Infortunio in cantiere di terzi e responsabilità del datore di lavoro

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Nella sentenza della Cassazione n. 48269 del 4 dicembre 2015 la Corte ha sentenziato, in un caso di infortunio in cantiere, che la presenza di un soggetto passivo estraneo all’ambiente di lavoro, nel luogo e nel momento dell’infortunio, deve rivestire carattere di anormalità, atipicità ed eccezionalità per interrompere il nesso eziologico tra l’evento e la condotta del datore, che non ha adottato mezzi idonei per impedirne l’accesso

Il Fatto
Nel caso prospettato dalla sentenza n.48269/2015, una donna era deceduta, a seguito di disidratazione all’interno di un cantiere, che si trova vicino all’ospedale dove era ricoverata e dal quale si era allontanata. Il cantiere era privo di recinzione adeguata e, a causa di alcune buche, presumibilmente, la signora era caduta, provocandosi lesioni non mortali, ma non riuscendo ad alzarsi né a chiamare aiuto era poi deceduta.

Secondo la Cassazione
Il giudice di primo grado aveva pronunciato sentenza di non luogo a procedere, in favore dei responsabili del cantiere, per insussistenza del nesso causale fra la violazioni della norma antinfortunistica (art. 109 del D.Lgs. n. 81/08, che impone una recinzione adeguata per impedire l’accesso al cantiere da parte di estranei) e il decesso.
La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso proposto dal pubblico ministero, con rinvio per un nuovo esame, tenendo conto che il primo elemento causale (della morte) è pur sempre costituto dall’accesso della donna nel cantiere, zona che avrebbe dovuto essere interdetta agli estranei, mentre il cantiere non era adeguatamente recintato. Se poi risulterà che l’evento era concretamente prevedibile, gli imputati potranno evitare una condanna soltanto se risulterà provato quanto enunciato nella massima (si cfr anche la sentenza di Cass. pen. n. 23147/2012).

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Redazione InSic

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