per i diversi gruppi esposti i rischi associati ai pericoli identificati;
  • identificare misure adatte alla riduzione dei rischi che risultino significativi;
  • pianificare e realizzare un processo di implementazione delle misure, di monitoraggio del rischio, di revisione periodica della valutazione.

A tal proposito è stato messo a punto un protocollo (“Protocollo Cesvor”) per condurre tale processo di valutazione applicato alle violenze sul lavoro[5].

Probabilità e gravita del rischio di violenza sul lavoro

Nella matrice di rischio

  • la probabilità del danno viene attribuita sulla base di un’analisi: delle condizioni organizzative; della presenza (numerosità) dei fattori di pericolo; dell’assenza di fattori di readiness organizzativa (capacità di contrasto);
  • la gravità del danno è assunta in base alla considerazione dell’analisi dei disagi riportati, ove per disagi riportati si intende la frequenza di episodi di aggressività fisica o verbale, oppure alla presenza di timori di violenza. Non ci si riferisce agli episodi ufficialmente riportati all’azienda in passato, ma a quelli riportati durante la raccolta dati che avviene tramite questionari anonimi, con un approfondimento in forma di focus group.

Per avere dei riferimenti relativi all’estensione del danno ci si è riferiti a dati quantitativi pubblicati in EU-OSHA (2010) e in Eurofound (2012), che fanno riferimento alle EWCS (European Working Conditions Surveys) realizzate periodicamente dalla European Foundation for the Improvement of Living and Working Conditions. Sono stati usati quindi come benchmark i dati contenuti in tali pubblicazioni.

Misure organizzative per la prevenzione del rischio violenza/molestia sul lavoro

Secondo INAIl il datore di lavoro può mettere in campo una serie di azioni per prevenire/contrastare il rischio di violenza o molestia sul lavoro:

  • Attuare quanto previsto dal d.lgs. 81/2008 e s.m.i., con particolare riferimento alla valutazione di tutti i rischi ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari, tra cui anche quelli collegati allo stress lavoro-correlato;
  • Formare e informare i lavoratori sui temi della legalità, trasparenza, correttezza, indipendenza, dignità e rispetto nei rapporti interpersonali, comunicazione non violenta, diffondendo la conoscenza degli strumenti adottati dall’Istituto quali i codici di comportamento ed etico;
  • creare una cultura del lavoro basata sul rispetto reciproco;
  • dare il buon esempio e richiedere atteggiamenti e comportamenti rispettosi dei lavoratori;
  • affrontare precocemente i conflitti tra lavoratori.

Rischi psicosociali: come valutarli?

Secondo INAIL, per quanto attiene i rischi psico-sociali (in particolare lo stress lavoro-correlato), nella valutazione dei rischi:

  • devono essere considerati e analizzati sia per gli uomini che per le donne;
  • devono essere riportati nel Documento di valutazione dei rischi in modo 29 disaggregato, tenendo anche conto dei fattori previsti all’art.28: età, paese di provenienza e tipologia contrattuale;
  • vanno debitamente considerati elementi attinenti all’equilibrio vita privata-lavoro, agli orari di lavoro, alle possibilità di carriera, a eventuali episodi di molestie e violenze, a fenomeni di discriminazione;

Sempre secondo l’Istituto, è importante fornire al soggetto vittima di aggressioni, minacce o violenze la possibilità di ricorrere a un’attività di riflessione allo scopo di eliminare o alleviare le conseguenze emotive spesso generate da questo tipo di esperienza.

Violenza sul lavoro: i dati statistici

Sul fenomeno della violenza sul lavoro ISTAT nella “Indagine sulla sicurezza dei cittadini 2016” ha permesso di stimare il numero delle donne che, nel corso della loro vita e nei tre anni precedenti all’indagine, sono state vittime di molestie e ricatti sessuali in ambito lavorativo.

Vengono comprese le molestie sessuali con contatto fisico – colleghi, superiori o altre persone che sul posto di lavoro hanno tentato di toccarle, accarezzarle, baciarle contro la loro volontà – fino al tentativo di utilizzare il corpo della donna come merce di scambio, con la richiesta di prestazioni o rapporti sessuali o di una disponibilità sessuale in cambio della concessione di un posto di lavoro o di un avanzamento.

Violenza/molestia sul lavoro: i dati ISTAT 2016

I punti salienti dell’indagine 2016, reperibile sul sito di ISTAT:

  • Sono un milione 404 mila le donne che nel corso della loro vita lavorativa hanno subito molestie fisiche o ricatti sessuali sul posto di lavoro. Rappresentano l’8,9% per cento delle lavoratrici attuali o passate, incluse le donne in cerca di occupazione.
  • Nei tre anni precedenti all’indagine, ovvero fra il 2013 e il 2016, hanno subito questi episodi oltre 425 mila donne (il 2,7%).
  • La percentuale di coloro che hanno subito molestie o ricatti sessuali sul lavoro negli ultimi tre anni è maggiore della media del 2,7% tra le donne da 25 a 34 anni (3,1%) e fra le 35-44enni (3,3%) .

Violenze e molestie in tempo di pandemia da COVID-19

A questi dati, si aggiungono quelli riportati da INAIL nel Volume: “RI-CONOSCERE PER PREVENIRE I FENOMENI DI MOLESTIA E VIOLENZA SUL LUOGO DI LAVORO” (INAIL – 2021): la pandemia da Covid-19, che ha imposto a molti lavoratori, tra cui circa il 90% dei dipendenti delle amministrazioni centrali, e oltre il 70% delle Regioni, di lavorare da casa, avrebbe incrementato il rischio della violenza di genere tra le mura domestiche, che si somma a quello sul luogo di lavoro, non annullato dal lockdown, durante il quale può essere aumentato il rischio della molestia psicologica.


[1] Un’analisi approfondita sulla Convenzione e sulle sue disposizioni è disponibile nell’articolo: “Violenza e molestie sul lavoro. Un silenzio che deve divenire assordante” di C. Frascheri (Giuslavorista, Responsabile nazionale CISL Salute e Sicurezza sul Lavoro) su Ambiente & Sicurezza sul Lavoro n. 1/2021.

[2] [8] FACTS. Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro. https://osha.europa.eu/it/publications/factsheets/24

[3] “RI-CONOSCERE PER PREVENIRE I FENOMENI DI MOLESTIA E VIOLENZA SUL LUOGO DI LAVORO” (INAIL – 2021)

[4] Per approfondimenti sullo standard ISO 45003 si veda l’articolo: “Lo standard internazionale ISO 45003” di Carlo Bisio, su Ambiente & Sicurezza sul lavoro n. 9/2021).

[5] Per approfondimenti si veda l’articolo: “Violenze sul luogo di lavoro” di C. Bisio (Psicologo del Lavoro, Ergonomo, Diploma NEBOSH, Cesvor.com), su rivista Ambiente &Sicurezza sul Lavoro n.9/20, in cui si analizza il protocollo e si verifica la sua funzionalità in un’azienda del comparto logistica.

Violenza sul lavoro: per approfondire

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Antonio Mazzuca

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