Il ruolo e le responsabilità del Direttore dei Lavori nella sicurezza: un'analisi della giurisprudenza

La responsabilità del Direttore dei Lavori per gli infortuni accaduti in cantiere

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Il contributo si pone l’intento di analizzare i profili di responsabilità penale del Direttore dei Lavori per gli infortuni accaduti in cantiere alla luce della dottrina e della giurisprudenza più recenti.

La figura del Direttore dei Lavori: definizione e nomina

Il Direttore dei Lavori (D.L.) può essere definito come il soggetto, perito nel campo dei lavori edili e di ingegneria civile, incaricato dal committente di verificare che i lavori appaltati siano eseguiti dalle imprese esecutrici in conformità al progetto e al contratto e a regola d’arte. Si tratta della figura attraverso la quale il committente esercita la facoltà, riconosciutagli dall’art. 1662 c.c., di “controllare lo svolgimento dei lavori e di verificarne a proprie spese lo stato”; facoltà che, se privo delle competenze necessarie, egli non potrebbe esercitare personalmente in modo efficace. A tal fine il Direttore dei Lavori è titolare di un rapporto giuridico con il committente, regolato generalmente da un contratto di prestazione d’opera intellettuale.

Con riferimento agli appalti pubblici, l’art. 114 del D.Lgs. 31 marzo 2023 n. 36 (Codice dei contratti pubblici) dispone che a tale soggetto è affidato “il controllo tecnico contabile e amministrativo dell’esecuzione dell’intervento per eseguire i lavori a regola d’arte e in conformità al progetto e al contratto”.

Se nell’ambito degli appalti privati la nomina del D.L. è facoltativa, con alcune eccezioni (v. ad es. artt. 64 e 93 T.U. Edilizia), per quelli pubblici è obbligatoria. Il D.Lgs. 31 marzo 2023 n. 36 all’art. 114 dispone infatti che “per la direzione e il controllo dell’esecuzione dei contratti relativi a lavori, le stazioni appaltanti nominano, prima dell’avvio della procedura per l’affidamento, su proposta del RUP, un direttore dei lavori”.

La figura del D.L. nell’ambito della sicurezza sul lavoro

Com’è noto, il D.Lgs. 9 aprile 2008 n. 81, T.U. della Sicurezza sul Lavoro (TUSL), in particolare all’interno del Titolo IV, individua alcuni soggetti − Committente, Responsabile dei Lavori, Coordinatori, nonché Datori di lavoro, Dirigenti e Preposti delle imprese esecutrici − tenuti a garantire che i lavori all’interno dei cantieri temporanei o mobili si svolgano in sicurezza, dettando a tal fine per ognuno di essi specifici obblighi diretti a eliminare (o comunque a ridurre il più possibile) il rischio che si verifichino infortuni.

Sulla base di tali disposizioni si ravvisa in capo a tali soggetti una “posizione di garanzia”, che indica che essi hanno l’obbligo giuridico di impedire che in cantiere si verifichino infortuni. Ciò comporta che, qualora rimangano inerti e non adempiano ai propri obblighi previsti dal TUSL e da ciò derivi un evento lesivo per la salute dei lavoratori o di terzi, essi possono essere chiamati a risponderne penalmente a titolo omissivo, ossia per non averlo impedito, ai sensi dell’art. 40 c.p.

Quali responsabilità per il Direttore dei lavori? I diversi orientamenti

Senonché, tra questi soggetti il Titolo IV del TUSL non contempla il Direttore dei Lavori; a differenza del T.U. Edilizia che disciplina espressamente la responsabilità del D.L. in ordine alla conformità dell’opera agli strumenti urbanistici e alle norme e ai titoli edilizi (v. art. 29 D.P.R. 380/2001), la normativa in materia di sicurezza sul lavoro non menziona tale soggetto, a parte in un caso, al di fuori del TUSL, all’art. 114 comma 4 del Codice dei contratti pubblici, il quale prevede le ipotesi in cui il D.L. svolga anche le funzioni del CSE[1].

Al di là di questa peculiare ipotesi, sorgono quindi numerosi dubbi su quali possano essere i profili di responsabilità del D.L., qualora si verifichi un infortunio in cantiere, nel caso in cui egli non rivesta alcuna delle qualifiche previste dal Titolo IV del TUSL.

L’intento di questo contributo è quello di esporre sinteticamente i diversi orientamenti in merito.

L’obbligo per il Direttore dei Lavori di impedire sempre gli infortuni

Un primo orientamento, ancora attuale[2], sottolinea che il D.L. è tenuto adaccertare “la conformità sia della progressiva realizzazione dell’opera al progetto, sia delle modalità dell’esecuzione di essa al capitolato e/o alle regole della tecnica” e a tal fine ha un “onere di vigilanza costante sulla corretta esecuzione dei lavori” e quindi ha un “dovere di contestazione delle irregolarità riscontrate[3].

Su questi presupposti la Corte di Cassazione ha affermato che il D.L. può essere ritenuto responsabile quando abbia omesso di vigilare sull’operato degli appaltatori e di impartire loro le opportune disposizioni in caso di esecuzione dei lavori in difformità dal progetto o dalle regole d’arte, purchè l’infortunio sia causalmente connesso a tali omissioni, nel senso che non si sarebbe verificato qualora grazie al suo intervento i lavori fossero stati eseguiti in conformità al progetto o alle regole dell’arte[4] [5].

Secondo questa impostazione il D.L. assumerebbe sempre una posizione di garanzia nei termini precisati, la cui fonte sarebbe costituita dal contratto stipulato con il committente[6] o comunque dall’assunzione di fatto della tutela dei beni giuridici della salute e della sicurezza dei lavoratori, posto che egli avrebbe anche i necessari poteri di impedire l’infortunio, ad esempio sollecitando il committente a risolvere il contratto con l’appaltatore a fronte di violazioni gravi delle norme di sicurezza.

In dottrina questo orientamento così severo è stato oggetto di critiche, che hanno posto in evidenza come l’attività del D.L. non abbia ad oggetto la prestazione resa dall’appaltatore sotto il profilo della sicurezza, ma risponda esclusivamente all’interesse del committente di veder eseguita, a regola d’arte ed esattamente come stabilito nel contratto, la prestazione di cui è creditore. Non vi sarebbe quindi da parte del D.L. alcuna presa in carico dei beni giuridici della salute e della sicurezza dei lavoratori tale da far sorgere in capo allo stesso una posizione di garanzia[7]. Inoltre, si sottolinea come l’applicazione delle misure per la prevenzione degli infortuni sul lavoro sia dalla legge già affidata agli altri soggetti sopra ricordati[8].

Il Direttore dei Lavori è responsabile solo se si ingerisce nell’organizzazione del cantiere

Un diverso orientamento, maggiormente condiviso in dottrina, individua invece la responsabilità penale del D.L. alla luce del principio di effettività che governa la materia della sicurezza sul lavoro[9].

Secondo tale principio, gli obblighi di sicurezza previsti dal TUSL in capo alle figure dallo stesso menzionate non gravano solamente in capo a chi assume formalmente tali ruoli ma anche in capo a chiunque eserciti di fatto le prerogative tipiche di tali soggetti. In questo senso da molti anni si esprime la giurisprudenza e dal 2008 anche il legislatore, il quale all’art. 299 TUSL ha previsto che le posizioni di garanzia relative a datore di lavoro, dirigente e proposto “gravano altresì su colui il quale, pur sprovvisto di regolare investitura, eserciti in concreto i poteri giuridici riferiti a ciascuno” di tali soggetti[10].

In applicazione di questo principio, la Corte di Cassazione ha quindi statuito che, per affermare la responsabilità del D.L., è necessario che costuio per contratto o di fatto si ingerisca nell’organizzazione del cantiere, assumendo una funzione propria di altri soggetti destinatarii della normativa antinfortunistica”; in altri termini, “una diversa e più ampia estensione dei compiti del direttore dei lavori, comprensiva anche degli obblighi di prevenzione degli infortuni, deve essere rigorosamente provata, attraverso l’individuazione di comportamenti che possano testimoniare in modo inequivoco l’ingerenza nell’organizzazione del cantiere o l’esercizio di funzioni competenti alla posizione di garanzia di uno dei destinatarii delle norme prevenzionali[11].

Secondo questo orientamento, il D.L. assume un obbligo di impedire che si verifichino infortuni solamente nel caso in cui eserciti di fatto le prerogative proprie di uno dei garanti individuati dal Titolo IV del TUSL. Così ad esempio, il D.L. che si ingerisce nell’organizzazione del lavoro dell’impresa esecutrice dettando i ritmi di lavoro e fornendo direttive dettagliate agli operai sulle modalità di svolgimento dei lavori, assume di fatto la posizione di garanzia, a seconda dei casi, del datore di lavoro, del dirigente o del preposto, con tutti gli obblighi che il TUSL pone in capo a tali figure. Pertanto, può essere considerato responsabile a titolo omissivo per l’infortunio verificatosi, qualora non abbia adempiuto a tali obblighi e l’infortunio sia conseguenza di questa sua inerzia[12].

Una possibile ricostruzione in chiave commissiva della responsabilità del D.L.

Sinora si è parlato della responsabilità del D.L. in termini di responsabilità omissiva, ossia per non aver fatto nulla o abbastanza per impedire l’infortunio, se non altro perché è in questi termini che è ricostruita dalla giurisprudenza quando di trova ad esprimersi in merito.

Non sempre però la qualificazione di una condotta come omissiva piuttosto che attiva è pacifica, soprattutto nei reati colposi[13]: si pensi ai processi sulle morti da amianto, in cui si è discusso a lungo se fossero da qualificare come attive od omissive le condotte dei datori di lavoro responsabili delle esposizioni degli operai e della cittadinanza a tale sostanza[14]. Tale qualificazione è tuttavia di fondamentale importanza perché, se la condotta che causa l’evento è omissiva, chi l’ha tenuta può rispondere penalmente solo qualora avesse l’obbligo giuridico di impedirlo.

Quando si può parlare di comportamenti commissivi?

In proposito, in dottrina si sottolinea come si possa affermare di trovarsi di fronte a comportamenti commissivi quando la condotta dell’agente abbia innescato o incrementato un rischio illecito di cui l’evento costituisce la concretizzazione. In questi casi si tratterebbe (non di non aver impedito ma) di aver provocato l’infortunio, con la conseguenza che si può prescindere dall’individuare una posizione di garanzia in capo all’agente.

Si potrebbe allora affermare che il D.L. sia responsabile, a titolo commissivo e non omissivo, per l’infortunio verificatosi qualora con la propria condotta abbia introdotto o aumentato un rischio illecito o incrementato oltre la soglia consentita un rischio lecito di cui l’evento lesivo costituisca la concretizzazione; ferma restando la necessità di accertare ogni oltre ragionevole dubbio, sulla base di leggi scientifiche o massime d’esperienza, che la condotta del D.L. sia stata causa dell’evento. Tale tema è invero strettamente connesso a quello della cooperazione colposa con altri soggetti.

Cenni sul concorso colposo del Direttore dei Lavori con altri soggetti

Nel trattare della responsabilità del D.L. occorre tener presente che, poiché il cantiere costituisce un contesto pluripersonale, in cui necessariamente si intersecano le attività e i compiti di più soggetti, spesso accade che la sua condotta non cagioni immediatamente l’infortunio ma tra questa e tale evento intervengano altre condotte, attive od omissive, da parte di altri soggetti (dei lavoratori o delle figure garanti sopra menzionate).

Si pensi al caso del D.L. che faccia pressioni al datore di lavoro dell’impresa esecutrice affinché i lavori siano svolti più in fretta, con la conseguenza che quest’ultimo ordina al preposto di sollecitare gli operai e che, a causa del ritmo di lavoro eccessivamente intenso così determinato, si verifichi un infortunio.

Incontesti come quello di un cantiere, in cui vi è il “coinvolgimento integrato di più soggetti[15], trova applicazione l’istituto della cooperazione nel delitto colposo, previsto dall’art. 113 c.p., il quale dispone che “Nel delitto colposo, quando l’evento è stato cagionato dalla cooperazione di più persone, ciascuna di queste soggiace alle pene stabilite per il delitto stesso”.

In sintesi, perché è un argomento molto dibattuto, la Corte di Cassazione ha affermato che tale disposizione porta a ritenere responsabili tutti coloro che abbiano fornito con colpa[16] il proprio contributo causale alla verificazione dell’evento (nel nostro caso l’infortunio), anche se il contributo prestato è di per sé “atipico, incompleto”, in grado di causare l’evento solo perché legato a quello degli altri cooperanti, posto che “in tutte tali situazioni ciascun agente dovrà agire tenendo conto del ruolo e della condotta altrui[17]. Nell’esempio proposto la sollecitazione da parte del D.L. non è idonea, da sola, a provocare l’infortunio ma lo diviene grazie al contributo del datore di lavoro e del preposto, che quindi risponderanno a titolo di cooperazione colposa con il primo.

Quando un soggetto può essere ritenuto corresponsabile?

Riprendendo quanto affermato al precedente paragrafo, la Suprema Corte ha affermato altresì che “deve ritenersi corresponsabile, ai sensi dell’art. 113 c.p., l’agente il quale, trovandosi a operare in una situazione di rischio da lui immediatamente percepibile, pur non rivestendo alcuna posizione di garanzia, contribuisca con la propria condotta cooperativa all’aggravamento del rischio, fornendo un contributo causale giuridicamente apprezzabile alla realizzazione dell’evento[18].

Ne risulta che, quando il D.L. con la propria condotta ha innescato o aumentato un rischio illecito (nell’esempio il ritmo eccessivamente intenso dei lavori), egli può essere ritenuto responsabile:

  • a prescindere dalla individuazione di una sua posizione di garanzia;
  • anche nel caso in cui questa sua condotta fosse inidonea da sola a causare direttamente l’infortunio e abbia potuto determinarlo solo grazie al contributo di altri soggetti[19].

Resta ferma in ogni caso la necessità di un accertamento oltre ogni ragionevole dubbio del nesso di causalità tra condotta ed evento e dell’elemento soggettivo con riferimento a ciascuno dei cooperanti.

Considerazioni conclusive

Al di là dell’orientamento giurisprudenziale più severo non condiviso dalla dottrina maggioritaria, si potrebbe affermare che quello più moderato, che ravvisa la responsabilità del Direttore dei Lavori quando svolge di fatto le funzioni di uno dei garanti previsti dal TUSL, non appaia inconciliabile con quello che afferma la sua responsabilità per una condotta attiva.

Si consideri in particolare che, anche se l’art. 299 non lo dice espressamente, più autori sostengono che, affinché un soggetto possa assumere uno dei ruoli di garante della sicurezza previsti dal TUSL, debba esercitarne le prerogative in modo “significativo e continuativo”[20].

Seguendo quest’ultimo orientamento si potrebbe quindi concludere che:

  • sussiste una responsabilità del D.L. per una condotta attiva, a prescindere dall’individuazione di una posizione di garanzia, quando abbia introdotto o aumentato un rischio illecito o incrementato oltre la soglia consentita un rischio in origine lecito, di cui l’infortunio costituisce la concretizzazione;
  • sussiste una responsabilità omissiva, ai sensi dell’art. 40 c.p., ogniqualvolta il D.L., avendo esercitato in maniera significativa e continuativa le prerogative di uno dei garanti della sicurezza previsti dal TUSL, abbia così assunto e sia tenuto a rispettare gli obblighi di sicurezza propri di tale figura garante e l’infortunio si verifichi come conseguenza dell’inosservanza di questi obblighi.

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[1] Si può menzionare anche l’art. 75 del T.U. Edilizia che vieta di “consent(ire) l’utilizzazione delle costruzioni prima del rilascio del certificato di collaudo”, con la conseguenza che il D.L. potrebbe rispondere penalmente dell’infortunio, causato da un qualche difetto della costruzione, accaduto a un soggetto a cui ne abbia consentito l’utilizzazione prima del rilascio del certificato di collaudo.

[2] V. da ultimo Cass. pen. 14 marzo 2024 n. 17106.

[3] Cass. pen. 15 febbraio 2021, n. 5799.

[4] Cass. pen. 31 marzo 2023 n. 13945; Cass. pen., 4 marzo 2022, n. 7850.

[5] Addirittura si è affermato che “il direttore dei lavori è responsabile a titolo di colpa del crollo di costruzioni anche nell’ipotesi di sua assenza dal cantiere, dovendo egli esercitare un’oculata attività di vigilanza sulla regolare esecuzione delle opere edilizie ed in caso di necessità adottare le necessarie precauzioni d’ordine tecnico, ovvero scindere immediatamente la propria posizione di garanzia da quella dell’assuntore dei lavori, rinunciando all’incarico ricevuto” Cass. pen., 22 luglio 2022, n. 29022.

[6] Cass. pen., Sez. IV, Sent., 31 marzo 2023, n. 13495, che, nel confermare la responsabilità del direttore dei lavori per l’infortunio mortale occorso a un operaio durante i lavori di ricostruzione di una rete fognaria, osserva che “nel caso di specie dal tessuto motivazionale delle sentenze di merito emerge il riconoscimento in capo al direttore dei lavori di una posizione di garanzia, quale garante del controllo della fonte di pericolo rappresentata dallo scavo” e che “il direttore dei lavori, con riferimento specifico alle opere che venivano in rilievo nel momento in cui l’infortunio si era verificato, aveva un potere in senso lato di verifica […] e conseguentemente un obbligo di controllo, contrattualmente assunto, della fonte di pericolo rappresentata dallo scavo”. Nel caso di specie si trattava di un appalto pubblico e la posizione di garanzia del D.L. è stata ricavata da “alcune previsioni del capitolato speciale di appalto sottoscritto dallo stesso ricorrente, in forza delle quali egli era, in qualche modo, investito anche della verifica in ordine alla esecuzione degli scavi”.

[7] Più in particolare, appare difficile ritenere che il contratto stipulato con il committente sia in grado di fondare una posizione di garanzia. Come ricorda autorevolissima dottrina (G. FIANDACA, E. MUSCO, Diritto Penale Parte Generale, Bologna, Zanichelli, 2019, ottava edizione, pag. 653), infatti, affinchè un contratto possa produrre obblighi impeditivi, rilevanti ai fini dell’art. 40 c.p., è necessario che intervenga in qualità di parte contraente lo stesso titolare del bene protetto (o un suo garante a titolo originario); tale situazione in questo caso non si verifica poichè i titolari dei beni protetti (la salute e la sicurezza) sono i lavoratori, che non sono parte del contratto con il D.L., che è invece stipulato dal solo committente. Parimenti non convince l’argomento dell’assunzione di fatto della posizione di garanzia: al di là delle critiche mosse in generale dalla dottrina a questa impostazione, non si può trascurare che la prestazione che il D.L. assume come doverosa generalmente non ha a che fare con la sicurezza ma solo con il controllo della conformità dei lavori al progetto, al contratto e alle regole d’arte.

[8] P. SOPRANI, Riflessioni sulla figura del direttore dei lavori, in Igiene & Sicurezza del Lavoro, n. 10 del 1 ottobre 2022, pag. 486.

[9] In dottrina v. A. D’AVIRRO, P.M. LUCIBELLO, I soggetti responsabili della sicurezza sul lavoro nell’impresa, Milano, Giuffrè, 2010, pag. 107 e P. SOPRANI, op. cit., pag. 492, che auspica  che la giurisprudenza si assesti su questo orientamento.

[10] Peraltro, posto che tale articolo è espressione di un principio generale da tempo affermato dalla giurisprudenza, si ritiene che sia applicabile anche con riferimento alle figure dei Coordinatori per la sicurezza nei cantieri. V. R. GUARINIELLO, Nuovi garanti di fatto?, in Igiene & Sicurezza del Lavoro, n. 1/2025, pagg. 15 ss.

[11] Cass. pen. 28 gennaio 2022, n.15157; nello stesso senso Cass. pen. 8 gennaio 2019, n. 19646; Cass. pen. 14 novembre 2013 n. 1471.

[12] Peraltro, la Corte di Cassazione ha sottolineato che“dalla natura delle prestazioni tipiche del direttore dei lavori discende, altresì, che la sua presenza in cantiere dipende dalla necessità di sorvegliare l’andamento dell’opera e può essere sporadica od assidua, a seconda della complessità dei lavori da svolgere, anche variando nel corso dell’esecuzione, in relazione alle specifiche occorrenze, senza che l’eventuale continuità del suo intervento possa, di per sè, essere considerato indice di ingerenza” Cass. pen. 28 gennaio 2022, n.15157.

[13] La dottrina rileva che la difficoltà  è causata in particolare dal fatto che la colpa ha una componente omissiva data dal mancato rispetto di una regola cautelare.

[14] S. ZIRULIA, Il caso Eternit: profili generali in  tema di amianto e responsabilità penale, in L. FOFFANI, D. CASTRONOVO, Casi di diritto penale dell’economia II, Bologna, Il Mulino, 2015, pag. 77.

[15] Cass. pen. 12 aprile 2019 n. 22214, per cui “Sussiste la cooperazione nel delitto colposo quando il coinvolgimento integrato di più soggetti sia previsto dalla legge ovvero da esigenze organizzative connesse allagestione del rischio o, quantomeno, sia contingenza oggettivamente definita della quale gli stessi soggetti risultino pienamente consapevoli”.

[16] La colpa qui si atteggierebbe quindi come violazione, non solo delle regole cautelari direttamente volte a impedire l’evento, ma anche di regole cautelari c.d. relazionali, che “richied[ono] a ciascuno di rapportarsi, preoccupandosene, pure alla condotta degli altri soggetti coinvolti nel contesto”[Cass. pen. 2 decembre 2008 n. 1786].

[17] Cass. pen. 2 decembre 2008 n. 1786.

[18] Cass. pen. 20 dicembre 2021 n. 46408, relativa proprio a un caso di omicidio colposo aggravato dalla violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro.

[19] V. F. CONSULICH, Manuale di diritto penale del lavoro, Torino, Giappichelli, 2024, pag. 236, per il quale “deve ritenersi sussistente un concorso colposo se e solo se: a) si introduce o aumenta con la propria condotta un rischio in un contesto pluripersonale, ad esempio […] suggerendo l’omissione di una cautela […]; oppure, ma solo in presenza di una posizione di garanzia: b) si omette di sorvegliare l’attività altrui inosservante o non si provvede alla correzione dell’errore altrui”.

[20] Analogamente a quanto prevede l’art. 2639 c.c. con riferimento all’estensione delle qualifiche relative ai reati societari a chi di fatto ne eserciti i poteri tipici; così S. TORDINI CAGLI, I soggetti responsabili, in D. CASTRONOVO, F. CURI, S. TORDINI CAGLI, V. TORRE, V. VALENTINI, Sicurezza sul Lavoro Profili Penali, Torino, Giappichelli, 2021, seconda edizione, pag. 106.

Praticante avvocato

Enrico Savatteri

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