Appalti di Servizi ristorazione: quando specificare gli oneri di sicurezza

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Nelle gare aventi ad oggetto settori esclusi dall’applicazione del Codice dei contratti pubblici (all. II B – servizi sanitari e sociali), la mancanza nel bando di una previsione specifica non esenta i concorrenti dal dovere di indicare gli oneri della sicurezza aziendale e dall’osservare le norme in materia di sicurezza sul lavoro, ma comporta soltanto che, ove la stazione appaltante non si sia autovincolata nella legge di gara ad osservare la disciplina di dettaglio dettata dagli artt. 86 commi 3-bis e 3-ter e 87 comma 4, del Codice dei contratti pubblici, il concorrente che non abbia indicato i suddetti oneri della sicurezza nella propria offerta, deve essere chiamato a specificarli successivamente, nell’ambito della fase di verifica della congruità dell’offerta stessa così da permettere alla stazione appaltante di adempiere al suo onere (che sussiste anche al di fuori del procedimento di verifica delle offerte anomale) di verificare il rispetto di norme inderogabili a tutela dei fondamentali interessi dei lavoratori in relazione all’entità ed alle caratteristiche del servizio. E’ quanto si evince dalla sentenza del Consiglio di Stato a n. 689 del 10 febbraio 2015

Il fatto
Il Consiglio di Stato, con sentenza n. 689 del 10 febbraio 2015, ha accolto il ricorso di una società operante nel settore alimentare, che era stata citata in primo grado per l’annullamento di una gara d’appalto sul servizio di ristorazione scolastica: la società non avrebbe aver ben chiarito, in materia di sicurezza, quali fossero i rischi specifici e avrebbe omesso di indicare i rischi da interferenza.La società cooperativa aveva presentato ricorso per veder annullare una determinazione comunale che aveva aggiudicato la gara sul servizio di ristorazione scolastica, di durata quinquennale, ad un’altra società.
Il giudice di primo grado aveva accolto il ricorso, rendendo così inefficace il contratto concluso tra le parti e aggiudicando il servizio alla società ricorrente.
La società condannata in primo grado, aveva quindi proposto appello sostenendo che l’appalto rientrasse nel codice dei contratti pubblici e quindi che la sua disciplina non potesse essere quella prevista dagli art. 86, c. 3 bis e 87, c. 4 del D.Lgs. 163/2006, ma dagli art. 65, 68 e 225 dello stesso decreto..

Il parere del Consiglio di Stato
I giudici del Consiglio di Stato, nel decidere sulla questione, hanno preso in considerazione la richiesta dell’amministrazione comunale, seconda la quale l’indicazione degli oneri per la sicurezza da interferenza era stata redatta dalla società con il DUVRI. Hanno pertanto ritenuto che, la società non dovesse indicare il costo per i rischi da interferenza.

Secondo il Consiglio di Stato, il Tar avrebbe errato nel sostenere che l’art. 87, c.4 del D.lgs. 163/2006 fosse riferito ai costi di sicurezza da interferenza, invece che ai costi di sicurezza aziendali; ed anche che il costo da rischi interferenziali non doveva essere indicato in offerta, né poteva essere sottoposto a valutazione di congruità, in quanto prestabilito dalla stessa stazione appaltante.

Il Consiglio di Stato ha dunque ricordato che gli oneri relativi alla sicurezza si dividono in due categorie:
-gli oneri da interferenze;
-gli oneri aziendali.
I primi servono a fronteggiare i rischi derivanti dal contatto tra il personale del committente e quello dell’appaltatore e sono calcolati nel D.U.V.R.I. dalla stessa stazione appaltante senza poter essere ribassati.
I secondi fanno fronte ai rischi di ogni specifica azienda in relazione al singolo appalto e sono calcolati dal concorrente, oltre a poter subire modifiche.

Secondo i giudici, omettere di indicare nell’offerta i costi di sicurezza aziendali non potrebbe portare all’esclusione del concorrente, ma imporrebbe di specificarli successivamente, nell’ambito della fase di verifica della congruità dell’offerta, per consentire alla stazione appaltante di adempiere al suo onere di verificare il rispetto di norme inderogabili a tutela dei fondamentali interessi dei lavoratori in relazione all’entità ed alle caratteristiche del servizio (Cons. St., Sez. III, 8 luglio 2014, n. 3484; Id., 21 gennaio 2014, n. 280).
I giudici di legittimità hanno pertanto accolto il ricorso della società e che non sia stato violato il principio di immodificabilità dell’offerta.

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Redazione InSic

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