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Omessa verifica dell’idoneità tecnico professionale: dal TUS agli orientamenti di Cassazione

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L’obbligo di verificare l’idoneità tecnico-professionale delle imprese e dei lavoratori autonomi è sancito, in via generale, dall’art. 26, comma 1, lett. a), D.Lgs. n. 81/2008 – Testo Unico di salute e Sicurezza sul lavoro nei confronti del datore di lavoro committente che affidi lavori, servizi e forniture all’interno della propria azienda o di una singola unità produttiva o nell’ambito dell’intero ciclo produttivo dell’azienda medesima (sempre che abbia la disponibilità giuridica dei luoghi in cui si svolge l’appalto o la prestazione di lavoro autonomo).
L’obbligo di verifica rinviene il proprio fondamento nella giurisprudenza relativa ai presupposti di validità ed efficacia della delega di funzioni, che impone al delegante di selezionare un soggetto dotato di tutti i requisiti di professionalità ed esperienza richiesti dalla specifica natura delle funzioni delegate .
Nella sentenza (Corte di Cassazione n. 3898/2020) è stata contestata l’omissione di verifica dell’idoneità tecnico-professionale dell’impresa, in violazione dell’art. 90, comma 9, lett. a), D.Lgs. n. 81/2008. Ecco cosa è emerso dal dettato giurisprudenziale.

Obbligo di verifica dell’idoneità: un obbligo sancito nel TUS e confermato dalla giurisprudenza


L’obbligo positivo di verifica dell’idoneità tecnico-professionale delle imprese e dei lavoratori autonomi, nei termini stabiliti dagli artt. 26, comma 1, lett. a) e 90, comma 9, lett. a), D.Lgs. n. 81/2008, funge da parametro di valutazione della condotta del committente, titolare di una posizione di garanzia nei confronti dei lavoratori dell’impresa appaltatrice in relazione agli infortuni occorsi durante l’esecuzione dell’opera.
La necessaria sussistenza in capo ai soggetti affidatari della capacità di esercitare in sicurezza la propria attività, da accertare in una fase antecedente alla stipulazione del contratto d’appalto e comunque a monte dello svolgimento dei lavori, costituisce un valido criterio per salvaguardare la salute e la sicurezza dei lavoratori occupati in cantiere, in conformità al disposto di cui all’art. 41, comma 2, Cost., e per favorire una concorrenza leale tra gli operatori economici.
In effetti, sono numerose le sentenze che muovono al committente un rimprovero in ordine alla selezione di soggetti sprovvisti dei requisiti organizzativi e tecnici richiesti dalla specifica natura dei lavori affidati in appalto.
La responsabilità del committente, sotto il profilo della culpa in eligendo, si desume talvolta dalla palese inidoneità dell’impresa appaltatrice a realizzare l’opera, talaltra dall’incapacità della medesima impresa di offrire adeguate garanzie in materia di sicurezza. A tal fine, è imprescindibile una verifica della situazione di fatto concernente l’efficacia causale della condotta del committente nel determinare l’evento e il giudizio di colpevolezza fondato sulla conoscenza o quantomeno conoscibilità dell’idoneità dell’impresa appaltatrice.

Omissione di verifica dell’idoneità professionale quali conseguenze? la sentenza della Corte di Cassazione n. 3898/2020

La recente pronuncia Cass., sez. IV, 30 gennaio 2020, n. 3898, che si colloca nell’alveo dell’elaborazione giurisprudenziale in tema di verifica dell’idoneità tecnico-professionale dei soggetti affidatari, ha ritenuto il committente di lavori di rimozione di lastre in amianto dalla copertura di un capannone responsabile del reato di lesioni colpose in danno di un lavoratore dell’impresa esecutrice, precipitato dal tetto dell’edificio in seguito allo sfondamento di una lastra.
All’imputato è contestato di avere omesso di verificare l’idoneità tecnico-professionale dell’impresa, in violazione dell’art. 90, comma 9, lett. a), D.Lgs. n. 81/2008.
Nel confutare le argomentazioni della difesa, i giudici di legittimità hanno rilevato che la condotta ascritta al committente è consistita nello scegliere una ditta priva di qualsiasi qualificazione e con dipendenti non regolarmente assunti, al fine di conseguire un risparmio di spesa nelle operazioni di smaltimento dell’amianto, con questo illuminate giudizio: «il contesto di generale illegalità in cui egli aveva affidato i lavori e le ragioni che lo indussero a tale scelta rendono perciò ancor più riprovevole la condotta ascrittagli».
Nel caso di specie, è la mancata iscrizione nell’apposito elenco dei soggetti autorizzati a trattare beni contenenti amianto, unitamente all’utilizzo di lavoratori irregolari, a porre in luce l’incapacità dell’impresa appaltatrice di realizzare l’opera nel rispetto delle norme a tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori.

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Verifica dell’idoneità tecnico-professionale e lavoratori irregolari nei cantieri edili. Obblighi di sicurezza e responsabilità
Mattia Tornaghi
Ambiente&Sicurezza sul lavoro n.8/2020 – SCOPRI L’INDICE

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