Impianti telefonia: il Comune può vietarli a tutela dell’ambiente e sicurezza

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Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 4188 del 8 settembre 2015, ha respinto il ricorso di una società che doveva occuparsi dell’installazione di un impianto di telefonia in un comune della provincia di Venezia, in quanto l’area individuata per l’impianto era considerata dal Comune “sito sensibile”, perché soggetta a un vincolo di destinazione per aree di parcheggio e/o verde attrezzato.
Secondo l’adunanza, il Comune può legittimamente introdurre regole a tutela dell’ambiente e della salute, purché non vengano introdotti divieti generalizzati di installazione.

Il fatto
Una società operante nel settore della telefonia decideva di installare un nuovo impianto nella provincia di Venezia per adeguare la rete alle nuove tecnologie.
Pertanto, presentava istanza di autorizzazione al comune, ai sensi dell’art. 87 del D.Lgs. n. 259 del 2003, al fine di ottenere il rilascio del titolo unico.
Trascorsi i 90 giorni utili per il provvedimento di diniego da parte dell’amministrazione, si perfezionava il titolo abilitativo per silentium, così la società iniziava i lavori di realizzazione dell’impianto.
Tuttavia, il Comune con una nota comunicava l’avvio del procedimento diretto all’annullamento in autotutela del silenzio-assenso perché il sito oggetto di intervento ricadeva in una zona destinata a parcheggio e/o verde attrezzato, pertanto in contrasto con l’art. 50 del Regolamento edilizio del comune.
La società sosteneva che quell’area non avesse quella destinazione nel PRG ed anche che non essendoci alcun parco, il vincolo fosse decaduto.
Il Comune di Venezia ribadiva che il sito rientrava in una zona ZTO e che bisognava considerarlo come sensibile, pertanto procedeva con l’annullamento del silenzio-assenso che era scaturito in precedenza.
Per tali ragioni, la società ha presentato ricorso al Tar impugnando il Regolamento Edilizio Comunale di Venezia e la Circolare Regionale Veneto, chiedendo l’annullamento previa sospensione.
Il Tar ha respinto il ricorso, così la società è ricorsa in appello al Consiglio di Stato.

La decisione del Consiglio di Stato
Il Consiglio di Stato ha ritenuto infondato il ricorso della società, pertanto ha deciso di respingerlo.
Sul motivo del ricorrente dove afferma che la destinazione di area a parcheggio e/o a verde non fosse stata attuata fino a quel momento e che quindi fosse possibile realizzare un altro intervento di pubblica utilità, quale l’impianto di telefonia, la corte ha osservato che il Tar aveva già messo in luce in sentenza che l’individuazione dei siti sensibili prescinde dall’effettiva attuazione della destinazione.
Difatti, ai sensi dell’art. 2 della L. 19 novembre 1968, n. 1187, sono soggetti a decadenza soltanto i vincoli preordinati all’espropriazione o che comportino l’inedificabilità, tali sono quei vincoli che incidono sul godimento del bene in modo da renderlo inutilizzabile rispetto alla sua destinazione naturale, e tra questi non rientra il vincolo di destinazione di “area a verde pubblico – verde urbano” che ha invece validità a tempo indeterminato (Cons. St., sez. V, 13.4.2012, n. 2116).
Si tratta di un vincolo conformativo, che non necessariamente deve essere attuato e che rientra nel generale e permanente potere pianificatorio dell’ente comunale.
Così il collegio ha respinto il primo motivo di ricorso.
Il ricorrente ha contestato, con il secondo motivo, l’art. 50 del Regolamento Edilizio quando esclude la possibilità di installare impianti di telefonia in corrispondenza dei parchi e delle aree per il gioco e per lo sport, perchè considerati “siti sensibili”.
Ebbene, anche in questo caso la Corte ha respinto il motivo di ricorso, ritenendo corretto quanto affermato dal primo giudice quando ha considerato che incidere sul potere pianificatorio del Comune sarebbe assurdo e illegittimo.
Con il terzo motivo, il ricorrente afferma che i comuni possono individuare aree in prossimità delle quali ridurre l’installazione di antenne trasmissive, ma non possono disporre limiti generalizzati alla localizzazione, come sarebbe accaduto nel caso in esame quando è stato posto il divieto di realizzare l’impianto all’interno delle aree a verde pubblico e/o addirittura sportive attrezzate.
Secondo questa adunanza, è stato già chiarito in passato che la potestà assegnata ai Comuni dall’art. 8, comma 6, della legge quadro n. 36/2001, è finalizzata all’introduzione di regole, sotto il profilo urbanistico, a tutela di zone e beni di pregio ambientale, paesaggistico o storico-artistico. Così come, nell’obiettivo di minimizzazione dell’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici, il Comune può individuare siti sensibili alle immissioni radioelettriche, senza che tale limite riguardi intere ed estese porzioni del territorio comunale, in assenza di una plausibile ragione giustificativa (v., ex plurimis, Cons. St., sez. III, 28.11.2013, n. 5693).
Per questa ragione, la previsione del Regolamento Edilizio Comunale di Venezia e della Circolare Regionale Veneto, non risulta irragionevole o illegittima quando annovera tra i siti sensibili le aree ricomprese a verde attrezzato, proprio in virtù dell’esposizione prolungata e ravvicinata a onde nocive per la salute dei più giovani.
Secondo i giudici, sono del tutto legittimi sia i criteri di localizzazione del Comune che disciplinano il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti, sia i criteri volti a minimizzare l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici. L’importante è che il Comune non introduca divieti generalizzati di installazione. (Cons. St., sez. III, 12.11.2014, n. 5582).
Alla luce di quanto esposto, il Consiglio di Stato ha respinto il ricorso della società di telefonia confermando la sentenza del Tar di Venezia.

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Redazione InSic

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