RACCONTI AUTOBIOGRAFICI DI UN CONSULENTE – I dati e l’intelligenza

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Carlo Bisio, Psicologo delle Organizzazioni e Graduate Member del IOSH, ha raccolto alcuni racconti autobiografici tratti dalla propria attività consulenziale e di formazione nell’e-book, edito da EPC: “Sicurezza, formazione e altre vicissitudini” che affronta temi di interesse professionale per chi si occupa di sicurezza e salute sul lavoro.

Continuiamo con la selezione di questi racconti nelle prossime settimane, confidando nel loro essere spunti di riflessioni utili per quanti operano nel mondo della sicurezza, in particolare consulenti e formatori in sicurezza sul lavoro
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I dati e l’intelligenza

Periodo: 2013 circa (49 anni circa)

C’era esattamente quel livello di pioggia che se tieni chiuso l’ombrello ti bagni ma se lo apri ti senti un cretino. Fuori da un negozio si sentiva una tromba che strimpellava La vie en rose. Il tutto condito dal pensiero che il parchimetro ti sta succhiando parecchi euro l’ora, mentre la realtà intorno ti sembra incredibilmente lucida, e senti il rumore dei tuoi passi sulla strada bagnata.

Al telefono mi dissero che avrei parlato con il responsabile della sicurezza. Ovviamente era invece il RSPP, che in realtà non è il responsabile della sicurezza in alcun modo, ma nell’immaginario collettivo rimane il “responsabile della sicurezza”, almeno per chi conosce e pratica la sicurezza solo in modo approssimativo. Questo tipo di segnali precoci ti dice molto chiaramente se sei in un’azienda che fa sicurezza sul serio o meno. Poco dopo ero in una sala riunioni con lui e un suo collaboratore.

«Con lei voglio andare subito al punto ed essere molto franco».

Non chiedo di meglio, pensai dentro di me.

«Il nostro direttore ci ha chiesto di sentire dei fornitori per una formazione sulla sicurezza».

La prassi nella consulenza vuole che dopo essermi presentato io approfondisca il bisogno per il quale mi hanno chiamato.

«Gli infortuni stanno aumentando, e la nostra casa madre ha chiesto di fare un piano d’azione per ridurli».

«Avete un’idea del perché gli infortuni siano in aumento?», cercai di farmi un’idea del fenomeno prima di fare un sopralluogo nello stabilimento.

Talvolta gli infortuni crescono perché sono cambiati i pericoli presenti, oppure è aumentata la produzione, o la popolazione aziendale, oppure perché sono stati introdotti cambiamenti di tipo organizzativo, o per mille altri motivi. Dalle loro parole sembrava invece che non vi fossero stati cambiamenti di nessun tipo; processo, personale, procedure, organizzazione, produttività, tutto nelle loro parole sembrava essere rimasto inalterato. Avevano dati su tutto, e prendevano decisioni solo sulla base di dati, o almeno così dicevano.

«Di che tipo di infortuni si tratta?» chiesi. Ovviamente la solita risposta: «Si tratta di infortuni banali, dovuti a disattenzioni».

Non avevo ormai alcun dubbio: le persone che avevo di fronte non capivano nulla di sicurezza, di quella vera. Appartenevano all’esercito della check list a tutti i costi, del sistema di gestione come fine e non come mezzo, della data certa sul DVR come massimo della propria professionalità, della sicurezza sacrificata sull’altare della burocrazia.

Il giro nei reparti produttivi fu un po’ più illuminante. Qualche segnale mi insospettì circa la manutenzione.

«Quanti manutentori avete in questo stabilimento?»

«Erano 12 fino all’anno scorso. Ora sono rimasti in 4»

«Ah. Come mai?»

«Riduzione dei costi. Abbiamo deciso di esternalizzare»

Mi sembrò un punto degno di approfondimento. Cercai di capire il cambiamento che c’era stato, e com’erano organizzati in quel momento. Capii dal colloquio che non avevano esternalizzato un bel niente. Di fatto avevano quattro manutentori fra il personale organico che saltavano da un impianto all’altro per “mettere le pezze”, mentre alcuni professionisti esterni venivano chiamati al bisogno per mettere altre pezze leggermente più grosse.

Non c’era una pianificazione delle attività manutentive. Non c’era un vero coordinamento della manutenzione fra risorse interne ed esterne. Ho ragione di credere che non vi fosse neppure una seria politica di manutenzione.

Mentre rientravamo verso il fabbricato direzionale per chiudere il nostro incontro vedemmo una persona che girava da sola all’interno dello stabilimento, senza un vestiario uniforme e senza un DPI, con un borsello a tracolla e le chiavi che pendevano da un passante dei jeans. Sembrava una persona entrata per errore. Il RSPP che mi accompagnava non sembrò manifestare segnali di preoccupazione. Gli chiesi chi fosse quella persona. «Quello? È uno dei manutentori esterni; devono averlo chiamato per un guasto».

Avevano “esternalizzato la manutenzione” (si fa per dire) a persone che giravano in infradito per lo stabilimento.

Rientrammo in sala riunioni.

«Ora vorrei essere franco io con voi» dissi.

«La mia impressione è che non vi sia immediato bisogno di un corso di formazione al personale, ma che sia prioritario lavorare su una buona organizzazione del lavoro e una seria politica di manutenzione e di sicurezza. Piuttosto servirebbe partire con un coaching e lavorare sulla leadership della sicurezza a partire dai ruoli apicali. Fare formazione al personale potrebbe servire dopo, ma non mi sembra prioritario».

Ogni tanto ripenso a quel pomeriggio passato nel territorio comasco.

L’analisi dei bisogni di formazione è una cosa seria. Non ci si può aspettare di risolvere con la formazione problemi che occorre risolvere in altri modi.

Vi è una serie di fantasie, in queste aziende “orientate ai risultati” e “basate sui dati”, che non ha nulla di razionale.

Sono quei contesti dove hanno un poster di Deming che ammonisce: «Senza dati sei solo un’altra persona con un’opinione». Certo, ma senza un’opinione e un’intelligenza, sei solo un’altra persona con dei dati.

Stando solo un paio d’ore presso quello stabilimento ho potuto cogliere una serie di errori gestionali significativi.

Se i dati potessero sostituire l’intelligenza e la capacità manageriale, in quelle aziende non vi sarebbero tutti quei problemi.

Se esternalizzi dei servizi manutentivi devi darti una strategia di manutenzione complessiva, devi fare un’analisi dei rischi che ciò comporta e capire come gestirli. Altrimenti vai ingenuamente incontro a danni di diverso tipo, dovuti a una carente gestione dei rischi organizzativi, e ti spieghi il fenomeno pensando che il personale sia distratto.

Sicurezza, formazione e altre vicissitudini – Racconti autobiografici di un consulente – il volume EPC

L’E-book “Sicurezza, formazione e altre vicissitudini” di C. Bisio, edito da EPC Editore (novembre 2021) propone temi di interesse professionale per chi si occupa di sicurezza e salute sul lavoro, attraverso racconti autobiografici. 

Sicurezza, formazione e altre vicissitudini.

Questo libro propone temi di interesse professionale per chi si occupa di sicurezza e salute sul lavoro, attraverso racconti autobiografici.

Di cosa tratta il Volume “Sicurezza, formazione e altre vicissitudini” di C.Bisio?

Il percorso che i racconti tracciano nel loro insieme parte dall’ergonomia cognitiva, prosegue su aspetti che riguardano cultura, identità e significati, poi affronta l’ambito della formazione, la costruzione di affidabilità e sicurezza, il contributo umano alla sicurezza, per chiudere esplorando alcuni aspetti riguardanti violenze e aspetti sociali.
L’autore presenta episodi o periodi della propria vita in modo spesso leggero e a tratti divertente e autoironico, mettendoli in relazione con significati più profondi.

Il libro ha quindi diversi livelli di lettura.

Dove poter scaricare il Volume “Sicurezza, formazione e altre vicissitudini” di C.Bisio?

Il prodotto può essere visualizzato:

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Carlo Bisio

Si occupa di sicurezza e salute sul lavoro. È Psicologo delle Organizzazioni, ha conseguito un Master di II livello in Ergonomia e il Diploma Internazionale NEBOSH in sicurezza. È Graduate Member del IOSH. Ha collaborato con diversi atenei come docente a contratto, ed è autore di numerose pubblicazioni. Scopri tutte le pubblicazioni di C.Bisio per EPC Editore