Il coordinatore per l'esecuzione dei lavori che non adegua il
piano di sicurezza e coordinamento in relazione all'evoluzione dei lavori ed
alle eventuali modifiche intervenute, valutando le proposte delle imprese
esecutrici dirette a migliorare la sicurezza in cantiere, commette un illecito
penale.
L'imputato, nella sua qualità di coordinatore dei lavori
all'interno del cantiere installato in un palazzo in costruzione, veniva
condannato alla pena di giustizia per non avere aggiornato il piano di sicurezza
e coordinamento dei lavori in relazione al fattore di rischio derivante da una
scala di accesso all'edificio oggetto dell'intervento priva di corrimano, in
violazione di quanto specificamente previsto dal D.Lgs. n. 81 del 2008, art.
113, co. 1., al fine di prevenire tale fattore di rischio.
La sentenza di
condanna è stata confermata dalla Corte di Cassazione. È risultato, infatti, che
il coordinatore dei lavori avesse violato l'obbligo di aggiornare il piano di
coordinamento, condotta che integra un reato di pericolo astratto, che si
perfeziona e si protrae sino al momento di ottemperanza dell'obbligo di legge,
senza che ai fini della sua configurazione sia necessario che dalla violazione
delle prescrizioni derivi un danno alla salute o alla incolumità del lavoratore
(cfr. Cass. pen. n. 6885/2016).
Commento a cura di S. Casarrubia
"La Corte di Cassazione viene chiamata a decidere in merito ad
un ricorso del CSE avverso la sanzione comminata per l'assenza di un corrimano
all'interno di un cantiere installato dentro un palazzo in costruzione.. Per la
Suprema Corte " .... La contravvenzione di cui all'art. 92 del citato decreto
legislativo 81/2008, che pone a carico del coordinatore "la verifica, con
opportune azioni di coordinamento e controllo, dell'applicazione, da parte delle
imprese esecutrici e dei lavoratori autonomi, delle disposizioni loro pertinenti
contenute nel piano di sicurezza e di coordinamento, nonché dell'idoneità del
piano operativo di sicurezza, da considerare come piano complementare di
dettaglio del piano di sicurezza e coordinamento di cui all'articolo 100, in
relazione all'evoluzione dei lavori ed alle eventuali modifiche intervenute,
valutando le proposte delle imprese esecutrici dirette a migliorare la sicurezza
in cantiere" integra, in ragione del bene giuridico tutelato (la sicurezza sul
lavoro), un reato di pericolo astratto, per cui la condotta illecita si
perfeziona e si protrae sino al momento di ottemperanza dell'obbligo di legge,
senza che ai fini della sua configurazione sia necessario che dalla violazione
delle prescrizioni derivi un danno alla salute o alla incolumità del lavoratore
...."."
(a cura di M. Prosseda)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE
SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAVALLO Aldo -
Presidente -
Dott. GALTERIO Donatella - rel. Consigliere -
Dott. ROSI
Elisabetta - Consigliere -
Dott. CORBETTA Stefano - Consigliere -
Dott.
ANDRONIO Alessandro M. - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
D.G., nato a (OMISSIS);
avverso la
sentenza in data 29.1.2018 del Tribunale di Firenze;
visti gli atti, il
provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal
Consigliere Dr. Donatella Galterio;
udito il Pubblico Ministero, in persona
del Sostituto Procuratore Generale Dott. Cardia Delia, che ha concluso per il
rigetto del ricorso;
udito il difensore, avv. Pier Luigi Tiberio, in
sostituzione dell'avv. Alessio Romoli, che si è riportato ai motivi del
ricorso.
Svolgimento del processo
1. Con sentenza in
data 29.1.2018 il Tribunale di Firenze ha condannato D.G. alla pena di Euro
3.000 di ammenda ritenendolo responsabile della contravvenzione di cui al D.Lgs.
n. 81 del 2008, art. 92 per non avere, in qualità di Coordinatore dei lavori
all'interno del cantiere installato in un palazzo in costruzione, aggiornato il
piano di sicurezza e coordinamento dei lavori in relazione al fattore di rischio
derivante da una scala di accesso all'edificio oggetto dell'intervento priva di
corrimano, ed assolvendolo al contempo dal reato di lesioni ex art. 590 c.p.
procuratesi da un dipendente della ditta facente capo a F.R. cui era stata
appaltata la parte idraulica, scivolato dalla scala.
Avverso il suddetto
provvedimento l'imputato ha proposto, per il tramite del proprio difensore,
ricorso per cassazione, articolando due motivi di seguito riprodotti nei limiti
di cui all'art. 173 disp. att. c.p.p..
2.1. Con il primo motivo deduce, in
relazione al vizio motivazionale, l'illogicità della ritenuta responsabilità
dell'imputato per la violazione della contravvenzione contestatagli a fronte
dell'inutilizzabilità delle dichiarazioni rese in fase di indagini dalla p.o.,
ovverosia dal lavoratore caduto dalla scala, non presentatosi a deporre nel
dibattimento, non avendo il giudice potuto accertare la sussistenza di quella
specifica lavorazione cui era connesso l'obbligo di aggiornamento del piano
sicurezza da parte dell'imputato: tale inutilizzabilità, secondo la difesa, ha
investito la dichiarazione nel suo contenuto integrale e non già,come afferma il
Tribunale, limitatamente alla stretta dinamica dell'incidente occorsogli, tanto
più che nessun altro risulta aver assistito all'infortunio.
2.2. Con il
secondo motivo contesta, in relazione al vizio di violazione di legge riferito
al D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 88, lett. a) e al vizio motivazionale, che
potesse essere ricompresa tra le incombenze del coordinatore di un cantiere
temporaneo e mobile, l'attività di installazione degli impianti
igienico-sanitari estranea al cantiere stesso, essendo risultato che i lavori
erano terminati, senza che l'affermazione resa dal Tribunale secondo cui
l'infortunio si sarebbe verificato quando i lavori erano ancora in corso risulti
supportata da alcuna motivazione, non essendo specificato se sul posto vi
fossero gli operai delle altre ditte intenti a lavorare, nè se la specifica
lavorazione fosse inclusa tra i lavori propri di un cantiere.
Motivi della decisione
1.Il primo motivo deve
essere ritenuto inammissibile per la manifesta infondatezza delle doglianze
svolte. L'inutilizzabilità in sede dibattimentale delle dichiarazioni rese nella
fase delle indagini dal dipendente procuratosi le lesioni personali, ancorchè
non consenta di appurare le modalità e le cause della caduta, non elimina ciò
nondimeno il fatto che la scala dove l'infortunio sarebbe avvenuto fosse priva
di corrimano, in violazione di quanto specificamente previsto dal D.Lgs. n. 81
del 2008, art. 113, comma 1, e che perciò dovesse essere aggiornato da parte
dell'imputato, in quanto coordinatore per l'esecuzione dei lavori in corso in
cantiere dove operavano più imprese, il piano di sicurezza e coordinamento al
fine di prevenire tale fattore di rischio. La contravvenzione di cui al citato
D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 92, che pone a carico del coordinatore "la verifica,
con opportune azioni di coordinamento e controllo, dell'applicazione, da parte
delle imprese esecutrici e dei lavoratori autonomi, delle disposizioni loro
pertinenti contenute nel piano di sicurezza e di coordinamento, nonchè
dell'idoneità del piano operativo di sicurezza, da considerare come piano
complementare di dettaglio del piano di sicurezza e coordinamento di cui
all'art. 100, in relazione all'evoluzione dei lavori ed alle eventuali modifiche
intervenute, valutando le proposte delle imprese esecutrici dirette a migliorare
la sicurezza in cantiere" integra, in ragione del bene giuridico tutelato (la
sicurezza sul lavoro), un reato di pericolo astratto, per cui la condotta
illecita si perfeziona e si protrae sino al momento di ottemperanza dell'obbligo
di legge, senza che ai fini della sua configurazione sia necessario che dalla
violazione delle prescrizioni derivi un danno alla salute o alla incolumità del
lavoratore (Sez. 3, n. 6885 del 23/11/2016 - dep. 14/02/2017, Gucciardi, Rv.
269253).
2. Il secondo motivo è inammissibile per la genericità delle censure
svolte stante la mancanza di correlazione con le ragioni poste a fondamento del
provvedimento impugnato. L'assunto, meramente fattuale, su cui si basano le
doglianze difensive, costituito dal fatto che i lavori fossero terminati,
risulta infatti contraddetto dalla specifica affermazione resa dal giudice di
merito secondo cui, in aderenza alle risultanze processuali e segnatamente della
deposizione del teste N., i lavori del cantiere non fossero ancora esauriti: non
avendo il ricorrente neppure ventilato il travisamento della prova, nè avendo
fornito l'evidenza di una contrastante realtà fattuale, essendosi semplicemente
limitato a contestare la mancanza di indicazioni sulla presenza in cantiere di
altri operai delle varie ditte intenti a lavorare e a riprodurre uno stralcio
della deposizione del verbalizzante N., dal quale peraltro nulla si evince al
riguardo, non consente di ritenere la doglianza svolta sussumibile in alcuno dei
motivi elencati dall'art. 606 c.p.p. per i quali è consentito il ricorso in sede
di legittimità.
Segue all'esito del ricorso la condanna del ricorrente a
norma dell'art. 616 c.p.p. al pagamento delle spese processuali e, non
sussistendo elementi per ritenere che abbia proposto la presente impugnativa
senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al
versamento della somma equitativamente liquidata alla Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro 2.000 in
favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 17 luglio
2018.
Depositato in Cancelleria il 26 novembre 2018