"Inoltre, tutte le attività idonee a sottrarre i rifiuti dalla relativa
disciplina ordinaria e dalle correlate ipotesi di reato in quanto integranti
un'eccezione alla regola devono essere dimostrate dalla parte che vi abbia
interesse.
Un tribunale ha condannato un signore perché, in assenza
di autorizzazione depositava sul suolo rifiuti speciali allo stato liquido
(liquami prodotti dal suo allevamento).
Fra i motivi di doglianza,
la difesa ha sostento che quei liquami erano destinati ad un'attività di
fertirrigazione, e che dunque erano stati depositati in vista di un loro
successivo riutilizzo: si trattava, in sostanza, di sostanze non nocive e,
pertanto, non classificabili alla stregua di rifiuti.
La Corte ha
innanzitutto precisato che che la pratica della "fertirrigazione", invocata dal
ricorrente, idonea a sottrarre il deposito delle deiezioni animali alla
disciplina sui rifiuti,
richiede:
- l'esistenza
effettiva di colture in atto sulle aree interessate dallo
spandimento;
-
l'adeguatezza di quantità e qualità degli effluenti e dei tempi e modalità di
distribuzione al tipo e fabbisogno delle
colture;
- l'assenza di
dati sintomatici di una utilizzazione incompatibile con la fertirrigazione (a
mero titolo di esempio, lo spandimento di liquami lasciati scorrere per caduta a
fine ciclo vegetativo).
Quindi, la Suprema Corte ha affermato che le
attività idonee a sottrarre i rifiuti dalla relativa disciplina ordinaria e
dalle correlate ipotesi di reato in quanto integranti un'eccezione alla regola
devono essere dimostrate dalla parte che vi abbia interesse."
(a
cura di A. Quaranta)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. IZZO Fausto - Presidente -
Dott. RAMACCI Luca - Consigliere -
Dott. SEMERARO Luca - Consigliere -
Dott. CORBO Antonio - Consigliere -
Dott. NOVIELLO Giuseppe - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
D.N., nato ad (OMISSIS);
avverso la sentenza del 28/05/2018 del tribunale di Teramo;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. Giuseppe Noviello;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale
Dr. Romano Giulio, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito il difensore, avv. Consorti Camillo che ha concluso chiedendo
l'accoglimento del ricorso.
Fatto
1. Con sentenza del 28/05/2018 il
tribunale di Teramo condannava D.N. alla pena di Euro 4000,00 di ammenda in
relazione al reato di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256, comma 2, perchè
in assenza di autorizzazione e comunque fuori dei casi e procedure previste,
depositava sul suolo rifiuti speciali allo stato liquido quali liquami prodotti
dall'allevamento di pertinenza.
2. Avverso la predetta sentenza D.N. ha proposto ricorso per cassazione a
mezzo del proprio difensore deducendo sei motivi di impugnazione che si
riportano ai sensi dell'art. 173 disp. att. c.p.p..
3. Con il primo motivo ha dedotto il vizio di cui all'art. 606 c.p.p., comma
1, lett. b) ed e), rilevando la sussistenza di elementi idonei ad escludere
l'utilizzazione di letame incompatibile con l'attività di fertirrigazione, quale
in particolare la testimonianza di D.B., oltre alla mancata dimostrazione di
danni derivanti dallo spandimento di deiezioni animali sul terreno. Tanto anche
alla luce dell'indirizzo di legittimità per cui emerge la rilevanza penale dello
spandimento su suolo di liquami zootecnici solo quando non integrino una parte
marginale del rifiuti riversati, mentre nel caso concreto sarebbero stati
rinvenuti solo fertilizzanti. In tal modo il tribunale avrebbe erroneamente
inquadrato i fatti nell'ambito della fattispecie di cui al D.Lgs. n. 152 del
2006, art. 256 essendosi limitato il ricorrente a depositare sostanze non nocive
e quindi non classificabili come rifiuti.
4. Con il secondo motivo ha dedotto il vizio di cui all'art. 606 c.p.p.,
comma 1, lett. b) ed e) per inosservanza o erronea applicazione della legge
penale nonchè omessa valutazione di prove favorevoli e mancanza di motivazione
oltre che per erronea individuazione dell'autore del reato, deducendo che in
motivazione non si sarebbe considerato come l'imputato dal 1995 svolgerebbe
attività lavorativa diversa e in luoghi lontani da dove si svolse il fatto, con
conseguente impossibilità di identificarlo nell'autore del reato, indicato, al
contrario, dal teste D.B., nel padre.
5. Con il terzo motivo ha dedotto il vizio di cui all'art. 606 c.p.p., comma
1, lett. b) per inosservanza o erronea applicazione della legge penale in
relazione al difetto della violazione dell'interesse protetto dalla norma
penale: premettendo che il letame era stato accumulato in vista, forse, dello
spandimento su terreni limitrofi per concimarli, il ricorrente osserva che tale
condotta era piuttosto da considerarsi utile alla coltivazione del terreno e
quindi non in grado di pregiudicare il bene giuridico protetto.
6. Con il quarto motivo ha dedotto il vizio di cui all'art. 606 c.p.p., comma
1, lett. b) ed e) per inosservanza o erronea applicazione della legge penale e
mancanza di motivazione: a fronte di minime proporzioni dello smaltimento, il
pericolo di inquinamento del terreno dovrebbe considerarsi esiguo senza quindi
pregiudizio per l'ambiente. Da qui la sussistenza della particolare tenuità del
fatto ai sensi dell'art. 131 bis c.p..
7. Con il quinto motivo ha dedotto il vizio di cui all'art. 606 c.p.p., comma
1, lett. b) ed e) per inosservanza o erronea applicazione della legge penale e
mancanza di motivazione: il giudice non avrebbe concesso le attenuanti generiche
nè avrebbe motivato sul punto nè avrebbe motivato in ordine ai criteri sussunti
a base della applicazione dell'ammenda.
8. Con il sesto motivo ha dedotto il vizio di cui all'art. 606 c.p.p., comma
1, lett. b) per inosservanza o erronea applicazione della legge penale in ordine
alla mancata concessione della sospensione condizionale della pena e del
beneficio della non menzione, pur sussistendone i presupposti, concludendo per
la concessione dei benefici eventualmente anche mediante correzione di errore
materiale ai sensi dell'art. 547 c.p.p..
9. E' seguita altresì la presentazione di motivi aggiunti a sostegno delle
deduzioni sopra esposte nonchè rivolti a dedurre l'intervenuta estinzione per
prescrizione del reato.
Diritto
1. Devono valutarsi unitariamente i
primi tre motivi di impugnazione siccome omogenei, in quanto vertono
sull'identico tema della configurabilità del reato.
2. Con la sentenza impugnata il tribunale ha evidenziato come sia emerso, a
seguito di un accertamento del Corpo Forestale, che presso l'azienda agricola
concessa in locazione all'imputato per l'allevamento di bestiame fossero
presenti tre metri cubi di letame (intesi come effluenti zootecnici di
allevamento costituiti da escrementi di animali) posizionati direttamente sul
terreno nudo, senza alcuna impermeabilizzazione onde evitare la dispersione
degli effluenti liquidi nell'ambiente circostante. Si trattava, secondo il
tribunale, di materiali fecali provenienti da attività agricola ma non
riutilizzati nella medesima attività bensì lasciati stazionare sul terreno senza
altra utilizzazione. Il giudice di merito ha altresì osservato come a fronte di
tale situazione, ben lontana peraltro anche dallo svolgimento di un'attività di
utilizzazione agronomica o di fertirrigazione, la prova dell'esistenza delle
circostanze e presupposti idonei a sottrare le deiezioni animali al regime
penale sui rifiuti incombe sulla parte interessata, trattandosi di casi
integranti eccezioni al regime ordinario disciplinante la gestione del rifiuti e
la relativa rilevanza penale. In ragione di tale ultimo principio ha
sottolineato come non sia stata fornita prova chiara su cosa sia stato oggetto
della asserita (da parte della difesa) utilizzazione agronomica, così escludendo
l'irrilevanza penale dei fatti.
2.1. Va precisato che la pratica della "fertirrigazione" invocata dal
ricorrente, idonea a sottrarre il deposito delle deiezioni animali alla
disciplina sui rifiuti, richiede, in primo luogo, l'esistenza effettiva di
colture in atto sulle aree interessate dallo spandimento, nonchè l'adeguatezza
di quantità e qualità degli effluenti e dei tempi e modalità di distribuzione al
tipo e fabbisogno delle colture e, in secondo luogo, l'assenza di dati
sintomatici di una utilizzazione incompatibile con la fertirrigazione, quali, ad
esempio, lo spandimento di liquami lasciati scorrere per caduta a fine ciclo
vegetativo (cfr. Sez. 3, n. 40782 del 06/05/2015 Rv. 264991 - 01 Valigi); va
altresì ribadito che le attività idonee a sottrarre i rifiuti dalla relativa
disciplina ordinaria e dalle correlate ipotesi di reato in quanto integranti
un'eccezione alla regola devono essere dimostrate dalla parte che vi abbia
interesse (cfr. Sez. 3, n. 16078 del 10/03/2015 Rv. 263336 01 Fortunato). Tanto
premesso, occorre rilevare come a fronte della ricostruzione operata dal giudice
di merito circa l'intervenuto deposito su suolo, da parte dell'imputato, di
deiezioni animali, senza che sia stato dimostrato (quale onere per l'imputato)
il riutilizzo diretto o comunque l'utilizzo agronomico ovvero la destinazione a
fertirrigazione, le deduzioni difensive fondate sul richiamo di talune
deposizioni, sull'analisi critica di quelle rese da testi di pg oltre che su
taluni documenti, come ad esempio le buste paga del ricorrente, da una parte si
traducono nella prospettazione di una diversa valutazione del merito, come tale
inammissibile in questa sede; dall'altra, in assenza dell'allegazione puntuale
degli atti processuali invocati, vengono proposte in violazione del principio di
autosufficienza del ricorso, secondo cui il nuovo testo dell'art. 606 c.p.p.,
comma 1, lett. e), introdotto dalla L. 20 febbraio 2006, n. 46, nel fare
riferimento ad "altri atti del processo" che devono essere "specificamente
indicati" dal ricorrente, ha dettato una previsione aggiuntiva ed ulteriore
rispetto a quella contenuta nell'art. 581 c.p.p., lett. c), secondo cui i motivi
d'impugnazione devono contenere l'indicazione specifica delle ragioni di diritto
e degli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta, con l'effetto di porre
a carico del ricorrente un peculiare onere d'inequivoca individuazione e di
specifica rappresentazione degli atti processuali che intende far valere, nelle
forme di volta in volta più adeguate, compresa l'allegazione degli stessi atti
(Sez. 6, n. 20059 del 16/01/2008 Rv. 240056 - 01 Magri).
Si è altresì specificato, al riguardo, che la condizione della specifica
indicazione degli "altri atti del processo", con riferimento ai quali, l'art.
606 c.p.p., comma 1, lett. e), configura il vizio di motivazione denunciabile in
sede di legittimità, può essere soddisfatta nei modi più diversi (quali, ad
esempio, l'integrale riproduzione dell'atto nel testo del ricorso, l'allegazione
in copia, l'individuazione precisa dell'atto nel fascicolo processuale di
merito), purchè detti modi siano comunque tali da non costringere la Corte di
cassazione ad una lettura totale degli atti, dandosi luogo altrimenti ad una
causa di inammissibilità del ricorso, in base al combinato disposto dell'art.
581 c.p.p., comma 1, lett. c) e art. 591 c.p.p. (cfr. Sez. 3, n. 43322 del
02/07/2014 Rv. 260994 - 01 Sisti).
2.2. Consegue l'inammissibilità dei primi tre motivi di impugnazione tutti
riferiti ad una diversa ricostruzione della vicenda attraverso una nuova e
unilaterale valutazione di atti processuali, peraltro non allegati. Va aggiunto,
con specifico riferimento al terzo motivo, che l'individuazione della
fattispecie di reato in contestazione, a fronte peraltro della mancata
dimostrazione del regime "eccezionale" della fertirrigazione invocato, implica
di per sè anche il pregiudizio al bene giuridico tutelato dalla norma, negato
invece dal ricorrente.
3. Riguardo al quarto motivo di impugnazione, è anche esso manifestamente
infondato: il ricorrente non deduce di avere avanzato richiesta di applicazione
della fattispecie di cui all'art. 131 bis c.p. nè ciò emerge dalla lettura delle
richieste delle parti riportate nella sentenza impugnata. In assenza di
specifica domanda è quindi insussistente il vizio di violazione di legge e
carenza di motivazione in relazione all'art. 131 bis c.p. prospettato. In
proposito è stato precisato che in tema di esclusione della punibilità per la
particolare tenuità del fatto, la questione dell'applicabilità dell'art. 131-bis
c.p. non può essere dedotta per la prima volta in cassazione, ostandovi il
disposto di cui all'art. 606 c.p.p., comma 3, se il predetto articolo era già in
vigore - come nel caso di specie - alla data della deliberazione della sentenza
d'appello. Tanto sul rilievo che la questione postula, di regola, un
apprezzamento di merito precluso in sede di legittimità, ma che poteva essere
proposto al giudice procedente al momento dell'entrata in vigore della nuova
disposizione (cfr. Sez. 7, Ordinanza n. 43838 del 27/05/2016 Rv. 268281 - 01
Savini; nel medesimo senso con riguardo alla medesima questione non dedotta in
grado di appello Sez. 6, n. 20270 del 27/04/2016, Gravina, Rv. 266678).
4. Egualmente inammissibile è il quinto motivo di impugnazione. In ordine
alla concessione delle circostanze attenuanti generiche - per le quali ancora
una volta il ricorrente non deduce di avere avanzato in appello richiesta di
applicazione nè ciò emerge dalla lettura delle richieste delle parti riportate
nella intestazione della sentenza impugnata - rileva il principio, condiviso dal
Collegio, per cui in tema di attenuanti generiche, posto che la ragion d'essere
della relativa previsione normativa è quella di consentire al giudice un
adeguamento, in senso più favorevole all'imputato, della sanzione prevista dalla
legge, in considerazione di peculiari e non codificabili connotazioni tanto del
fatto quanto del soggetto che di esso si è reso responsabile, deriva che la
meritevolezza di detto adeguamento non può mai essere data per scontata o per
presunta, sì da dar luogo all'obbligo, per il giudice, ove questi ritenga invece
di escluderla, di giustificarne sotto ogni possibile profilo, l'affermata
insussistenza.
Al contrario, è la suindicata meritevolezza che necessita essa stessa, quando
se ne affermi l'esistenza, di apposita motivazione dalla quale emergano, in
positivo, gli elementi che sono stati ritenuti atti a giustificare la
mitigazione del trattamento sanzionatorio; trattamento la cui esclusione
risulta, per converso, adeguatamente motivato alla sola condizione che il
giudice, a fronte di specifica richiesta dell'imputato - mancante nel caso di
specie - volta all'ottenimento delle attenuanti in questione, indichi delle
plausibili ragioni a sostegno del rigetto di detta richiesta, senza che ciò
comporti tuttavia la stretta necessità della contestazione o della invalidazione
degli elementi sui quali la richiesta stessa si fonda (cfr. Sez. 2, n. 3896 del
20/01/2016 Ud. (dep. 29/01/2016) Rv. 265826 - 01 De Cotiis).
Nell'ambito del predetto quadro giuridico dunque, l'assenza di domanda di
concessione delle attenuanti in parola esclude ogni vizio dell'atto e conduce
alla valutazione di inammissibilità del motivo.
5. L'inammissibilità del sesto motivo di impugnazione discende anche essa
dalla assenza di istanza. qualificata mediante la specifica indicazione delle
circostanze ritenute idonee a supportarne l'accoglimento, rivolta ad ottenere
dal giudice di merito la concessione dei benefici invocati.
6. Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto
che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per
il ricorrente, ai sensi dell'art. 616 c.p.p., di sostenere le spese del
procedimento. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in
data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che
il ricorso sia stato presentato senza "versare in colpa nella determinazione
della causa di inammissibilità", si dispone che il ricorrente versi la somma,
determinata in via equitativa, di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
Così deciso in Roma, il 29 marzo 2019.
Depositato in Cancelleria il 27 maggio 2019