Prevenzione rischio esplosione: le responsabilità di appaltanti e appaltatori

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Con sentenza della Cassazione Penale, (Sez. 4, 28 novembre 2014), n. 49731/2014 è stato ricordato dalla Suprema Corte che la ditta appaltante è tenuta a fornire le informazioni necessarie in ordine ai rischi specifici e alle misure da adottare in relazione all’attività da svolgere. La ditta appaltante e quella appaltatrice devono cooperare all’attuazione delle misure di prevenzione e protezione per i rischi inerenti all’esecuzione dell’opera appaltata quali anche il rischio da esplosione.

Il Fatto
Tribunale di Mantova aveva condannato il titolare di una ditta appaltante, in relazione al reato di lesioni personali colpose commesso, in violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro ai danni di un lavoratore. In particolare il Titolare che rivestiva il ruolo di direttore in materia di sicurezza sul lavoro della società, aveva omesso di valutare il rischio di esplosione nella zona di deposito bombole da bonificare e non aveva effettuato una corretta formazione del lavoratore, né aveva provveduto ad impartire istruzioni scritte, con la conseguenza che il lavoratore, dipendente di una ditta appaltatrice, mentre si trovava in piedi sul bordo di un cestone al fine di effettuare un’operazione manuale di svuotamento della valvola di una bombola di acetilene vuota, era stato investito dalla fiammata provocata dall’esplosione del gas residuo contenuto all’interno della bombola, con la conseguente provocazione di lesioni da ustione che ne determinavano un’incapacità ad attendere le proprie occupazioni per una durata superiore a quaranta giorni.

Secondo la Corte

Per quanto riguarda l’effettiva omessa predisposizione, da parte dell’imputato, della necessaria documentazione inerente la valutazione dei rischi lavorativi specifici, nonché delle procedure prevenzionistiche indispensabili al fine di scongiurare la verificazione di eventi lesivi come quello avvenuto al lavoratore della ditta appaltatrice, la Cassazione conferma le ricostruzioni realizzate dalla corte territoriale e poste alla base della decisione di merito.
Nelle risultanze avrebbe trovato pieno riscontro la mancata previa realizzazione di un’approfondita e analitica valutazione dei rischi connessi alla fase produttiva corrispondente al segmento che ha interessato il prestatore di lavoro infortunato; ciò viene confermato anche nella trascurata formalizzazione (per iscritto) delle procedure funzionali all’ottimale gestione del rischio professionale specifico e, infine, nell’omessa puntuale diffusione, presso tutti i lavoratori interessati, della conoscenza di tali procedure formalizzate, unitamente alla connessa predisposizione di adeguate forme di controllo in ordine alla relativa osservanza.
La Corte ricorda che il principale profilo di colpa riscontrato, a carico dell’imputato, si identificava nella mancata predisposizione, all’interno dell’azienda, di un apposito documento informativo che prescrivesse in modo dettagliato la corretta procedura concernente il controllo e lo sfiato delle bombole (cfr. pag. 17 della sentenza impugnata); ossia, in particolare (in coerenza con le analitiche prescrizioni dettate dalla normativa Europea UNI EN 12863), una rigorosa procedura relativa, tanto alla depressurizzazione delle bombole (appositamente effettuata previo controllo della pressione), quanto alla rimozione della valvola, da eseguirsi non prima di aver constatato che la bombola fosse stata completamente depressurizzata, eventualmente anche mediante pesatura. E sempre la corte territoriale aveva correttamente ricostruito le mancate previsioni cautelari: con riferimento ai “gas disciolti”, la prescrizione dell’invio delle bombole con pressione residua di acetilene a un centro specializzato per lo scarico dell’acetilene in condizioni di sicurezza, non risulta preceduta dalla distinta indicazione delle ordinarie e standardizzate modalità mediante le quali verificare l’eventuale presenza di tale sostanza; così come, con riferimento ai “gas compressi e liquefatti”, detto documento si limita ad accennare a una generica verifica della manovrabilità della valvola e dell’eventuale presenza di gas residuo.
La corte bresciana ha poi correttamente evidenziato, secondo la Corte di Cassazione, come la fiammata ch’ebbe a provocare l’evento lesivo era stata propriamente determinata da un errato controllo del contenuto delle bombole, frutto di approssimative modalità di verifica non conformi alla disciplina Europea, che il lavoratore infortunato seguiva in difetto, tanto di alcuna specifica formazione professionale, quanto di apposita procedura standardizzata adeguatamente formalizzata; oltre che in difetto di alcuna apposita previsione di valutazione del rischio nel corrispondente documento redatto ai sensi del d.lgs. 233/2003

Del tutto correttamente, infine, la corte territoriale avrebbe ribadito la piena cogenza della posizione di garanzia dell’imputato: infatti, ricorda la Corte in base ad una consolidata giurisprudenza di legittimità, in tema di tutela dei lavoratori, la responsabilità del datore di lavoro non è esclusa dalla circostanza di aver appaltato l’esecuzione di un’opera ad altra ditta, “atteso che in caso di lavori affidati in appalto la ditta appaltante è comunque tenuta a fornire le informazioni necessarie in ordine ai rischi specifici e alle misure da essa stessa adottate in relazione all’attività da svolgere, ed entrambe le ditte (appaltante e appaltatrice) debbono cooperare all’attuazione delle misure di prevenzione e protezione per i rischi inerenti all’esecuzione dell’opera appaltata; così che in presenza di tale obbligo generale di collaborazione antinfortunistica è esclusa la possibilità che il solo affidamento a terzi della esecuzione dei lavori liberi l’appaltante dalla propria responsabilità prevenzionale (cfr. Cass., Sez. 3, Sentenza n. 15927 del 12/01/2006, Rv. 234311)”.


Riferimenti normativi:
Cassazione Penale, Sez. 4, 28 novembre 2014, n. 49731


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Redazione InSic

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