"La Corte di Cassazione esamina le responsabilità dell'amministratore
della società conferente in una fattispecie di cessione di ramo d'azienda,
relative alla mancata installazione di porte di emergenza ed all'assenza del
CPI.
Per la Suprema Corte "...Manifestamente infondate risultano le
contestazioni svolte dal ricorrente in ordine alla responsabilità per la
contravvenzione ascrittagli. Il contratto di cessione di ramo di azienda,
configurando una successione a titolo particolare nei rapporti preesistenti del
ramo ceduto, ossia in quelli per loro natura oggettivamente determinabili in
ragione della riconoscibile destinazione funzionale all'esercizio del settore di
attività imprenditoriale ad essi strettamente collegato, esclude la
configurabilità dell'eccepito subentro, non vertendosi in ipotesi di
trasferimento dell'azienda nel suo complesso, nè di una successione a titolo
universale, del cessionario nella titolarità della parte di azienda rimasta in
capo al cedente ..."."
(a cura di M. Prosseda)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SAVANI Piero - Presidente -
Dott. GALTERIO Donatella -
Rel. Consigliere -
Dott. SOCCI Angelo M. - Consigliere -
Dott. CERRONI
Claudio - Consigliere -
Dott. DI STASI Antonella - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da B.V.L., nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza in data 23.1.2017 del Tribunale di Taranto;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott.ssa Galterio Donatella;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale
Dott. Pratola Gianluigi che ha concluso chiedendo la declaratoria di
inammissibilità del ricorso
Fatto
1.Con sentenza in data 23.1.2017 il
Tribunale di Taranto ha condannato B.V.L. alla pena di Euro 2.000,00 di ammenda
in quanto ritenuto responsabile del reato di cui al D.Lgs. n. 81 del 2008, art.
68, comma 1, lett. b), per non avere, in qualità di legale rappresentate della
s.p.a. Fima, installato accanto ai portoni destinati alla circolazione dei
veicoli, porte di emergenza per il transito dei pedoni appositamente segnalate e
lasciate sgombre da impedimenti e per non avere richiesto il certificato di
prevenzione antincendio, così come accertato dal Comando dei Vigili del Fuoco il
(OMISSIS).
Avverso il suddetto provvedimento l'imputato ha proposto, per il tramite del
proprio difensore, ricorso per cassazione articolando un unico motivo con il
quale deduce in relazione al vizio motivazionale, che come ampiamente comprovato
dalla documentazione prodotta in giudizio, la sua qualifica di amministratore
della Fima spa, che comunque aveva fruito di certificazione antincendio valida
fino al 10.7.2012, era definitivamente cessata il 31.1.2012, data in cui aveva
depositato il contratto di cessione di ramo di azienda presso il Registro delle
Imprese di (OMISSIS) in favore di C.P., sul quale incombeva l'obbligo, in forza
delle pattuizioni contrattuali, di mantenere in condizioni di efficienza
l'organizzazione commerciale, amministrativa e produttiva del ramo di azienda
cedutogli. Conseguentemente, al momento dell'ispezione compiuta dai Vigili del
Fuoco, egli non poteva più reputarsi tenuto all'adempimento degli obblighi in
materia antinfortunistica per la sicurezza dei luoghi di lavoro gravanti su
colui che gestisce l'organizzazione imprenditoriale. In relazione alla medesima
imputazione eccepisce inoltre che, al momento della contestata contravvenzione,
era ancora pendente presso il Comune la procedura amministrativa per la
certificazione della regolarità della struttura edilizia rispetto al permesso di
costruire, certificazione questa prodromica al rilascio della certificazione
antincendio. Contesta infine la motivazione resa, peraltro con formula sibillina
in quanto apparentemente correlata alla non gravità delle violazioni
riscontrate, in ordine al diniego delle circostanze attenuanti generiche.
Diritto
1. Manifestamente infondate risultano le
contestazioni svolte dal ricorrente in ordine alla responsabilità per la
contravvenzione ascrittagli. Il contratto di cessione di ramo di azienda,
configurando una successione a titolo particolare nei rapporti preesistenti del
ramo ceduto, ossia in quelli per loro natura oggettivamente determinabili in
ragione della riconoscibile destinazione funzionale all'esercizio del settore di
attività imprenditoriale ad essi strettamente collegato, esclude la
configurabilità dell'eccepito subentro, non vertendosi in ipotesi di
trasferimento dell'azienda nel suo complesso, nè di una successione a titolo
universale, del cessionario nella titolarità della parte di azienda rimasta in
capo al cedente. Non avendo il ricorrente dimostrato che il certificato di
prevenzione antincendio, così come la mancata predisposizione di uscite per il
transito pedonale di emergenza in corrispondenza dei portoni destinati alla
circolazione dei veicoli, fossero relativi alla struttura edilizia facente parte
del ramo dell'azienda ceduta, la sentenza impugnata deve ritenersi relativamente
a tale profilo immune da censure: avendo il Tribunale infatti accertato che la
FIMA spa, ovverosia la società facente capo all'imputato quale amministratore,
opera in tre strutture distinte, le doglianze svolte in ordine alla
legittimazione passiva del ricorrente non sono idonee, omettendo il necessario
confronto argomentativo con la motivazione resa dal giudice di merito, a
superare l'ascrivibilità al medesimo delle violazioni contestategli. Dal momento
invero che destinatario della normativa antinfortunistica, nell'ambito di
un'impresa organizzata in forma societaria, è infatti, qualora non siano
individuabili soggetti diversi obbligati a garantire la sicurezza dei
lavoratori, sempre il legale rappresentante (Sez. 3, n. 24478 del 23/05/2007 -
dep. 21/06/2007, Lalia, Rv. 236955), le vicende relative alla pretesa cessione
di un ramo di azienda non sono idonee ad incidere sulla titolarità in capo al
soggetto che riveste la qualifica di amministratore della società conferente
che, restando in vita, continua a configurare un autonomo soggetto
giuridico.
Nè maggior pregio riveste la pendenza di un procedimento amministrativo in
ordine ad una non meglio precisata richiesta di autorizzazione in sanatoria che,
afferendo ad un ampliamento strutturale del complesso immobiliare preesistente,
non può comunque influire sulla mancata richiesta del certificato antincendio,
non avendo la eventuale regolarizzazione edilizia del manufatto rispetto ad essa
alcuna efficacia sanante.
2. Fondata deve ritenersi invece la censura relativa al diniego delle
circostanze attenuanti generiche: il riferimento contenuto nella sentenza
impugnata a due elementi di segno contrastante fra loro, venendo contestualmente
evidenziata la "non gravità delle violazioni riscontrate" ed i precedenti penali
dell'imputato, non consentono di comprendere il ragionamento seguito dal
Tribunale, evidenziandone per contro un'evidente illogicità di natura
argomentativa, ovverosia ricadente sulla congruenza delle argomentazioni
rispetto al fine giustificativo della stessa decisione.
La sentenza impugnata deve essere pertanto annullata con rinvio innanzi al
Tribunale di Taranto affinchè proceda a nuovo giudizio sul punto.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente all'applicabilità delle
circostanze attenuanti generiche con rinvio per nuovo esame sul punto al
Tribunale di Taranto. Dichiara inammissibile il ricorso nel resto.
Così deciso in Roma, il 21 novembre 2017.
Depositato in Cancelleria il 29 dicembre 2017